C’era una volta Bosman

29 Maggio 2007 di Alec Cordolcini

Mediocri di tutto il modo unitevi, e se non ce la fate a conquistare uno spicchio di fama su un campo da calcio potete sempre tentare la via dei tribunali. Jean Marc Bosman, oggigiorno più conosciuto di un Paul Van Himst o di un Erwin Vandenbergh qualunque, ne è l’esempio eclatante, ma altri sono pronti a calcare lo stesso palcoscenico. Tra questi rischia davvero di fare il botto lo scozzese Andrew Webster, 25enne difensore dei Rangers Glasgow (dove è in prestito dal Wigan) recentemente sanzionato dalla FIFA con una multa di di 625mila sterline (più una squalifica per i primi due incontri ufficiali della stagione 2007-2008) da pagare all’Heart of Midlothian, per risoluzione senza giusta causa del contratto che lo legava al club di Edimburgo. Ma quella che per Webster può apparentemente suonare come una sconfitta costituisce in realtà un precedente destinato ad aumentare ancora di più il potere contrattuale dei giocatori nei confronti dei club. E chi finirà con il rimetterci, come è già accaduto con la sentenza-Bosman, saranno le società meno facoltose ed i club dei campionati cosiddetti minori. Quelli per intenderci che per rimpinguare i propri budget non possono contare sui diritti televisivi, in quanto assenti o troppo miseri. Vediamo brevemente perché.

Nell’aprile dello scorso anno Webster, all’epoca giocatore dell’Heart of Midlothian, viene messo fuori squadra dal presiedente dei Jambos, il controverso uomo d’affari lituano Vladimir Romanov. Con l’accusa di volere forzare, di concerto con il proprio agente, le trattative per il rinnovo del contratto, la cui scadenza sarebbe prevista per il giugno 2007. Webster rifiuta la “punizione” e decide di risolvere unilateralmente il contratto appellandosi, primo giocatore nella storia del calcio, all’articolo 17 del regolamento FIFA. Tale articolo, nato da un compromesso tra FIFA, FIFPro (Federazione Internazionale Calciatori Professionisti) e Unione Europea in materia di libera circolazione dei lavoratori comunitari nell’ambito della Comunità Europea, prevede la possibilità per un calciatore di recedere dal contratto che lo lega ad una società calcistica dopo tre anni di effettivo servizio presso la stessa, o dopo due se il soggetto in questione ha più di 28 anni d’età. Sul calciatore gravano tre obblighi: comunicazione alla società della propria intenzione di recesso entro quindici giorni dall’ultimo incontro giocato con la maglia del club, divieto di trasferimento in una squadra dello stesso campionato nei dodici mesi successivi, pagamento di un indennizzo alla vecchia società di appartenenza.

Nel settembre 2006 Webster si è trasferito al Wigan, Premier League inglese, salvo tornare in Scozia dopo soli quattro mesi per vestire, in prestito, la maglia dei Rangers Glasgow. Inutili le proteste di Romanov, parzialmente sconfitto anche in tribunale; la sua richiesta di indennizzo pari a 5 milioni di sterline è stata infatti rifiutata dalla Dispute Resolution Chambers (DRC), la commissione di arbitrato della FIFA, che ha stabilito in 625mila sterline la cifra che Webster (o il Wigan o i Rangers, su questo punto c’è ancora parecchia incertezza) dovrà pagare agli Hearts. Ma ormai il precedente è stato creato, facendo segnare un nuovo punto a favore del potere contrattuale dei giocatori e dei club più danarosi. Uno Sneijder, un Lampard o un Gerrard oggi potrebbero chiedere l’applicazione dell’articolo 17 e rescindere il proprio contratto rispettivamente con Ajax, Chelsea e Liverpool; l’indennizzo poi potrebbe anche pagarglielo il Real Madrid o l’Inter di turno, ai quali costerebbe comunque meno che trattare direttamente la cessione con il club del giocatore. Molte società si proteggono inserendo penali per rescissione o, come nel caso dell’Ajax, clausole che vietano ai giocatori di intavolare autonomamente trattative con altri club o chiedere ritocchi di stipendio, ma in quest’ultimo caso ci si trova, secondo alcuni esperti in materia, ai limiti del giuridicamente consentito. Dopo Bosman, Webster. E noi che pensavamo che la storia del calcio la scrivesse Kakà…

Alec Cordolcini
wovenhand@libero.it

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