Economia da bar
Venga a fare uno stage da noi
Stefano Olivari 07/09/2012
Amiamo la tecnologia, dal lato dell’utilizzatore, ma non abbiamo bisogno di fare marchette perché l’unico telefono e i due computer che usiamo li abbiamo pagati con i nostri soldi. Tutti gli altri prodotti di cui parliamo li prendiamo in prestito (a scrocco) da altri utilizzatori, buona parte dei quali ne entra in possesso al primo giorno di uscita. Per questo ci piace ogni tanto scrivere di Foxconn e delle sue prodezze, un’azienda che allo sfruttamento capitalistico intensivo aggiunge diverse situazioni paradossali. Due su tutte. E’ l’azienda che produce, in Cina, gli iPhone per conto di Apple e cioé la società con la più alta capitalizzazione di Borsa del mondo oltre che orgoglio dell’economia americana e dell’America stessa per tutto giò che rappresenta (l’outsider che inizia in un garage, il sogno, eccetera). Ma soprattutto mette d’accordo la Cina e Taiwan, che in Cina (a Shenzen, non lontano da Hong Kong) ha la sua fabbrica più importante con un numero di lavoratori che varia a seconda dei cicli produttivi ma che mediamente è sulle 300mila unità. E con il lancio dell’iPhone 5, è alla ricerca di ulteriore manodopera… Foxconn non lavora solo per conto di Apple, ma anche di Sony, Microsoft (per la XBox) e di tanti altri, al punto che quasi metà della produzione mondiale di componenti elettronici può essere ricondotta a questa multinazionale. Tornata al disonore delle cronache, dopo la vicenda dei suicidi a catena fra i dipendenti causati dai ritmi da prima rivoluzione industriale, per un fatto che ci eravamo persi e che abbiamo preso per la coda. Parliamo delle migliaia di studenti costretti, riferisce lo Shangai Daily (che meriterebbe un discorso a parte, come tutta la stampa in lingua inglese dei paesi totalitari), a stage forzati (traduzione: lavori forzati), dalle loro scuole. Con le autorità della città di Huaian, da dove provengono, che hanno recitato due parti: da un lato hanno ‘invitato’ le scuole a sospendere lo stage, dall’altro hanno ‘permesso’ di rimanere alla Foxconn i ragazzi desiderosi di farlo. In questo caso il loro compenso passerà dai 50 euro al mese dello stage (sì, state pensando che in Italia gli stage vengono pagati zero e che la FoxConn siamo noi) ai 200 di un operaio fatto e finito. E quindi? Chi sdottora sulla ‘perdita di competitività del sistema Italia’ può prendere come modello la vituperata Germania, ma non certo la Cina. E quindi bis? La libertà di circolazione delle merci, fra paesi con sistemi politici diversissimi, porta dritti verso lo schiavismo per conto terzi. Da condannare, ma fuori dall’ipocrisia anche inevitabile visto che senza Apple e Sony il futuro di quei trecentomila non sarebbe certo luminoso.