Un negraccio di trentanove anni

4 Giugno 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

Nei commenti alle scorse puntate si è parlato di leggende che resistono anche all’evidenza di registrazioni audio-video. Fra queste il ‘negraccio’ di Nicolò Carosio pronunciato all’indirizzo di un guardalinee etiope, Tarekegn, durante la telecronaca di Italia-Israele a Mexico 1970. Episodio di cui ha parlato anche Massimo De Luca nell’ultima Domenica Sportiva. Peccato che lo storico giornalista (part time, visto che era un dipendente della Shell) dell’Eiar (sua la prima radiocronaca calcistica, nel 1932, un derby di Torino) prima e della Rai poi quel termine non l’avesse mai pronunciato. Abbiamo visto più volte la parte incriminata, quella del gol di Riva annullato per fuorigioco, notando ‘solo’ come Carosio avesse più volte chiamato Tarekegn ‘l’etiope’ in tono sprezzante e, se vogliamo proprio pensare male, colonialista. Ma fra avere un tono sbagliato e dire ‘negraccio’ c’è un oceano di differenza. Il collega Pino Frisoli è andato moltissimo oltre: presso la TSI (la Svizzera) è riuscito a vedere tutti i 90′, mai trasmessi da allora in forma integrale, e li ha raccontati nel suo blog. Nemmeno qui tracce di ‘negraccio’ e al di fuori di quelli usati per l’episodio di Riva nessun tono sbagliato. Tanto che alla fine della partita Carosio diede la colpa dello zero a zero di Toluca alla sfortuna. Insomma, un passaparola cialtrone che portò alla sostanziale cacciata di Carosio dalla Rai, dove era malvisto in quanto troppo antico e retorico (per non dire fascista) ed alla sua sostituzione immediata con Nando Martellini per le partite degli azzurri: nel 1971 l’ultima performance del siculo-inglese con l’emittente di Stato. Siamo a favore della storia ma anche contro la mitizzazione: lo stile di Carosio non era granché (ascoltate il racconto del gol della vittoria nella finale del 1934), il ritmo non esisteva e la conoscenza dei giocatori era appena sufficiente. Al suo confronto i principali telecronisti Rai di oggi sono dei giganti. Però dopo decenni di trionfi bene o male raccontati non merita di essere ricordato per una parolaccia, oltretutto mai detta.
stefano@indiscreto.it
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