Le vacanze degli altri

15 Giugno 2007 di Stefano Olivari

Chissà se i talebani delle nazionali vanno in vacanza. Secondo noi no, essendo sempre pronti con le frasi fatte. Sempre pronti a difendere il “loro”. Sono come quei giapponesi pronti a lottare ad anni dalla fine della guerra e anche il direttore della Settimana Sportiva, va detto, é fra di loro. Forse si prepara per l’ingresso in politica (ma il nostro idolo anni Ottanta Berlusconi ha già abbastanza giornalisti a libro paga) o forse l’orologio gli è rimasto indietro, agli anni Settanta, quando le gare delle nazionali erano le uniche trasmesse in diretta. E aveva un senso parlare di identità, do diversi tipi di calcio, di scuole, eccetera. Quelli dell’Est giocavano con la bava alla bocca perché era una delle poche possibilità di farsi notare dalle squadre dell’Occidente. Ora se ne infischiano, a vent’anni sono già nei campionati importanti. Tranquilli: nessuno vuole abolirle, le nazionali. Ma si va avanti per inerzia. Così come c’é ancora la sagra del paese, il primo maggio, la festa della donna, della nonna, dei carabinieri, così ci sono ancora le nazionali. Quanti aspetti comici, quanta ipocrisia…

Da dove cominciare? Dal fatto che le grandi nazioni, in questo momento, hanno tecnici di quarta categoria? L’Inghilterra ha un allenatore che definire mediocre é genereoso, McClaren, la Spagna un nonno bolso e malsopportato (Aragones), la Germania uno che non trovava lavoro da anni (Low), la Francia uno che non è mai stato cercato da un club(Domenech). Fosse così importante, non ci sarebbe forse la rissa per sedersi sulla panchina della nazionale? Forse cosi importante non é. Possiamo considerare squallido obbligare i calciatori a presentarsi? Se fosse un’onore così grande, che senso avrebbe obbligare un giocatore? Correrebbe, pur di vestire la maglia della nazionale. E invece no, corre solo per la Champions. Se é questo che sente, mica si può cambiare per legge il suo stato emotivo. Siamo come in Bulgaria negli anni di Jivkov: vige il pensiero unico. Tutti, ma proprio tutti, appena ci svegliamo dobbiamo considerare la Nazionale la cosa più cara al mondo. La pensi diversamente? Al rogo, in Siberia, ai lavori forzati. Pensate un po’, non é obbligatorio ormai neppure il servizio militare, la nazionale invece sì. Aaaah, dimenticavamo: i calciatori hanno dei doveri morali. Che cosa? Per contratto sono dipendenti di un club e basta. La morale é elastica, e poi in base a che cosa é immorale voler andare in vacanza e non giocare contro la Lituania, Lettonia, Lussemburgo e altre trenta nazioni? Diciamo che molti di loro sono egoisti. E allora? E’ vietato? Lo siamo quasi tutti noi. Perché pretendere da loro quello che noi non facciamo mai, cioé sacrificarsi?

Non iniziate con il discorso del ben pagati. Non lo sono per andare in nazionale. Semmai sono le federazioni che si arricchiscono grazie ai giocatori. Vi pare giusto? Il Brasile organizza spesso amichevoli indecenti per fare cassa. La pacchia é finita, Ronaldinho e Kaka (ripetiamo, Ronaldinho e Kaka) hanno detto basta, vogliono andare in vacanza. C’è poi l’esercito di coloro che dicono “la nazionale dà prestigio”. Bene: uno può non volerlo, questo benedetto prestigio? Nedved, Sheva e via dicendo hanno vinto il Pallone d’Oro senza far grandi cose con la nazionale. Ronaldinho e Ronaldo erano dei grandissimi senza la nazionale. Molti anche quelli che parlano di numeri. “In otto milioni davanti alla tivù per la nazionale” Scusate, ma che alternativa ci sarebbe? Il sabato di Isole Far Oer-Italia c’era forse anche Milan-Inter in tivù? O per lo meno Roma-Empoli? No. Ma, evidentemente, i talebani fingono di non saperlo. Possiamo continuare all’infinito. Cose pratiche. Quelli della nazionale hanno solo argomenti teorici, che valgono pochino. Visto che poi consideriamo il calcio un gioco, allora prendiamola alla leggera. Giochi chi se la sente.

Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it

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