La guerra di Pertini e Schmidt

25 Aprile 2023 di Stefano Olivari

E anche questo 25 aprile ce lo siamo tolti dalle palle (cit.). Questa festività ha però almeno un merito: far parlare di storia invece che della corretta collocazione tattica di Rebic e Cristante. Però noi siamo quelli di Rebic e Cristante, senza pretese intellettuali, quindi la riflessione pseudostorica va sempre a parare lì. E la nostra è la seguente: come si parlerà della Seconda Guerra Mondiale fra qualche anno, quando saranno morti anche quelli come noi con i genitori o e/o nonni che l’hanno vissuta in diretta, sia pure soltanto da follower? Forse con la stessa leggerezza con cui analizziamo le guerre puniche o la battaglia di Waterloo, forse no. Di certo senza avere più ricordi di famiglia a fare da filtro alla storiografia ufficiale. O, meglio ancora, senza protagonisti della politica che quella stagione l’hanno almeno annusata.

Per noi è scontato quindi ricordare che quell’11 luglio 1982 in tribuna al Bernabeu c’erano Sandro Pertini ed Helmut Schmidt. Il presidente della Repubblica, antifascista della primissima ora e non dal 26 aprile 1945, si era fatto una quindicina di anni fra carcere propriamente detto (e gli era andata bene, anche se con i ‘suoi’ socialisti Mussolini aveva un atteggiamento ondivago, si pensi al rapporto con Nenni) e confino. Il cancelliere socialdemocratico della Germania Ovest non era stato in gioventù un antinazista né un nazista in senso stretto: nel fascicolo militare che lo riguardava era descritto come un buon patriota e basta. E in guerra, da tenente della contraerea della Luftwaffe, si era distinto sia sul fronte russo sia in seguito durante l’Offensiva delle Ardenne, guadagnandosi una Croce di Ferro e una permanenza in una prigione militare inglese (fu quindi molto fortunato).

Insomma, quella sera alla finale mondiale Italia e Germania non erano rappresentate da mezzeseghe, ma da gente che per motivi non soltanto anagrafici aveva attraversato la Storia. E su un piano inferiore tutte le persone oggi sopra i 40 anni hanno avuto nonni o genitori in grado di raccontare la Seconda Guerra Mondiale da un punto di vista personale, senza essere eroi o criminali. Cosa vogliamo dire? Che la storia va in prescrizione e certo non per quella grande menzogna che è la memoria condivisa, ma soltanto perché il tempo cancella tutto. Lo diciamo con dolore, in questo e in altri casi (si pensi alle radici cristiane dell’Europa), perché i riferimenti storici non sono ciò che si è appena letto su Wikipedia. Bisognerebbe vivere in eterno, per avere il senso della Storia. Se no è tutto una maglietta di Che Guevara o una croce celtica indossate con lo stesso spirito della quarta maglia dell’Arsenal. Pertini e Schmidt parlarono di memoria condivisa? Ci pare di no.

stefano@indiscreto.net

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