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Anni Ottanta

Regalo di Natale, per gli auguri a noi stessi

Paolo Morati 11/12/2014

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Regalo di Natale, capolavoro di Pupi Avati e del cinema italiano in generale, può essere considerato un film natalizio? Certamente sì, pur non essendo buonista e sentimentale, ma realista e cinico. Anzi proprio per questo lo è ancor di più se pensiamo al Natale come un giorno che dovrebbe essere di festa e fede (per chi ci crede) manifestandosi invece talvolta come l’occasione commerciale dell’anno, nonché l’amplificazione delle solitudini e delle ipocrisie. E allora diventa ancora più amara la serata dei protagonisti Franco, Ugo, Lele, Stefano e l’avvocato Santelia riuniti, tra rancori e doppi giochi, per spennare il ‘pollo’ di turno, tra loro designato ma imprevisto.

A Natale di fatto ci si dovrebbe ritrovare sì attorno a un tavolo, che sia imbandito in compagnia dei parenti oppure misero e solitario, tra 24 e 25 dicembre (e c’è anche chi viaggia in aereo proprio quella notte per andare in vacanza potendo spendere meno). Ma che quel tavolo sia destinato all’azzardo con le drammatiche conseguenze che questo porterà a tutti tranne che forse al vincitore, mettendo in piazza le debolezze e le finte certezze di ciascuno, è la trovata triste e speciale di un film uscito nel 1986 (il seguito di diciotto anni dopo non lascerà lo stesso segno) che vide lo sdoganamento di Diego Abatantuono (fino ad allora poco considerato per le figure ‘colte’) inserito in un indimenticabile cast di interpreti di primo piano: Gianni Cavina, Alessandro Haber, George Eastman e Carlo Delle Piane – capaci di caratterizzare al meglio le storie singole e lo svolgimento della partita della vita, interrotta solo dai flashback di un passato origine e causa del presente. E che alla fine è la parte meno interessante dell’insieme.

Regalo di Natale non apre pacchetti, non suona trombe e organi, è un film umido e che sa di fumo, lento, costruito sui dialoghi, gli sguardi, le smorfie e i respiri, l’adrenalina. Imbroglia le carte da gioco e le rimette sul tavolo insieme alle fiches, innervosisce e costringe a parteggiare per qualcuno nel modo più inaspettato. Nella sua malinconia è il film natalizio perfetto, dell’altra faccia della festa, che ti fa riconciliare con la realtà quotidiana, mettendo tutti sullo stesso piano davanti alle scelte inevitabili, all’orgoglio che alla fine ti fa perdere e a riflettere su chi ti sta intorno. Certo, non è la classica pellicola dal lieto fine, scanzonata od emozionale, e ci aspettiamo da un momento all’altro di poter vedere nei palinsesti Una poltrona per due e finanche l’amatissimo e spudorato Vacanze di Natale. Ma quello è un altro cinema, è fantasia e distrazione. La realtà è invece un’altra gara dell’animo umano che la cinepresa (e la penna) di Avati ha magnificamente filmato in tutte le sue sfaccettature. Da vedere e rivedere prima di fare gli auguri, agli altri e soprattutto a se stessi.

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