L’era della pubblicità gratuita

31 Marzo 2014 di Dominique Antognoni

Probabilmente i giornalisti di oggi vengono pagati poco o nulla perché valgono poco o nulla. Probabilmente i giornali non si leggono perché sono fatti davvero male, con una brutta grafica e argomenti tediosi, articoli politically correct e demagogici oppure poco interessanti. Però. Ci sono una decina di però che possono giustificare le paghe ridicole e la bruttezza delle pagine. Non la vogliamo metterla giù seriamente, le analisi profonde le lasciamo a giornalisti lamentosi che non si pongono mai l’unica domanda che conti: perché qualcuno dovrebbe pagare per leggere quello che scrivo?

Affrontando questo argomento vogliamo solo farvi divertire, anche se onestamente ci siamo divertiti ben poco. Stiamo parlando delle aziende che desiderano essere presenti all’interno di un giornale ma a costo zero. Ecco, se loro pagassero allora i giornali potrebbero investire di più sulla qualità dei giornalisti e anche sui contenuti: non è detto che accadrebbe, magari tutto finirebbe nelle astute note spese della grande firma sessantenne (stando alla documentazione prodotta nessun taxi gli ha mai fatto pagare meno di 90 euro a corsa), ma per lo meno ce ne sarebbero i presupposti.

Quello che ci è accaduto qualche giorno fa è emblematico: fa ridere oppure piangere, dipende dai punti di vista. I fatti. Siamo stati ‘convocati’ nella sede milanese di una famosa multinazionale, settore abbigliamento. Ore 11 del mattino, metà marzo: si presenta un tale in pantaloncini corti rossi, accento british, viso un po’ alla Benny Hill, paffutello, bassino. Morbido, rilassato, ben pettinato, biondino, ambiguo, sorridente, appagato. Inizia un discorso che nonostante l’ora ci faceva venire la voglia di coricarci per un pisolino. E va detto che il posto era adatto: cuscini, mogano, atmosfere da casa di campagna tipo Kent.

Noi quest’anno spingeremo tantissimo sul golf”, questa l’essenza di un diluvio di parole. “Dunque”, ribattiamo, “si potrebbe fare una operazione ampia, fra pubblicità e contenuti”. Non l’avessimo mai detto. Orrore. Il nostro interlocutore, con un gesto di puro disgusto, ci stoppa con un gesto di pura stizza: “No no no, noi non lavoriamo così, non investiamo”. “E allora noi perché siamo venuti fin qui, se possiamo saperlo?”, la nostra fin troppo gentile risposta.

“Be’, abbiamo pensato di darvi la possibilità di intervistare uno dei nostri testimonial”. Va detto che i loro testimonial interessano, ad essere generosi, lo zero per cento della popolazione e lo zero virgola uno per cento (ade essere generosissimi) dei golfisti. A Roma avrebbero reagito con un’espressione appropriata, in altri paesi meno formali dell’Italia qualcuno lo avrebbe non diciamo sputato ma quasi. Mettergli le mani addosso sarebbe stato la giusta reazione. Ok, accusateci di turpiloquio, di essere volgari, violenti, pochi inclini alla dialettica, ma forse troppo spesso alcuni hanno agito puntando sul fatto che la controparte avrebbe ingoiato il rospo senza battere ciglio, anzi, magari fingendo un “con immenso piacere, è un onore”. Noi abbiamo osato porre una domanda: “Scusi, ma chi fa un favore a chi? Noi a voi oppure voi a noi?”.

Uuuuuu, guardate che noi ed i manager dei giocatori siamo molto selettivi, non diamo a tutti l’opportunità. Poi ovviamente dipende anche dallo spazio che siete disposti a dedicarci”. Abbiamo salutato educatamente, sbagliando e sapendo di sbagliare. Liberare i pitbull sarebbe stata la scelta migliore, lo sappiamo. Però non cambia la sostanza: tutti vogliono tutto gratis, anzi alcuno lo pretende dall’alto della propria presunta superiorità. Questi sono i peggiori, ti fanno sentire piccolo piccolo, come quelli che sostengono di migliorare la qualità del tuo giornale con le informazioni sulla sua azienda, per cui dovresti anche ringraziare che ti mandino foto di scarpe, magliette e giacche.

Morale? Mister pantaloncini rossi ha passato un’ora piacevole di lavoro, sull’agenda sta scritto che ha avuto un incontro con un prestigioso giornale mettendo le basi per una collaborazione fruttuosa, lo stipendio corre a prescindere. Quando incontriamo gente del genere ci viene sempre in mente lo slogan della catena alberghiera Sofitel: ‘La vie est magnifique’. Per lui e altri come lui, sì. Purtroppo la disoccupazione non ha ancora toccato tutti quelli che se la meritano.

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