I guardalinee non sono sposati

2 Luglio 2008 di Stefano Olivari

Due anni addietro, quando uscirono le intercettazioni di Moggi, un dirigente di un importante club rumeno ci chiese la cortesia di acquistargli una copia dello speciale che andò in edicola. Voleva studiare per benino i metodi di Lucianone. Lo abbiamo accontentato, con qualche riserva: non per motivi etici, ma perché in Romania come ovunque c’é sempre stata gente abile come l’ex dg juventino. Che bisogno c’era di dare una ripassata ai metodi di Moggi? Ce ne sono stati di più bravi. Qualche giorno fa ne abbiamo scovato uno, nota eminenza grigia della propaganda di Ceausescu. Nello squallido mondo comunista (nessuna intenzione di fare discorsi ideologici, del resto i comunisti ricchi esistono solo in Italia) della nostra infanzia i risultati sportivi erano importanti, per far vedere al mondo la supremazia del modello egualitario (cioé che impoveriva tutti tranne i gerarchi del partito) sul capitalismo. Truccare le gare era un gioco da ragazzi. Sentite Vasile Anghel, che racconta della cavalcata della Dinamo Bucarest nella Coppa dei Campioni 1983-1984: “Era fondamentale trattare diversamente con gli arbitri e con l’osservatore dell’Uefa. Se parlavi dei favori davanti al delegato, il direttore di gara stava sulle sue. Se invece si sentiva tranquillo, andavi a nozze. Prima di parlarvi delle gare della Coppa dei Campioni, vorrei dirvi un’altra, legata alla gara contro l’Inter, in Coppa Uefa: novembre 1981, secondo turno. L’Inter viene a Bucarest dopo l’1-1 dell’andata. Arbitra il turco Talat Tokat. Fin dal primo momento che ci siamo conosciuti si è creata una grande intesa fra di noi, sembrava fossimo amici da 30 anni; un ragazzo straordinario. Mi ha subito fatto capire che avrebbe aiutato la Dinamo. Mi ha detto chiaramente di raccomandare ai miei giocatori di non protestare mai e di provocare i nerazzurri. Così poteva ammonire e far innervosire gli italiani. Il risultato? Rigore inesistente per noi, sbagliato però, e tantissime punizioni dal limite dell’area: su una abbiamo segnato e ci siamo qualificati. Come l’ho ripagato? Beh, ho portato la terna in un negozio di pelliccie: a quei tempi la gente viveva nella miseria, ma i vertici del partito avevano tantissime agevolazioni e negozi separati. Si sono preso di tutto, i turchi. Nella Coppa dei Campioni, poi, ci siamo divertiti. Contro l’Amburgo dovevamo vincere con tre gol di scarto. Arbitra l’olandese Jan Kaiser. Un amico comune mi disse chiaramente di non provare con dei soldi. Nessun problema: l’ho riempito di donne. Poi mi ha detto di tenere a bada i giocatori, al resto ci avrebbe pensato lui. Piccolo intoppo: ad un certo punto un tifoso lancia un oggetto che colpisce in testa Ernest Happel, tecnico dell’Amburgo. Kaiser viene da me, che ero a bordocampo, e mi dice di tranquillizzare la gente, altrimenti deve fermare la gara e dare 3-0 a tavolino. E’ finita bene. Fa meglio l’inglese Keith Hackett, nei quarti contro il Dinamo Minsk. Attualmente é il capo degli arbitri inglesi, auguri. Mi avevano detto che é uno sobrio, serio, autoritario. Compito difficile, ma nella vita se non provi non vinci. Così ho iniziato pian piano, con una cena e cantanti dal vivo, poi gli ho portato due ragazze. Ho fatto anche il signore, assicurandogli che non era nelle mie intenzioni corromperlo, ma solo farlo sentire bene. Mi ha detto che era sposato ma che i due guardalinee non lo erano e che per loro sarebbe stato un piacere. Che dire, la terna ci ha portato alla qualificazione. Vincevamo 1-0 e abbiamo rischiato negli ultimi minuti, quando il Minsk spingeva per pareggiare. Grande Hackett, ha dato un solo minuto di recupero quando avrebbe dovuto darne per lo meno sei”. Vorremmo aggiungere altro, ma non sappiamo cosa, se non “Grazie signor Anghel”. Belle storie, sarebbe facile trovarne di analoghe in Italia. Ma Moggi dice, l’abbiamo letto nel suo libro, che non è colpa sua se gli arbitri piacciono alle interpreti da lui mandate.

Dominique Antognoni
dominiqueantognoni@yahoo.it

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