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L’oro vero dell’Argentina

Stefano Olivari 16/08/2012

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Ancora non accettiamo la realtà, quindi continuiamo a scrivere dei Giochi di Londra 2012. Fra le tante valutazioni che si possono fare sulla spedizione italiana e sul peso specifico (minimo) delle sue medaglie, ci sembra interessante notare che tutti gli ori azzurri e gran parte degli altri buoni piazzamenti siano stati conquistati da atleti affiliati a gruppi militari. Restringendo il discorso solo agli ori e andando in ordine cronologico: fioretto femminile (Di Francisca, Fiamme Oro), tiro con l’arco a squadre (Frangilli, Galiazzo e Nespoli, tutti dell’Aeronautica), canoa slalom K1 (Molmenti, Forestale), fioretto a squadre (Di Francisca, Errigo Carabinieri, Salvatori Aeronautica, Vezzali Fiamme Oro), fossa olimpica (Rossi Fiamme Oro), fioretto a squadre maschile (Aspromonte Fiamme Gialle, Avola Fiamme Gialle, Baldini Aeronautica, Cassarà Carabinieri), carabina tre posizioni (Campriani Fiamme Gialle), taekwondo catagoria +80 kg (Molfetta, Carabinieri). Insomma, 15 atleti (non contiamo 2 volte la Di Francisca) e tutti che fanno sport ad alto livello solo grazie allo Stato. Non parliamo di contributi pubblici ad atleti per così dire ‘civili’ (si stima che la Gran Bretagna, fuori dall’autofinanziamento delle lotterie, abbia messo in campo per la sola preparazione olpimpica circa 120 milioni di euro), spesso dipendenti da programmi ad hoc come quello russo o francese, ma proprio di stipendiati fissi. Siamo in relativamente buona compagnia, insieme a molti paesi africani (quasi tutti i mezzofondisti etiopi che mitizziamo sono militari, mentre per il Kenya le situazioni sono più frammentate), alla Cina e mezza Asia. Cosa vogliamo dire? Che il mitico ‘mercato’ funziona solo per il calcio e pochi altri sport, senza l’intervento pubblico non esisterebbero ad alto livello la scherma, il tiro a volo, la canoa, ma anche l’atletica e il nuoto che di medaglie ne hanno portate poche (un bronzo a testa). I casi sono quindi due: o si torna a Giochi Olimpici veri, con dilettanti veri (bisogna tornare però in pratica a ‘Momenti di Gloria’, Parigi 1924), oppure bisogna accettare il fatto che il 90% delle medaglie in qualche modo venga ‘comprato’ attraverso sussidi pubblici e dare loro il giusto peso. Se l’Argentina, paese simile all’Italia per cultura, razza, dominanza del calcio, e senz’altro superiore per motivazioni, torna da Londra con sole 4 medaglie contro le 28 di Petrucci un motivo ci sarà. Non è un caso che il suo unico oro, quello dello studente universitario Sebastian Crismanich nel taekwondo, sia il primo oro individuale argentino ai Giochi dal… 1948.

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