Cosa rimarrà di Van Basten

10 Luglio 2008 di Alec Cordolcini

1. Cosa rimarrà del quadriennio di Marco van Basten? Le statistiche ci parlano del secondo allenatore più vincente di tutti i tempi sulla panchina della nazionale olandese (il primo, Bob Glendenning, lo supera di una lunghezza, 36 a 35, ma con 87 partite contro 52), la stampa locale invece sentenzia che si è sostanzialmente trattato di una missione fallita. Sono stati quattro anni intensi, pieni di errori, confusione e improvvise retromarce, ma anche di sprazzi di bel gioco, di giocatori valorizzati e di buona personalità nella gestione del gruppo. Tanti applausi ma anche moltissime critiche. Spesso esagerate. La scarsa esperienza in panchina (prima dei tulipani, solo le giovanili dell’Ajax) è valsa a Van Basten l’appellativo di “apprendista allenatore” e “tirocinante a spese della Federcalcio”; le frizioni con la vecchia guardia (Van Nistelrooy, scontro poi rientrato, Van Bommel, Seedorf) gli sono state perdonate a intermittenza, ovvero finché si vinceva l’Olanda era tornata ad essere il “volkelftal”, la squadra del popolo, dove giocavano i più meritevoli indipendentemente da censo e blasone, mentre quando arrivavano risultati mediocri la colpa era di “quell’arrogante dell’allenatore”; il numero di giocatori utilizzati, 54 (con 32 debuttanti), era invece la tassa da pagare ai ritmi del calcio moderno, dove spesso per le amichevoli infrasettimanali si tende a convocare presunte seconde scelte per non scomodare i big e soprattutto non dar luogo a stucchevoli tira e molla con i rispettivi club di appartenenza (per giocare in giugno contro la Thailandia è più facile chiedere Slory al Feyenoord che non Robben al Real Madrid). Il rendimento è stato inevitabilmente alterno, ma non disastroso. La qualificazione a Germania 2006 è arrivata in carrozza (zero sconfitte nel girone), mentre il torneo è stato altamente deludente. Viceversa a Euro 2008 i tulipani sono arrivati sull’onda di gioco scadente e involuto, disputando però una fase di finale di notevole spessore ed uscendo a testa alta. Non abbiamo capito la scelta di inserire Afellay nel quarto contro la Russia, né le ondivaghe decisioni sul modulo da adottare (4-3-3, 3-4-3, 4-3-1-2, infine il 4-2-3-1) durate un anno intero, però le ultime vittorie contro Italia e Francia non verranno facilmente dimenticate. Era dal 2000 che l’Olanda non disputava un torneo internazionale in maniera così convincente. Meglio di Advocaat, di Van Gaal e, sulla distanza, anche di Rijkaard. Pertanto sufficienza piena per l’ex Cigno di Utrecht.
2. Il borsino dei giocatori dopo l’Europeo. Quotazioni in crescita per Nigel de Jong, autore di un torneo eccellente nel ruolo di mastino davanti alla difesa, più continuo e determinato del compagno di reparto Engelaar, rapidamente spentosi dopo l’esordio con il botto contro l’Italia. Jolly tatticamente duttile ma spesso incolore e insapore, sia con l’Ajax che nell’Amburgo, De Jong ha sfoderato una grinta e uno spirito di sacrificio da grande giocatore, proponendosi quale interprete maturo in un ruolo particolarmente delicato per gli equilibri della nazionale oranje. Trend positivo anche per Khalid Boulharouz, vero e proprio Lazzaro d’Olanda, calcisticamente resuscitato da Van Basten dopo due terribili stagioni con Chelsea e Siviglia, e Wesley Sneijder, finalmente leader a tutto tondo della squadra e sempre l’ultimo ad arrendersi. Il lavoro sporco che deve sobbarcarsi a Madrid gli ha fatto indubbiamente bene. Positivo anche Van der Sar, il cui probabile ritiro sta facendo correre brividi lungo la schiena di migliaia di tifosi oranje, e l’intero reparto offensivo (Van Nistelrooy non ha bisogno di presentazioni, Kuijt ha offerto la solita straordinaria quantità, Robben e Van Persie sono riusciti a lasciare il segno pur in condizioni fisiche altamente precarie, Huntelaar ha risposto presente, trovando il gol nell’unica volta in cui è stato chiamato in causa), con l’esclusione di Rafael Van der Vaart. Proprio da lui parte la classifica delle delusioni; ancora una volta l’enfant prodige di Amsterdam si è rivelato troppo tenero per questo tipo di competizioni, e questa volta non c’è nemmeno la scusa di aver giocato in un ruolo non gradito. Dopo Portogallo 2004 e Germania 2006, ecco un nuovo flop, e tre indizi fanno una prova. Limiti “internazionali” che non sono nuovi nemmeno per John Heitinga, anche se al neo-acquisto dell’Atletico Madrid è stato concesso un minutaggio ridotto. Ma una volta in campo, Heitinga ha dato ragione al proprio ct Van Basten, che nei ballottaggi per i ruoli di terzino destro e difensore centrale gli ha preferito rispettivamente Boulharouz e Ooijer. Maluccio anche Mathijsen, evidentemente arrivato al grande appuntamento spremuto da una stagione molto intensa (dei 23 convocati era il giocatore con più minuti nelle gambe). Una stagione che però non ci ha mai riproposto il Mathijsen degli anni all’Az o del primo campionato nell’Amburgo. Van Bronckhorst infine ha iniziato benissimo e concluso male, promettendo tantissimo e mantenendo poco. Un po’ lo specchio della propria carriera.
3. Terminato un bel campionato europeo, prima dell’inizio della nuova stagione ci attende un mese abbondante di Grande Nulla, ovvero di calciomercato. Dove il confine tra realtà e finzione diviene anno dopo anno più sottile, fino a diventare invisibile. Qualunque giornalista mediamente informato sarebbe in grado di riempire una o più cartelle di pure invenzioni. Potremmo scrivere che la Perfetti-Van Melle, società produttrice di caramelle e gomme da masticare (Broolyn, Morositas, Daygum, Golia, Frisk, Big Babol, ecc.) con sede a Breda e Rotterdam, è vicinissima all’acquisto del Nac con l’intenzione di far diventare la società giallonera il quarto club d’Olanda, e avrebbe già messo a disposizione una considerevole somma per rinforzare la rosa con acquisti importanti e in cerca di rilancio quali Andy van der Meyde, Nicolae Mitea e Collins John. Potremmo parlare della clamorosa trattativa in corso tra Jimmy Floyd Hasselbaink e il Psv Eindhoven dopo che al giocatore non è stato rinnovato il contratto dal Cardiff. Il club della Philips è infatti alla ricerca, su precisa direttiva del tecnico Huub Stevens, scontento del poco spessore in campo internazionale del duo Lazovic-Koevermans, di un attaccante di comprovata esperienza per la Champions. Potremmo infine parlare di come l’Omniworld, club di Eerste Divisie della città di Almere, intenda cambiare dalla stagione 2009-2010 la propria ragione sociale in Zwarte Schapen, Pecore Nere, in quanto secondo la dirigenza l’attuale denominazione susciti scarso appeal tra i tifosi, i giocatori e gli sponsor, tanto da mettere i bastoni tra le ruote all’ambizioso progetto di diventare una sorta di all-star dei settori giovanili olandesi. Il presidente Renè ter Borgh aveva presentato ai principali club di Eredivisie la proposta di “svezzare”, dietro contratti di prestito, alcuni dei loro giovani talenti in un campionato professionistico quale la Eerste Divisie piuttosto che costringerli a fare la spola tra la panchina (o la tribuna) della prima squadra e la selezione Jeugd. Un’idea che per ora ha accettato solamente il Psv Eindhoven con il trasferimento di Genero Zeefuik. Tre notizie, due mega-bufale e una con un fondo di verità. Il Grande Nulla.
4. E’ tutto vero invece quello che sta accadendo a Enschede, dove c’è il forte rischio che qualcuno si stia montando un po’ troppo la testa. Va bene l’euforia per la storica qualificazione ai preliminari di Champions League (che poi però andrebbero vinti), ma non sono pochi i tifosi tra i quali serpeggia il dubbio che si stia tentando di fare il passo più lungo della gamba. “L’ingaggio di Steve McClaren come allenatore è la piena dimostrazione di tutte le ambizioni del Twente”, ha dichiarato raggiante il presidente dei Tukkers Joop Munsterman. Ecco appunto, proprio questo è il problema. Non si intendono discutere le capacità professionali di McClaren, reduce però da una disastrosa esperienza sulla panchina della nazionale inglese, ma il suo spirito di

adattamento sì. Se è sbarcato ad Enschede con l’idea di insegnare il calcio a quattro brocchi, allora siamo assolutamente fuori strada. Il fatto che abbia annunciato un mercato fortemente orientato alla Premier League (ha parlato di Paul Robinson e Peter Crouch, quest’ultimo poi prevedibilmente finito al Portsmouth) non è un buon segnale. E’ chiaro che il tecnico non conosca bene la materia con la quale dovrà operare. Finora sono arrivati due elementi di sostanza, Theo Janssen e Tiotè, ma hanno fatto le valigie due colonne della squadra quali El Ahmadi ed Engelaar. Non vorremmo vedere il Twente perdere la propria tipica genuinità da provinciale alla ricerca di un internazionalismo che non appartiene al proprio dna. Forse siamo troppo pessimisti, ma non abbiamo alcuna voglia di leggere l’ennesima storia di un club modello-Icaro bruciato dalle proprie illusioni. Non vogliamo un altro Vitesse.
5. Da grandi estimatori di Co Adriaanse non possiamo che gioire al debutto ufficiale del suo Red Bull Salisburgo nel campionato austriaco. Un 6-0 al Mattersburg (firmato Tchoyi, Mahop, Janko – tripletta – e Nelisse) che ha esaltato ambiente e stampa, già pronta a celebrare l’attraktiven Offensivfussbal del tecnico olandese. Uno con il carattere d’acciaio (per questo ha fallito all’Ajax e non è più stato chiamato da un grande club) ma con le idee chiare, che ha saputo regalare in carriera scampoli di autentico calcio d’autore, sempre propositivo e capace di valorizzare al meglio le qualità dei singoli giocatori (Diego l’unica eccezione). Per informazioni chiedere ai tifosi di Willem II, Az Alkmaar (una eliminazione all’ultimo minuto del secondo tempo supplementare nella semifinale di Uefa contro lo Sporting Lisbona che grida ancora vendetta) e Porto. Poi gente come Dick Advocaat ha vinto più di lui, ma così gira il mondo. Noi utopisti del bel calcio ci accontentiamo di spettacoli quali quello andato in scena l’altra sera alla Red Bull Arena.
6. Gli olandesi sono maestri nell’inventarsi formule bizzarre riguardanti le competizioni calcistiche, basti pensare alla loro lunga tradizione in materia di play-off e nacompetitie (gli spareggi promozione-retrocessione proposti in varie salse). Eppure all’idea dei punti bonus non ci erano mai arrivati. Tale formula, applicata tre anni fa al campionato di Challenge League (la Serie B svizzera) ci è stata illustrata da alcuni colleghi ticinesi nel corso di una cena post-Europeo. Si tratta di un normale girone con incontri di andata e ritorno nel quale però le stesse squadre si incontrano per due giornate consecutive nelle quali, oltre ai normali punti per la vittoria o il pareggio, alla vincente dello sconto diretto viene assegnato un ulteriore bonus di due punti. Facciamo un esempio: durante la prima giornata Heerenveen-Groningen finisce 3-1, alla seconda Groningen-Heerenveen termina 4-0. L’Heerenveen riceverà pertanto tre punti (la vittoria casalinga), il Groningen cinque (la vittoria più il bonus per lo scontro diretto). In caso di parità assoluta si calciano direttamente i rigori per decidere a chi assegnare il bonus. Un regolamento forse troppo Giochi Senza Frontiere, però intrigante.
7. Radio Olanda interrompe le trasmissioni, ringraziando il Direttore per lo spazio concesso e tutti coloro che sono intervenuti o hanno solamente avuto la pazienza di leggere la rubrica. Chiudiamo con una piccolo spot auto-promozionale. Entro fine anno l’editore Bradipolibri pubblicherà un libro scritto dal curatore di questa rubrica, dal titolo “La Rivoluzione dei Tulipani – Storie e personaggi di 100 anni di calcio olandese”. Da Cruijff a Van Hanegem, da Abe Lenstra a Van Basten, da Blanker a Krol fino alla rivalità Ajax-Feyenoord, e molto altro. Radio Olanda è nata proprio da questo libro.

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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