A chi importa il sesto posto mondiale

6 Marzo 2014 di Stefano Olivari

Paolo Dal Molin

I Mondiali indoor di atletica leggera, in questa edizione nella polacca Sopot, sono a tutti gli effetti dei mondialini ma hanno almeno il merito di portare la (poca) attenzione dei media sulla versione al coperto dello sport più puro, che non significa più pulito, del mondo. L’atletica indoor sta vivendo un ottimo momento organizzativo negli Stati Uniti e in Germania, con formule-spettacolo favorite dagli spazi ridotti, da un minor numero di gare (impossibile seguirte tre concorsi in contemporanea, ma non ditelo ai fanatici del genere ‘Nell’hockey ghiaccio il disco si vede benissimo’) e dalla visibilità ottima per ogni spettatore.

A Sopot invece si darà una patina di ufficialità a una manifestazione inventata, come quasi tutto il resto, da Primo Nebiolo, nel 1985, con una partecipazione qualitativa da sport depresso anche se non mancano grandi stelle alla Ukhov (alto) o super-emergenti alla Bracy (60 metri).  L’Italia non fa eccezione, con i suoi modesti 12 convocati (solo uno, la quattrocentista Bonfanti, non militare) e le sue prospettive di medaglia quasi nulle: una buona figura può arrivare da Dal Molin negli ostacoli, dalla Magnani nei 3.000 e dal caldissimo Fassinotti nell’alto, ma il metallo sarebbe per tutti e tre (anche se ci aspettiamo da anni un boom di Dal Molin) un’impresa.

Va comunque notato che due delle nostre punte su tre vivono e si allenano all’estero, Fassinotti a Birmingham e Dal Molin in Germania. Solo 3 volte l’Italia ha mandato a questi mondialini meno di 12 elementi e mai aveva mandato solo 3 atleti maschi. Insomma, ce ne sarebbe d’avanzo per il solito editoriale sul declino di una nazione, ma non siamo artisti e quindi simili discorsi ci deprimono. Va anche detto che le medaglie-medagliette sul petto la federazione conta di mettersele con gli Europei ‘veri’ di agosto a Zurigo e che quindi una spedizione a Sopot che passasse sotto silenzio sarebbe secondo questa logica quasi un vantaggio.

La IAAF ha messo in campo quasi due milioni e mezzo di montepremi: una medaglia d’oro ne vale 40.000 (più 50.000 per l’eventuale record mondiale), ma ci sono sono soldi fino al sesto classificato (4.000). In altre parole un sesto posto mondiale, sia pure mondiale con l’asterisco, porta al suo conquistatore la stessa cifra che la maggior parte degli azzurri di primo piano non convocati portano a casa fra stipedio militare e integrazioni federali. Al netto del discorso infortunati, che vale per Greco, Donato, la Trost e pochissimi altri, meglio stare a casa, senza ascoltare il telegiornale dare la notizia che Tizio è arrivato ‘soltanto’ sesto.

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