Grazie Rrouge

21 Novembre 2011 di Alvaro Delmo

di Alvaro Delmo

Seguiamo Enrico Ruggeri da tempo immemore, precisamente dall’epoca delle nostre scuole medie, ossia quella che spesso tentiamo musicalmente di descrivere, ricordare ma anche attualizzare. La prima immagine che ricordiamorisale al Sanremo 1980 quando, insieme ai Decibel, sorprende critica e pubblico con un look elegante e provocatorio per celebrare una… Contessa. Brano contenuto nell’album Vivo da re, la cui title track è un altro piccolo gioiello che a distanza di trent’anni rimane una sorta di inno per chi fa musica on the road. Da lì a poco Ruggeri sceglie la strada solista e comincia a gettare le basi per una luminosa carriera.
Gli anni Ottanta sono di fatto stati quelli del suo lancio, molto interessanti sotto diversi profili. Una produzione vasta e intelligente e la collaborazione contemporanea a progetti di altri artisti che ne hanno poi fatto uno degli autori più ricercati, capace come pochi di usare la parola come un pennello sulla tela. A questi anni, quelli degli ‘occhiali’, si deve di fatto un viaggio variegato, composto di canzoni dai testi attenti e sagaci frutto di una sconfinata capacità di analisi del mondo che lo circonda. L’esordio solista di Enrico avviene con l’album Champagne Molotov (1981) che darà poi il nome anche alla band che lo accompagnerà per anni e per la quale scriverà anche alcuni bei singoli come C’è la neve e Volti nella noia. Leader degli Champagne è l’amico chitarrista Luigi Schiavone, da sempre vero suo alter ego sul palco così come nella scrittura delle canzoni. Sue infatti le musiche di parecchi successi ruggeriani. Ma torniamo a quel primo album, un lavoro già ricco di spunti che verranno sviluppati ulteriormente in quelli successivi. Le due canzoni probabilmente più note di questo disco sono Senorita e Vecchia Europa, ma a noi piace citare anche Passato, presente e futuro contenente intuizioni come “il presente è sempre qui ma la butto via così e passato diverrà… il futuro inizia qui, il destino va così forse mi accontenterà”.
Con l’album seguente il destino di Ruggeri si fa ancora più luminoso. Stiamo parlando di Polvere (1983), disco nelle sonorità ancora legate al passato dove domina l’enorme e celeberrima title track, ma che trova nelle atmosfere decadenti di Gerarchie e Qualcosa (per prenderti al cuore) altri piccoli gioielli. “Spesso l’amore è un castigo, è il caso che punirà chi non sa rimanere da solo, e grazie ad un’altra soffrire potrà” afferma con decisione nella seconda. E arriviamo al 1984, ancora Festival di Sanremo, quattro anni dopo Contessa. “Ma un telefono suona e tutto ricomincerà che stavolta sia la volta buona, chè il presente scivola già”. E’ Nuovo swing, il colpo di genio di Enrico Ruggeri che, in gara anche con la indimenticabile Sonnambulismo cantata dai Canton, stupisce e percepisce che si può proporre un discorso musicale sofisticato ma nel contempo in grado di stregare il pubblico. Dopo l’intermezzo di Presente, dove ripropone alcuni suoi successi in versione live e altri registrati in studio (tra cui Il mare d’inverno, portata al successo da Loredana Berté), l’anno dopo sforna quindi il suo album più completo dal quale è difficile selezionare una cosa migliore delle altre.
Tutto scorre (1985) è infatti un concentrato di vita, specchio dell’esistenza quotidiana, dove si affrontano un ventaglio di temi: dal futuro alla solitudine, dall’adolescenza alle donne. Le due canzoni più note di questo lavoro sono Il futuro è un ipotesi (“Sì, lo so che starmi accanto molto spesso costa, ma sai quante volte mi costa restarmene qui”) e Poco più di niente oltre a Savoir faire (“Non esiste gioia che la vita ti darà che potrà eguagliare ciò che ti negherà”), ancora un piccolo goiello donato alla Berté. Ma come detto si tratta di una raccolta di 11 (12 nella versione CD) racconti esplosivi nella loro narrazione, un eccellente preludio a quello che sarà poi il primo vero successo commerciale di Ruggeri. Il tutto dopo un altro Sanremo, quello di Rien ne va plus (1986, contenuto nel mini Difesa francese) e del relativo premio della critica.
L’album è Enrico VIII (1986), disco d’oro trainato da Il portiere di notte, un lavoro ‘pensato’, ancora una volta connotato da intelligenti intuizioni e osservazioni. In questo caso ci piace citare Certe donne (“E a te, che non fai guerre qui in quest’epoca feroce, regalo una mimosa e canto con un po’ di voce. Goditi l’invidia della gente o le parole di un perdente che vorrebbe avere te”), La bandiera e La carta sotto. Ormai Enrico è conosciuto e la sua popolarità è destinata a cresce ancora di più grazie al trionfo sanremese del 1987 con Si può dare di più, una canzone di cui è solo interprete insieme a Umberto Tozzi (autore con Giancarlo Bigazzi e Raf) e Gianni Morandi e che venderà enormemente, anche all’estero. E’ anche l’anno di Quello che le donne non dicono di Fiorella Mannoia che lo mette ancora di più in primo piano trainando il tour che verrà poi documentato nel doppio Vai Rrouge. Intanto Enrico prepara il disco successivo che dovrebbe sancirne il definitivo successo.
Nel 1988 esce La parola ai testimoni, lanciato dal singolo La signora del tempo che vola. Un disco considerato minore, rispetto anche a quelli che poi lo seguiranno, ma che invece rappresenta un tentativo importante di mantenere la rotta dopo la sbornia di Sanremo. Il risultato è buono e noi siamo particolarmete legati a Marta che parla con Dio e I ragazzi che volano via. Del resto all’epoca avevamo 17 anni… Il decennio si chiude con un disco principalmente di cover, un progetto ambizioso quello di Contatti, aperto dall’inedito ‘sinfonico’ Che temperamento.
La giusta rampa di lancio per gli anni Novanta quando Il falco e il gabbiano (1990) del cantautore milanese (e nerazzurro) planeranno con tutta la loro forza sul pubblico italiano. Sono gli anni più poderosi in termini di vendite, in primis grazie a Peter Pan (1991) e alla vittoria sanremese di Mistero (1993). Da lì un’altra sfilza di album di qualità, per un autore costantemente prolifico, con l’ultimo uscito lo scorso anno (La ruota). Piccola nota in chiusura: non finiremo mai abbastanza di ringraziare Enrico Ruggeri anche per due piccole perle anni Ottanta come Tenax e Le Louvre interpretate da Diana Est. Grazie Rrouge!

Alvaro Delmo, 3 novembre 2011
(per gentile concessione dell’autore, fonte: Ottanta e dintorni)

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