La rivoluzione di Monkey Island

20 Febbraio 2021 di Paolo Morati

C’era una volta un tempo in cui le avventure punta e clicca rappresentavano il non plus ultra per chi amava i videogiochi in cui si doveva ragionare più che agire. La Lucasfilm Games (poi diventata LucasArts) era in tal senso una delle case di produzione più importanti di un genere oggi ormai quasi dimenticato, messo da parte dall’azione immersiva e immediata che le tecnologie odierne sono in grado di offrire spingendo sull’azione estrema. The Secret of Monkey Island, il cui primo capitolo uscì nel 1990 da un’idea di Ron Gilbert, ne rivoluzionò di fatto il genere.

Erede di produzioni precedenti, a partire da Maniac Mansion, la saga del giovane aspirante pirata Guybrush Threepwood conquistò da subito gli appassionati di videogiochi grazie a una ulteriore evoluzione del motore SCUMM (Script Creation Utility for Maniac Mansion) e della relativa interfaccia di gioco, a una grafica particolareggiata e un’ironia diffusa nelle interazioni tra protagonista e mondo da esplorare. Fondamentale in tal senso una sceneggiatura ottimamente calibrata tra serio (poco) e faceto (molto).

The Secret of Monkey Island, dopo un’introduzione accompagnata da un motivo musicale dai toni caraibici, rimasta poi nella storia, si appoggiava a un forte coinvolgimento fin dai primi dialoghi, richiedendo anche il classico utilizzo di oggetti per avanzare nei quattro capitoli, interagendo con lo scenario e i personaggi che di volta in volta incontravano il giovane e biondo Threepwood. Personaggi fondamentali, con tanto di cattivone di turno – il pirata fantasma LeChuck – e bella ragazza da conquistare – la decisa governatrice Elaine Marley. Fino a un iconico venditore, tale Stan, chiacchierone e impertinente, ottimamente caratterizzato in movenze e parlantina.

A 30 anni di distanza The Secret of Monkey Island è in definitiva un’avventura che merita ancora di essere giocata, offrendo tra l’altro una versione ‘special edition’ completamente ridisegnata uscita nel 2009. Senza per questo dimenticare i suoi seguiti che negli anni hanno portato avanti la saga, magari da esplorare sorseggiando allo Scumm Bar un bel boccale di Grog come si addice a ogni pirata che si rispetti. Da ricordare anche la primissima versione, in floppy disk per Atari, Macintosh e PC, anche se noi lo abbiamo giocato soprattutto sull’Amiga. 

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