Sofri come Carlo Conti

24 Giugno 2015 di Stefano Olivari

Il mandante di un omicidio, riconosciuto tale da una sentenza passata in giudicato dopo sette (!) gradi di giudizio, consulente per la riforma del sistema carcerario italiano ci mancava. Ma forse l’operazione Sofri (finita sul nascere, con l’intelligente passo indietro di Sofri stesso) è stata soltanto un’abile mossa del Governo, nella persona del ministro della Giustizia Orlando, per distogliere l’attenzione dalla nomina di Evelina Christillin a presidente dell’ente italiano per il turismo. È comunque divertente come buona parte della classe giornalistica, non soltanto quella che ha l’età per aver vissuto Lotta Continua e cose simili, si stia arrampicando sugli specchi per giustificare il ritorno in pista di un personaggio abile nel trovare sponde da più parti, visto che il garantismo nell’accezione italiana del termine, cioè nella sostanza di giustizia di classe, piace molto (per evidenti motivi) anche ai media berlusconiani. L’argomentazione principe di questi avvocati mediatici è che chi ha scontato la propria pena sia esattamente un cittadino come gli altri. È verissimo giuridicamente, ma certo non dal punto di vista dell’immagine e del segnale che si vuole mandare. Conosce molto bene il carcere anche chi ci è stato ingiustamente, magari in maniera preventiva, non mancherebbero quindi in Italia potenziali consulenti del ministero magari anche con una cultura superiore a quella di Sofri. Ma il punto non è questo, perché un altro ex galeotto anche per reati ugualmente spregevoli non avrebbe causato negli italiani di una certa età le reazioni (favorevoli o contrarie) che ha causato Sofri, che i più giovani conoscono al massimo come il suocero di Daria Bignardi. Perché quindi Sofri è diventato un feticcio, più di una persona o di un caso giudiziario controverso? La nostra risposta, cioè di chi Lotta Continua, nel senso del giornale (che non sempre coincideva con la visione dei suoi leader politici: infatti spesso è stato diretto da ottimi giornalisti, come Mughini e Deaglio), lo ha giusto visto in edicola da bambino nella fase post-Movimento del ’77, è al solito banale: da un lato Sofri è amico personale del Gad Lerner o del Michele Serra di turno, dall’altro al borghese di sinistra al di fuori del sistema politico o mediatico ricorda in ogni caso i migliori anni della propria vita più di quanto non li ricordi il proletario Leonardo Marino e meno che mai il commissario Calabresi. La solita sbobba generazionale, insomma: c’è chi si emoziona con gli ospiti di Carlo Conti e purtroppo c’è anche chi si emoziona con Sofri.

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