I migliori gruppi musicali di sempre

23 Marzo 2021 di Stefano Olivari

Quali sono i migliori gruppi musicali di sempre? Prendendo 100 persone appassionate di musica, anche non talebane e addirittura disposte ad ascoltare un po’ di tutto, si avranno 100 classifiche diverse. Quindi proponiamo la nostra, nel senso di scegliere i 10 migliori gruppi, o band che dir si voglia, della storia secondo un un unico criterio: i nostri gusti, se dovessimo salvare le discografie complete soltanto di 10 gruppi nella storia della musica.

Quindi soltanto dischi che ci fa piacere riascoltare e che riascoltiamo davvero, non cose buttate lì per fare bella figura (con chi, poi? Chi se ne frega…). Per dire: nessuno nega l’importanza storica dei King Crimson, dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Kraftwerk, fra l’altro li conosciamo perfettamente, ma oggi ci danno le stesse emozioni dei Maneskin. Ecco quindi i dieci migliori gruppi musicali di sempre. Traduzione: i dieci che ascoltiamo tuttora, davvero.

Ah, i dieci sono quindici  perché davvero non riusciamo a scartare nessuno di questi. E pazienza se ai motori di ricerca piace il dieci… Rimedieremo con i dieci segreti di bellezza di Ilary Blasi o con le dieci migliori punizioni di Cristiano Ronaldo. Fra chi abbiamo escluso ci sono anche gruppi per cui abbiamo fatto malattie, come Joy Division, Talking Heads, Creedence Clearwater Revival, Cult, Stooges, Police, Asia, Doors, Oasis, Dire Straits, Police, Ramones… E nemmeno entriamo nel girone di chi ha fatto un solo grande album, dai Prefab Sprout ai Flock of seagulls agli Wasp.

Un post a parte meriterebbero quei gruppi che abbiamo cercato di farci piacere, dai Led Zeppelin ai Nirvana, dagli U2 ai Blur, dai Pearl Jam ai Toto, ma senza successo. Lo scriveremo. Così come quello su chi ci è sempre stato sul cazzo senza se e senza ma, su tutti Rolling Stones, Clash e Black Sabbath. Come detto, tutto è basato sulle emozioni che ci arrivano oggi: non abbiamo frequentato il Conservatorio neppure per corrispondenza.

15. ZZ Top – Esiste qualcosa di meglio nella vita che ascoltare Eliminator mentre si guida in un’autostrada deserta? Poche cose, anche per chi non è texano. Fra i primi del mainstream a far entrare il demonio, cioè il sintetizzatore, nell’hard rock. Tanti album di altissimo livello nell’arco di quarant’anni: senza una grande varietà di stili e di temi, ma non è importante.

14. Deep Purple – L’hard rock al suo massimo, senza troppe degenerazioni machiste. Rarissimo esempio di gruppo che ha fatto la storia della musica, soprattutto nei primi anni Settanta, ma ha saputo anche adattarsi alla quotidianità. I superstiti sono ancora dignitosi dal vivo ed ogni volta comunque noi rispondiamo presente. Album del cuore Perfect Strangers, canzone del cuore Wasted sunsets.

13. Pet Shop Boys – Molto più dell’electropop, un concentrato di etica (una buona metà dei loro testi può essere considerata impegnata, per i canoni commerciali) ed estetica senza paura di sparare canzoni dal facile successo. Coerenti fino ai giorni nostri, credibili in coda sulla tangenziale litigando con il camionista di fianco così come nel clubbettino criptogay. Anche se oggi basta mettere su Rai 1 per ritrovarsi in un clubbettino criptogay.

12. A-ha – Gli anni Ottanta sono la loro condanna, saranno in eterno una boy band anche se sono super-musicisti (fra l’altro tutti con una buona storia da solisti) e per oltre tre decenni hanno spaziato fra tanti generi per poi tornare alle ballad nel bellissimo album del 2015, Cast in steel. Chi non li ama dovrebbe ascoltare il loro live acustico.

11. Talk Talk – Incredibili i cambiamenti di stile e di atmosfere in soli 9 anni al top, dall’ottantesco The Party’s Over all’introspettivo Laughing Stock. Unico caso di gruppo new romantic (peraltro per due soli dischi, prima di cambiare rotta) rispettato dalla critica, ma nonostante questo li ascoltiamo ancora oggi. R.I.P. Mark Hollis.

10. New Order – La loro storia è semplicemente pazzesca, e non si può ridurre alla promessa diventata realtà dopo il suicidio di Ian Curtis e quindi la fine dei Joy Division. Certo è che il loro synthpop ha portato fino ai giorni nostri, visto che sono ancora in attività, il meglio della new wave. Profondità, stile.

9. Ultravox – Chi sopravvive al dibattito ‘Meglio con John Foxx o con Midge Ure’ (risposta pop: Ure) può ascoltarli ed almeno intuire la forza della new wave, uno dei pochi generi che non abbia debiti verso altri. Vienna il disco perfetto, per musica e immaginario (New Europeans su tutto).

8. OMD – Il candidato risponda al seguente quesito: quale è la migliore band nella storia di Liverpool? Scherziamo, però è vero che i Beatles non li ascoltiamo più (sarà anche per l’effetto Battisti). Gli Orchestral Manouvres in the Dark hanno unito romanticismo ed elettronica, cosa quasi impossibile. Pandora’s Box una delle canzoni da suonare al nostro funerale.

7. Eagles – Per gli antipatizzanti sono i rielaboratori di tutti gli stereotipi del country-rock, per noi Don Henley ed il fu Glenn Frey sono genii assoluti, capaci di evocare un passato mitologico del genere West ma anche l’ottimismo californiano che il pubblico da autoradio (cioè noi) ama. Livello medio altissimo e l’album perfetto, il disco definitivo: ovviamente Hotel California (i solchi di The last resort sono stati consumati)

6. Queen – Hanno, anzi dal 1991 bisogna dire ‘avevano’, tutto ciò che fa stizzire i critici musicali, a partire dall’enfasi, solo in qualche caso nobilitata dalle citazioni operistiche, e dal successo mondiale. Ma il numero di hit tirate fuori, dalla struttura anche molto diversa fra di loro, li rende in questo campionato inferiori soltanto a Beatles e Bee Gees. La voce di Freddie Mercury, poi, scuoterebbe nel profondo anche un sasso. Rimane il genio, non soltanto suo.

5. Alan Parsons Project – In un mondo in cui si parlava e si parla alla cazzo di cane di ‘progetto’ quello di Alan Parsons e di Eric Woolfson è stato un vero progetto, di straordinario successo in tutto il mondo, spaziando in tutti i generi ma dando il meglio con l’unione fra rock sinfonico ed elettronica. Bravissimi anche dal vivo, ruotando cantanti e strumentisti. Eye in the sky il capolavoro, ma livello medio sempre clamoroso. Lacrime, anche nostre, al loro concerto il giorno dopo la morte di Woolfson.

4. Cocteau Twins – Il meglio del meglio del meglio del post punk, forse l’unico esempio che ci viene in mente di musica sperimentale che diventi orecchiabile. Il dream pop sono loro, non i mille che li hanno copiati male. Elizabeth Fraser cantante da pelle d’oca, sono durati il giusto per non inflazionarsi. Da poco ristampati Garlands e Victorialand: fatevi un regalo, davvero.

3. Spandau Ballet – Al netto della nostalgia anni Ottanta (loro il primo concerto visto dal vivo, nel 1981) e della loro immagine dell’epoca, la loro formula ‘new romantic più soul’ ha resistito benissimo al tempo e colpisce al primo ascolto anche chi, giustamente se ha meno di 45 anni, non li ha mai sentiti nominare. True e Parade gli album consumati, ma nel meno celebrato (a parte la title track) Through the barricades troviamo la loro vera anima. Siamo andati a sentirli anche nella versione senza Tony Hadley, ed abbiamo seguito lo stesso Tony da solista in un centro commerciale: di più davvero non potevamo fare. Non c’è settimana in cui non li ascoltiamo almeno una volta in maniera religiosa.

2. Pink Floyd – Dai capolavori ai fondi di magazzino, genialità e stile, innocenza perduta e mestiere. Una passione autentica per Meddle, una gilmouriana per A momentary lapse of reason, grandi anche nei pochi dischi post Waters. Averli intravisti, perché quasi nessuno dei 200.000 presenti può dire di averli visti, a Venezia fra le emozioni musicali più forti della vita.

1. Bee Gees – Grandiosi nel folk anni Sessanta, nella disco music anni Settanta e nel pop enfatico anni Ottanta (liberi di non crederci, ma in questo momento stiamo ascoltando Living Eyes, con il repeat su Don’t fall in love with me: chi non l’ha mai ballata con una donna non può considerarsi un uomo), i fratelli Gibb, ormai tranne Barry purtroppo defunti, sono i più grandi autori pop di sempre. Il travoltismo non rende loro giustizia, anche se la svolta del falsetto li rilanciò come personaggi. Un disco a caso (solo quelli da studio sono 22…) dei Bee Gees e si è nel burro per tutta la serata.

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