Attualità
Il futuro è J.D. Vance
Stefano Olivari 18/07/2024
Siamo fra quelli che hanno guardato Elegia Americana, lo abbiamo fatto su Netflix, soltanto dopo che J.D. Vance è stato annunciato da Donald Trump come suo candidato vicepresidente. Il film di Ron Howard è basato sul libro di Vance uscito nel 2016 quando era soltanto un manager e un imprenditore, fra finanza e tech, forse con già in testa la politica ma ancora con nessuna carica visto che ha iniziato a muoversi nel 2021 ed è diventato senatore dell’Ohio l’anno scorso. In sostanza si tratta del racconto dell’infanzia e dell’adolescenza di Vance in un contesto di provincia profondissima a Middletown, Ohio, in una famiglia povera, cresciuto da Bev, una madre single e drogata (Amy Adams l’attrice), con la nonna Mamaw (Glenn Close) vera figura di riferimento.
Il piccolo J.D. è un bambino obeso, con pochi e cattivi amici, terrorizzato dai casini che combina la madre, infermiera che però per le sue dipendenze perde il lavoro, e senza alcuna prospettiva: il padre non esiste, i compagni occasionali della madre meglio perderli che trovarli. Purissimo white trash, quel proletariato bianco della Rust Belt diventato sottoproletariato e che è stato ignorato da tutti, anche dai repubblicani, fino a quanto non è arrivato Trump. Più precisamente hillbilly, che dà una connotazione ulteriore, anche geografica: efficacissimo il titolo del libro, che non abbiamo letto ma che leggeremo: Hillbilly Elegy: A Memoir of a Family and a Culture in Crisis.
Comunque soltanto l’intervento deciso della nonna riesce ad isolare il ragazzo dall’ambiente e fargli vedere la luce con la scuola. I Marines, con anche un periodo in Iraq, sono un mezzo per laurearsi e poi arrivare anche a Yale (J.D. cresciuto è interpretato da Gabriel Basso). Il film, che a noi è piaciuto molto, non è comunque una storia di successo, dalle stalle alle stelle, visto che si ferma ai colloqui con un prestiogioso studio legale, ma semmai è un’opera sulle radici, sull’impossibilità di scappare senza affrontare i problemi. Che non sono soltanto quelli della madre o di una comunità dimenticata da tutti, ma quelli di un’America in crisi di identità.
Al di là di questo, Elegia Americana fa capire il grandissimo potenziale di J.D. Vance, che non è legato soltanto alla giovane età (il 2 agosto compie 40 anni) ed al fatto che anche se Trump non vincesse lui sarebbe comunque messo sulla mappa, ma al suo essere portatore di un pensiero conservatore che non vuole più essere marginale o ghettizzato. Vance è credibile quando parla di poveri, visto che lo è stato, di famiglia, visto che ne ha conosciuto i lati peggiori e migliori, di economia perché ha lavorato con personaggi come Peter Thiel, oltre ad essere considerato da tanti altri che nella conformista Silicon Valley devono stare coperti, come ad esempio Eric Schmidt, di università perché la sua carriera anche lì è impeccabile ed ha capito meglio di Trump (che invece gode nell’avere un nemico dichiarato come il mondo accademico) che il pensiero di destra non può starne fuori se davvero vuole preservare i valori della civiltà occidentale o almeno statunitense. Se non gli sparano prima (non ha pendenze giudiziarie e fa paura a molti) ha davanti quattro anni di vicepresidenza o, dal suo punto di vista meglio ancora, quattro anni di semina per la candidatura.
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