La scommessa della Gazzetta

16 Gennaio 2014 di Stefano Olivari

Essere di proprietà (anche) degli Agnelli-Elkann e dei Della Valle non ha mai posto ai giornalisti né tantomeno ai direttori della Gazzetta dello Sport alcun problema di conflitto di interessi, così come esaltare eventi sportivi di cui si è anche organizzatori, dal Giro d’Italia in giù, mentre finanziarsi con un’attività di bookmaking rappresenta il Male (non quello di Ugo Tognazzi capo delle Brigate Rosse). Questo ha pensato chiunque abbia letto oggi il giornale sul bancone dei gelati del solito bar, aspettando il proprio turno al videopoker, ma anche noi che fedelmente lo acquistiamo da tre decenni. Questo il comunicato del comitato di redazione, dove si spiega anche il cosiddetto sciopero delle firme e si annunciano scioperi propriamente detti. Al di là degli aspetti umoristici della vicenda (il lettore medio non ‘va a cercare’ alcuna firma e quindi non ha subìto danni dall’iniziativa) e di quelli più seri (la pessima gestione di dirigenti dalla buonuscita di giada, che ha rovinato anche giornali strutturalmente sani come appunto la Gazzetta), viene da chiedersi cosa sia mai Gazzabet. Per lo meno ce lo chiediamo noi tossici, che con il ROI annuale vicino al 40% (ma dove la base è 1.000 euro, quindi ci paghiamo al massimo qualche bolletta) seguiamo con interesse ogni iniziativa in questo campo. Gazzabet altro non è che un progetto della RCS di raccogliere scommesse in proprio, invece che limitarsi a fare pubblicità ad altri operatori, con una piattaforma online che abbia l’autorizzazione ministeriale. Allora sarebbe il giornalista Tizio al seguito della Juventus a suggerire le quote dei bianconeri? Ovviamente no, visto che tutto sarebbe esternalizzato, in partnership con un grosso marchio già nel settore. E da tutto questo il giornalismo duro e puro, quello che secondo il comunicato verrebbe praticato dalla Gazzetta, che danni avrebbe? Risposta: nessuno. Perché fra gli attori del mondo delle scommesse il bookmaker e a maggior ragione il bookmaker legale è quello che ha il maggior interesse ad avere eventi sportivi onesti e soprattutto credibili. Mentre è chiaro che gli scommettitori, quando godono di informazioni privilegiate, e gli sportivi stessi quando sono disonesti, possono guadagnare molto solo dalle distorsioni e dai taroccamenti del sistema. Conclusione? Una battaglia di retroguardia, visto che non dipende dalle scommesse il fatto che secondo la Gazzetta i colpevoli di ogni male del calcio siano sempre gli allenatori o qualche straniero di quelli cedibili, non i proprietari o i dirigenti dalla minaccia facile e impunita.

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