Il modello Klay Thompson

15 Settembre 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni sottobraccio a James Harden, geniaccio degli Houston Rockets, lungo le strade di Vicetia, la Vicenza palladiana dove soltanto lui potrebbe capire questo indimenticabile viaggio di due settimane nel mondiale di basket così come ce lo ha servito Sportitalia, viziandoci, portandoci alla pericolosa videodipendenza verso chi ti sembra amico, fratello in armi sportive. Con lui che si è visto quasi tutto della fiesta spagnola finita con Orenga nella parte del povero toro e la sua squadra da sogno infilzata da picadores crudeli, ma capaci, come quelli francesi, abbiamo voluto attraversare la città che da dicembre a giugno ci regalerà ‘La sera e i notturni’: dagli Egizi, al Novecento, da Tutankhamon (interpretato dal santone di Duke, quello che la banda di SI considera il favoloso coach Key), a Caravaggio, sicuramente Irving, per finire a Van Gogh, il nostro Sasha Djordjevic.

Addio mondiale bello. A qualcuno non piacevano certe partite, in effetti non tutte belle, non tutte godibili, ma noi, dal primo giorno siamo stati dalla parte del Pino Sacripanti che una sera, durante la telecronaca, si è confessato: “Bello, brutto, affascinante, depirmente, ma io vorrei che questa partita (mi sembra fosse un Serbia-Francia) andasse avanti tutta la notte, perché solo in queste atmosfere respiri la vera tensione agonistica, ti godi lo sport che hai scelto”. Oh, dai, il Pino che si è avventurato in un discorso così elaborato. Beh non ha detto proprio così, ma lo abbiamo capito e siamo sicuri di averlo anche interpretato per il meglio.

Cara gente adesso si torna nella stalla dei farisei di casa nostra, alle parole sussurrate quando si dovrebbe urlare perché il Valli che propone una Virtus Bologna nuova non può cavarsela, dopo il meno 46 contro Cremona, dicendo che “Spera di non vedere più una Virtus così brutta”. Calci in culo no?.

Si torna al brusio e alla confusione Rai, basket da condividere nella speranza che nessuno vada al tie break, dal tamburello el calcetto. Si torna a casa nostra, quella dove Petrucci non perde un giorno ed una intervista per farci sapere che il domani di Azzurra è l’unica cosa che conta, per ammonirci su questa mania di vedere il meglio soltanto nei giocatori stranieri. Dal mondiale le sue spione lo hanno informato che esiste una categoria di giocatori a buon mercato che qui non avremo mai se dovessimo ragionare come tanti dirigenti periferici del sistema, se dovessimo valutare tutto sulla gestione tecnica e mentale di certi giocatori. Caro presidente dovrebbe camminare per qualche contrada cercando di capire che non bastano le buone intenzioni, che non ha senso svenarsi se il caso ti regala un canale digitale e satellitare pronto a ricevere bene i primi che busseranno in umiltà, se poi ci si scontra con la dolorosa ottusità quotidiana.

A Milano, domenica scorsa, si sono giocati due piccoli tornei giovanili nel ricordo del maestro Mario Borella e del barone Sales. Campo della Canottieri Milano, in Alzaia Naviglio Grande, una società storica che il presidente Brugola, ex cestista di scuola Olimpia, uomo geniale e creativo, fa vivere bene, anche se ogni giorno sembra più difficile imporre l’attività agonistica in una città dove, con questa sbornia dell’EXPO, sapete cosa hanno deciso di fare? Be’, togliere l’acqua dal Naviglio davanti al pontone della società che ha fortissimi canottieri, acqua torbida che serve tante società tipo Canottieri o, magari, San Cristoforo (no, l’Olona pensa ad altro). Motivo? Lavori per migliorare in vista della grande “esposisiun”. Cari Pisapia e assessori vari, andate su quel Naviglio e guardate come pulsa la vita sportiva di una città.

Dunque il torneo che Cappellari ha messo in scena per ricordare maestri neanche suoi, ma di tanti amici cominciando dal Sandro Gamba che non manca mai alle celebrazioni di chi è stato davvero maestro, per non dimenticare un grande come Sales assistente del nostro Spartaco nelle glorie di Nantes e Mosca. Bambini in festa. Arbitri? Impossibile averli senza passare dal buco della serratura dei regolamenti con ragnatele. Peggio della risposta misera del comitato di zona. Il torneo si è fattto lo stesso e bisogna dire che i due giocatori ingaggiati per dirigere, insegnare ai ragazzi, sono stati meravigliosi perchè hanno permesso ai protagonisti di giocare e divertirsi davvero senza tanti fischi a pene di segugio per fermare il gioco e sfogliare un regolamento da ottusi.

Ha vinto il San Pio X sulle ragazze del Geas fra le donne, mentre il torneo maschile è andato alla Pallacanestro Milano che ha battuto in finale la Canottieri dopo aver eliminato l’Armani presentatasi con una squadra di ragazzini più giovani rispetto agli altri contendenti. Volete saperne una bella? Lo diciamo a Petrucci, al suo presidente regionale, alla signora Bisconti che si occupa di sport e tempo libero a Milano. Dunque la Pallacanestro Milano, più di ottanta ragazzi in attività, è riuscita ad avere una palestra scolastica che poi ha contribuito a migliorare, rendere agibile. Tutto a posto per una stagione che si inizia? No. Colpa del solito bidello scontroso e prepotente? Forse. Ma la cosa buffa è che la palestra esiste, ma per cavilli burocratici non si riesce ad assegnare l’appalto per poter installare i canestri. Sono utili i canestri per chi gioca a basket? Sì, anche se molti dei nostri giocatori odiano la struttura e costringono i loro cantori a confessare che il canestro sputa palloni tirati con tale tensione che al contatto del gelido ferro se ne scappano via. Morbidezza, elasticità, fondamentali completi, come vi direbbe Klay Thompson il giocatore degli Stati Uniti che ci ha colpito di più: il suo gesto tecnico, quel modo di stare nella mischia erano meravigliosi. Non sarà il più fenomenale degli uomini d’oro, dei marziani Iuessei, ma se c’è un modello da mostrare anche oggi a chi inizia è proprio questo ragazzo taciturno di Los Angeles che ha studiato a Washington State, figlio del grande Michael, stella nascente dei Golden State Warriosr, un classe ‘90, 201 centimetri che gioca dove lo metti, senza farsi tante seghe mentali come certi ragazzotti di casa nostra.

Sapete perché alla Pallacanestro Milano non protestano, non avrebbero voluto rendere pubblica questa cosa incredibile? Paura di rappresaglie amministrative, burocratiche. Hanno ragione. Forse è di queste piccole-grandi cose che dovrebbe occuparsi una Federazione sollecitando l’elasticità mentale dei suoi gabellieri di provincia che giurano di lavorare tutto il giorno, ma non essendo sui campi, sicuramente all’oscuro della vita grama di tante piccole società che in comitato non hanno neppure il coraggio di presentarsi.

Le pagelle del mondiale ci stanno prima che la Lega ci strangoli con le sue notturne e vi dicaimo subito che stringiamo in un abbraccio quasi paterno tutti quelli che hanno trasmesso il loro entusiasmo da via Belli, zona tormentata di viale Padova a Milano, anche ai cultori della “perfetta parità” come se ne ce ne fosse una imperfetta, nella speranza che sotto la spinta di Virginio Bernardi trovino una soluzione per offririci il Lombardia desiano di fine settimana. In questa fiesta mobile, dove abbiamo sentito la differenza dal mondo che si è creato in Spagna, peccato il flop degli hombres non vertical che vestivano la sua maglia, abbiamo trovato, finalmente, sintonia con Attilio Caja. Che avrebbe davvero avuto molto da dire e raccontare a Franco Grigoletti quando siamo andati a trovarlo nella sua bellissima Amblar, dove Franca non lo dimentica mai, come tentiamo di fare anche noi, dove la signora sindaco sembra sfinita da una bella battaglia nel nome della comunità montana che dirige da due mandati. Caja avrebbe potuto presentare al Grigo un bell’elenco di “palle lesse mondiali”, lui li ha individuati quasi tutti quelli con la faccia sbagliata del tipo che se viene in Nazionale ti fa un piacere. No. Meglio Azzura Tenera di Capodistria, meglio chi ha fame, dai Rosselli a Pascolo, di tutto il circo mediatico organizzato dagli agenti compiacenti, pericolosi come gli arbitri casalinghi, letali come i genitori che fingono di guardare con distacco le prove dei loro piccoli principi, ma poi rompono tutto come elefanti in cristalleria.

Dunque pagelle dell’anima fra la Basilica Palladiana, palazzo Chiericati, il teatro olimpico e la chiesa di Santa Corona dove prega ancora il Concato unico legame della grande storia di basket femminile vicentina con quella di oggi.

10 A SPORTITALIA per aver servito davvero gli appassionati di basket con i suoi telecronisti entusiasti. Bella partenza, qualche esagerazione a metà viaggio, finale fatto bene, con una squadra di opinionisti che ci ha fatto capire bene come non tutto quello che si dice merita di essere considerato frutto di vera competenza. Tanti personaggi in cerca d’autore, molti lo hanno trovato.

9 A COLLET e DJORDJEVIC che ci hanno dimostrato quanto siamo stupidi andando dietro al pregiudizio. Dicevamo a Sasha che era davvero presuntuoso quando a Trieste non ci ha risposto sulle date del mondiale che avevamo perso nella memoria: “Per me i giochi cominciano il 7 settembre, non importa il girone di qualificazione, risintonizzati su di noi quella domenica”. Ci abbiamo riso tanto anche con Bodiroga. Sapete come è andata. Collet? Quanti soloni hanno detto che senza Parker, con molti assenti, molti più dei nostri e di tante altre squadre, non sarebbe andato lontano. È stato bravissimo e la Francia è una sua creatura. Sua e del magnifico Boris Diaw che predica basket come un vero genio della lampada, lui con madre campionessa di basket e padre grande saltatore in alto. Ci è piaciuto anche per come portava a spasso quel fisico non proprio da Bolle, ma col grasso giusto, dove conta, lasciando il cervello sempre libero, caro Boni.

8 DIAW e IRVING, il meglio del mondiale, anche se barba Harden ci ha stregato, anche se questa squadra americana ha dimostrato che si può essere marziani senza essere sbruffoni, che si può fare squadra anche con uomini abituati alla crudele vita della NBA. Merito dell’uomo kappa (non poteva scegliere un bel nome d’arte il polacco di Duke?) che ha fatto crescere come uomini ragazzi abituati a vivere molto sopra le righe delle tempeste che fanno drizzare il pelo ai segugi delle balotellate o cassanate.

7 Al TEODOSIC che per troppo tempo avevamo scambiato come quei giocatori che Nikolic considerava i veri tormenti di un allenatore: tanto latte pregiato e poi un calcio al secchio. Messina la pensa così. Altri che hanno amato il bel tenebroso non sono dello stesso parere, ma qui viene fuori il capolavoro Djordjevic che alla Serbia ha parlato come si deve fare con i cavalli bizzarri. Sussurrando la parola giusta: orgoglio, dignità, gruppo.

6 Alla SLOVENIA per essere andata oltre le sue qualità reali, alla GRECIA che ha conosciuto l’amarezza dopo aver ritrovato il senso della squadra e del gioco senza accorgersi che la Serbia era pronta solo da quel giorno.

5 Alla FIBA vascolarizzata dalle manie per gli orpelli e non per le cose concrete come abbiamo visto nella gestione degli arbitri e, badate bene, non lo diciamo perché ci hanno negato l’italiano Lamonica nella finale, ma proprio per questa mania di essere ecumenici e coinvolgere tutti che snatura il mondiale. L’Olimpiade può essere ecumenica, al mondiale dovrebbero andare i migliori.

4 Agli STATI UNITI per averci fatto capire in maniera definitiva che il loro mondo è altrove. Sappiamo bene come se la rideranno Tranquillo, Oriani, tutti quelli che considerano la NBA l’unica vera fonte come ci ha purtroppo confessato l’amico Aquari, ma se avranno pazienza si renderanno conto che è da squadre come questa che tutti impareranno qualcosa di più, non davanti al fenomeno inavvicinabile. Insomma ci ha dato più Bird di Lebron James, Magic Johnson di tanti altri che oggi guadagnano miliardi e non li meritano.

3 Alla CROAZIA che è stata davvero l’unica della vecchia scuola slava a non pretendere passione dai suoi giocatori. Repesa ha tentato e sbagliato tanto, ma lui, come Djordjevic, credeva che alla fine ci sarebbe stata l’unione nel nome della sacra scuola. Non è accaduto e loro hanno fatto una figuraccia che ora brucerà di più pensando al podio serbo.

2 Al NAVARRO crudele che ha scaricato tutte le colpe della presunzione sul povero Orenga invece che puntare il dito anche sui fratelloni Gasol, su certe follie generali, comprese le sue. E dire che la partita contro i francesi non era stata preparata è l’alibi più meschino, come gli ha detto Calderon: era stata preparata, ma non bene come dai francesi. Dipende da come erano i padiglioni d’ascolto in quel momento nella mesa grande di Spagna.

1 Alla RAI che nel giorno della finale madrilena ci ha illuso trasmettendo Miracle, il famoso film sulla vittoria dei giovani statunitensi contro la grande squadra di hockey dell’Unione Sovietica ai giochi di Lake Placid nel perfido anno’80 dove lo sport ha perso l’innocenza già barattata con la barbarie a Monaco’72. Pensavamo che qualcuno avesse visto lontano, sul vantaggio Serbia dopo 4’, poi, non stavamo nella pelle, proprio come quel tipo che in Cocoon scoprì che la beneamata era un’aliena.

0 A PIANIGIANI se anche soltanto per un attimo ha sussurrato a qualche amico, uno di quelli che lo confessano e gli fanno giurare che soffre ancora per certe cose dette e scritte sulla Siena in fallimento, salvo starsene molto lontano dal vulcano, che la sua Azzurra Tenera a questa Serbia aveva mangiato la faccia in quel di Trieste. Nascono così le aspettative sbagliate, quelle che poi fanno pesare tanto palloni così docili da governare. A Trieste abbiamo avuto la rabbia per far tremare chi non riusciva ad essere squadra e non capiva perché certi fischi arbitrali fossero così scopertamente diseducativi. Niente di più. Noi al completo più forti di questa Francia, della Serbia o della Spagna? No, anche perché al completo non saremo mai. Adesso sono tutti sposi promessi, ma a fine stagione ognuno sfrutterà Azzurra per quanto serve nella sala dove si produce immagine e denaro, ma poi arrivederci a grazie. Pensarci subito e puntare sulla fame. Se saremo modesti, come merita di essere considerato il nostro mivimento, pazienza. Esiste sempre la forza dei disperati di Sandor.

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