La soluzione di Zuckerberg

14 Ottobre 2013 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalle tenute imperiali della vecchia Cina dove il riso nero, il Venere che serve ad anziani e poppanti e un tempo al Celeste, ci porta il manganese per sopportare questo inizio della stagione cestistica senza vergognarci, senza rabbia. Difficile resistere alla tentazione di sposare la tesi velenosa di chi vede la Lega di serie A con poco segnale, chi trova questo mondo Gold e mondo Silver coperti da una patina che appena la gratti scopre lo scheletro delle idee nate dalla sana presunzione. Siamo al primo brindisi nel paradiso di Palo Alto dove Zuckerberg, re Facebook, spiega a Livio Proli e ai suoi colleghi la tecnica per non avere interferenze: comprare tutto intorno alla tua villa, alla tua casa, alla tua palestra. Sarai libero di contarcela come ti pare. Spesso il campo diventa crudele e ti manda in bianco come direbbe Fabrizio Ambrassa, bella storia di basket fra Milano, Treviso, Roma, dal suo bagno ravennate, il famosissimo Big Mama dei biascionot non soltanto cestofili, facendo un elenco di chi avrebbe visto bene accanto a lui sulle scene del film “Tutti gli uomini del deficiente”.

Quando capiranno di essere nella lista molti presidenti  faranno scattare il pollice sul telefonino per avere da Renzi qualche risposta su questo aggancio televisivo minore che per molti è  diventato un flop gigantesco, su quello maggiore sapete che la scelta della diretta domenicale alle 20.30 viene già offerta al pubblico come “ sega cinese”, quella dove godi se sbagli a martellarti da solo i genitali. A Milano, ad esempio, chi ha speso per riaggiornare l’antenna sul 191 di MilaNow si è trovato senza immagini da Brindisi. Meglio, dirà qualcuno. Tanto avrebbe visto la solita difesa al burro dell’Emporio Armani che ha vissuto sul solista Langford e sugli artigli del Moss che ha portato la cultura nuova nella Silverado del re, senza accorgersi che certi vizi alla nascita si scontano sempre. No, avrebbe visto ben altro. La difficile impresa di un eccellente allenatore come Banchi a farsi seguire sull’unica strada che gli piace: lavoro colletivo, fatica, sofferenza. Per adesso deve fare il badante ai principini sul pisello, scoprendo che la copertura societaria salta quasi subito se il Proli “passo indietro”, stile scacchista Zugwang, alla fine della partita perduta contro Brindisi, sfacelo di falli tecnici, espulsione del neocapitano Gentile che Sandro Gamba paragona giustamente ai tormenti del Balotelli che sbaglia tutte le mosse obbligate, fa sapere che Curtis Jerrels “non è pervenuto”.

Si sapeva che la debolezza Armani stava nei registi. Male cronico dai tempi in cui straparlavano, tutti gli uomini del presidente in arrivo da lande più o meno lontane, di scelte straordinarie, di fosforo ritrovato anche davanti a buchi nell’ozono. A Brindisi si è visto bene chi sono i capi branco. Moss avvolge tutto nel suo santo furore, Langford  è un vorace di natura, più in attaco che in  difesa, anche se lui si lamenta dicendo che la caduta è nata dietro più che davanti. Al loro servizio i ragazzi Bande Nere, il Gentile smanioso e il Melli milord che deve aver già capito di non potersi allontanare troppo dalla tonnara dell’area se Samardo Samuels balla alla giamaicana pensando che siano altri a doversi sporcare. In questa situazione, aggravata dai lenti recuperi di Gigli (ma sarà stato visitato bene quando firmò?), Kangur (ehi, che schiena tiene ?), Wallace, altro acquisto incauto senza valutare il postoperatorio, è molto difficile imporre nuove regole per il saloon e la strada, la vita in comune.

Banchi sapeva che la birra offertagli dal presidente di Milano non poteva avere lo stesso sapore di quella bevuta a Siena. Proprio per questo si era tenuto sul vago nelle previsioni, a lui interessa vincere l’ultima partita non certo la prima, ma pensava anche che l’amaro calice bevuto con don Sergio avesse educato la corte a non lasciarsi mai scappare una parola sbagliata. A Siena non comprarono soltanto giocatori buoni da offrire a Banchi quando sostituì Grillo Pianigiani. Sull’errore grave, Kasun, decisero subito il taglio del ramo, sugli altri paziente lavoro di cucitura. Ora dovrà essere fatta la stessa cosa a Milano anche se il calendario è davvero crudele. Calma e gesso dicevano in via Washington al tempo del Borletti quando si segnava il campo con la calce. Calma per tutti, promossi e bocciati della prima giornata.

Non è tutto oro quello luccica. Siamo in vena di riso Venere e frasi fatte. Siamo nel regno del m’illumino, ma non sarò mai immenso: chiedete alla Fortitudo Bologna, bacchettata dal presidente Anconetani per un bagno da meno venti dopo l’esaltazione dell’esordio nelle serie minori; domandate al Pittis della Treviso tornata al biancoblu che non sarà mai il verde Benetton dopo lo sgarbo del Palaverde negato, che cade alla prima trasferta. Basket minore per grandi e gloriose società salvate dal famoso lodo Petrucci. Almeno lui, il presidente dice che passerà alla storia per questo salvagente lanciato in tempo di crisi. Basket da studiare, però, anche quassù nella massima serie dove reggie gloriose come quella di Pesaro e Cantù sono alle prese con la successione. Un altro Scavolini non si troverà di sicuro. Un ’altra dinastia Allievi è difficile da immaginare anche se Corrado prima e i Cremascoli dopo hanno fatto un lavoro enorme per  recuperare dove ci sono soltanto lamiere e palazzi bolla d’aria costruiti e poi abbattuti, promessi e mai visti. Succede a Milano, a Siena, sul campo di Brindisi chi è andato preferisce non sapere cosa ne pensano i legaioli controfirmatari dell’agibilità, Montegranaro che aveva scelto un’arena vera ad Ancona si è rifugiata di nuovo a Porto San Giorgio, per Reggio Emilia bisognerà aspettare ancora un anno e poi ci sarà il campo bello, nuovo,  con i condizionatori. Roma se ne sta nascosta in viale Tiziano. Pistoia e Cremona, come Sassari, si tengono i loro gioiellini da “ piccolo è bello”.

Altro che progressi. Siamo sempre al palo, asini senza padrone. Per fortuna ci danno carrube come certi risultati tipo quello del tigre Dell’Agnello ad Avellino, riso Venere come l’esordio della Virtus Bologna anche se non c’era il pieno, ma c’erano gli uomini della nuova salvezza, ed  è stato bello rivedere Alfredo Cazzola di fianco a Renato Villalta. Meno bello dicono in troppi vedere in tribuna Beppe Poeta “o generoso”, incatenato da un biennale non onorato e non ridiscusso, più legato dell’emiro Malik Hairston che segue la tradizione Emporio dei ricchi al bagno Margherita: ben pagato, ma per non giocare. Lui se la gode in tribuna a Cantù, speriamo diventi uno dei nuovi azionisti come vorrebbe l’ingegner Anna Cremascoli che ha confermato l’addio, ma  ha anche fatto sapere che potrebbe restare nel gioco se altri entreranno dalla porta misteriosa del Pianella. Petrucci sa che la Cremascoli è la sua vicepresidente? Nelle coliti i frati della Certosa di Pavia sconsigliano uova fritte, formaggi piccanti, molluschi, il pane salato e i biscotti ripieni. Negli sport avvelenati dalla crisi economica si sconsigliano rapporti con chi ha tutto, ma non idee.

Pagelle dopo il primo giorno di scuola.

10 Agli oriundi di Pesaro, l’italocanadese TRASOLINI e l’italo argentino MUSSO, per aver dato almeno una speranza a chi vorrebbe ricostruire senza Scavolini, togliendosi l’incubo retrocessione che resta il veleno da evitare per altre 29 giornate.

9 Al Piero BUCCHI che ha saputo resistere sul fiume, anche se a Brindisi si chiama mare ed è pure bello, da dove sentiva che sarebbe passata Milano, anche se Livio Proli ha sempre detto di essersi pentito quando lo ha esonerato.

 8 A Dan PETERSON che resiste sulla tolda di SportItalia, viene attaccato ma non cede, sa di essere nella gestione dei misteri, grantendo con Trigari almeno le buone dirette Gold anche se  del doman non v’è certezza.

7 A Sara SIMEONI e al calciatore HAMSIK perché  avere questi ospiti in tribuna a Verona, dove la ex primastista del mondo di salto in alto vive e porta al basket un figlio talentuoso, e Caserta, dove il calciatore del Napoli sembra trovare belle compagnie, fa capire che non tutto è catrame. Basterebbero certi numeri sugli abbonamenti, basterebbe che alla fine  delle partite tutte le società facessero sapere quando hanno incassato. Non nascondeteci il numero degli spettatori come fate nelle statistiche delle partite dove siamo rimasti alla pietra senza rilevazioni sui cambi al comndado di una gara, sul massimo scarto nella stessa che valgono molto più del plus minus.

6 A TORINO che finalmente riempie uno dei suoi tanti palazzi. Lo sapevamo che se ci fosse stata la squadra giusta la città avrebbe risposto. Hanno passione nel Piemonte relegato nelle serie minori, hanno idee e far scrivere Pianigiani su Tuttosport per l’inserto d’inizio campionato (a proposito, cara Lega, la guida ufficiale ve la leggete voi all’ora delle tisane?) ci fa capire che il Papa Tecnico ha trovato il suo regno di comunicazione e liberazione.

5 Al CIECO che non sa far di conto sulle nuove regole di tesseramento, nascondendo tutto dietro le parole quando poi sui campi nei quintetti base di otto partite abbiamo trovato due o tre italiani al massimo, tenendo conto che Roma e Dalmonte hanno fatto  esordire fra i primi cinque il classe 1977 Righetti che pensava di doversene stare seduto a fondo panchina con il 1974 Tonolli. Due grandi, ma dire che si valorizzano gli italiani in questi casi sa di presa per i Petrucci.

4 Alla TOLLERANZA ZERO imposta dal Facchini Torquemada ai suoi arbitri. Valanga di falli tecnici. Si comincia sempre così: severità del primo mese, poi, vedrete, carota e bastone, fino al fischio logico e politico. Lui farà di tutto per scomunicare i teneri, al momento si accontenta soltanto di tenere fra i granchi di Mogador il Sahin che vale almeno come i suoi giannizzeri anche se sulla tolleranza zero ragiona da uomo che ama il basket e non  lo vuole giocato da domenicani scalzi.

3  Al caro Romeo SACCHETTI che ci aveva promesso di lavorare sulla difesa appena la sua panchina si fosse allungata. La società gli ha dato tanto, ma prenderne ancora quasi 100 contro la Bologna messa insieme badando a non sforare nei  bilanci, pagando i lodi arretrati, ma chi di chi erano questi debiti?, fa venire l’idea che ci sia molto da lavorare ancora per Sassari che affollando il ruolo dei registi si è messa da sola nei guai anche credendo alla serietà di Travis e Green nanut.

2  Al VITUCCI che pensava di ricominciare sul Bucintoro dei lupi avellinesi la strada già percorsa con la splendida Varese lasciata senza fare davvero chiarezza. Ora ha avuto un motore più ricco, è in un posto dove lo hanno sempre trattato bene e non messo al muro al primo sorriso sbagliato, deve darsi da fare per rimediare anche se a Pistoia il caro Moretti spera che ci mettano ancora qualche settimana.

1 A MAZZON che ha fatto una giusta analisi della stangata presa a Caserta dalla sua Reyer Venezia, ma la scoperta della temperatura di una acqua lasciata stagnare diventa pericolosa e non avrebbe senso partire male come l’anno scorso dopo l’estate ad ascoltare canzoni per nuove gesta reyerine.

0 A BALOTELLI, sempre lui accidenti, per aver protestato quando Sando Gamba sulla Repubblica lo ha paragonato ad Alessandro Gentile. Potendolo avvicinare più di un cameraman lo avremmo sentito urlare: ”Lui,almeno, è il capitano dell’Emporio Armani, io sono soltanto il capro espiatorio per Milan e Nazionale, anche se vedo che il ragazzo impara. Espulsione vuol dire virilità. Dai Ale, togliamoci la maglia insieme…”.

Oscar Eleni, in esclusiva per Indiscreto

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