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Anni Ottanta

Quando si leggeva Videogiochi

Paolo Morati 28/02/2020

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Quando il core business delle edicole era ancora principalmente rappresentato da quotidiani e periodici, anche perché la gente li leggeva, avevamo diversi appuntamenti fissi, di quelli che non potevamo mancare. Stiamo parlando dei primi anni Ottanta e tra le nostre riviste preferite c’era Videogiochi (o Video Giochi, scritto rigorosamente con i pixel in evidenza), fondata da Riccardo Albini che sarebbe poi diventato l’inventore del Fantacalcio, e pubblicata dall’allora Gruppo Editoriale Jackson,

È ad essa che sono legati i nostri primi ricordi di lettori al di fuori dei fumetti, mentre allenavamo polsi e dita sui joystick dell’Atari VCS nel pieno – almeno in Italia – della battaglia con l’Intellivision, e leggevamo le recensioni delle novità nella sezione ‘A che gioco giochiamo?’. Videogiochi era strutturata appunto in più rubriche, con notizie di attualità almeno per l’epoca, lettere di lettori spesso preadolescenti complete di disegni che suggerivano possibili nuovi videogiochi, e i record testimoniati fotografando il televisore (su pellicola!).

La forza di Videogiochi, che con il primo numero uscito in concomitanza con il Natale 1982 è stata la prima rivista italiana di genere quando negli Stati Uniti esistevano già tanti magazine dedicati, era nell’ottima redazione (lo Studio Vit, entrato nella storia anche con la versione italiana di Zzap!) capace di elaborare, con un occhio fisso su quanto accadeva oltreoceano, quello che diventerà poi un filone seguito da tanti altri editori tra le cadute e le risalite di console e home computer. Ma dando anche spazio ai coin-op (volgarmente detti anche ‘giochi da bar’) ai quali Videogiochi dedicava una sezione a parte, quando tra cassoni personalizzati e schermi a tubo catodico erano tecnologicamente e diversi passi avanti rispetto alle console da casa.

Tutto questo non per fare i soliti nostalgici (al di là di quale fosse la vostra rivista preferita) ma per capire se la carta (ma forse anche la lettura in generale) sia ormai da considerarsi un supporto obsoleto per le nuove generazioni, assorbite totalmente dal digitale nelle sue varie forme, o se ancora oggi ci siano ragazzi che ‘corrono’ in edicola a comprare una rivista preferita. Temiamo di sapere la risposta.

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