Il ruolo di Franco Gatti

18 Ottobre 2022 di Paolo Morati

In ogni ensemble vocale che si rispetti c’è il basso, il suono che sta sullo sfondo e quasi non si percepisce, ma che è fondamentale nel creare e completare le migliori armonie. Nei Ricchi e Poveri questo ruolo era affidato a Franco Gatti, scomparso oggi a 80 anni. Un personaggio che c’è sempre stato nella nostra vita, fin dalle apparizioni nelle trasmissioni televisive in bianco e nero degli anni ‘70, per poi passare al colore e al successo internazionale di un gruppo diventato un’icona della musica italiana all’estero. Con gli inevitabili eventi revival di un’epoca irripetibile.

Ecco che partendo dagli esordi in quattro, con grandi successi come La prima cosa bella, Che sarà, Un diadema di ciliegie fino alla iconica Coriandoli su di noi, sigla finale di Di nuovo tante scuse, il contributo (e il volto) di Franco Gatti era decisivo non solo in suoni e voce ma anche per comporre quel mix perfetto di immagine che erano fin da subito diventati i Ricchi e Poveri. Un mix rielaborato con l’uscita della Occhiena e il progetto internazionale, citato anche in questa intervista da Cristiano Minellono, a partire dai primi anni ‘80. Con nuove canzoni fin da subito di nuovo ai vertici, a partire da Sarà perché ti amo, e un pop fatto di brani scanzonati – su tutti Mammamaria dove anche Gatti aveva la sua giusta strofa – e ballate coinvolgenti (Mi innamoro di te, Come vorrei...), sulle quali inevitabilmente svettavano le voci di Angela e Angelo.

Al di là della musica – nei concerti suonava chitarre e tastiere –, Gatti era un uomo che ispirava simpatia, con un carisma che non necessitava di esuberanze per farsi ricordare. Allontanatosi dal trio dopo la scomparsa del figlio, vi aveva fatto ritorno per la reunion a Sanremo del 2020 con Angela Brambati, Angelo Sotgiu e, dopo quasi 40 anni, di Marina Occhiena. Sul palco dell’Ariston non aveva fatto mancare la sua presenza, in un evento fondamentale, in previsione di un tour poi rimandato per la pandemia e l’uscita di un nuovo disco. L’impressione era però stata quello di un uomo che, come talvolta accade sul palco così come nella vita in generale, partecipando a una festa per celebrarlo portava con sé negli occhi un dolore comprensibilmente insuperabile, mentre un pubblico ignaro e festante invece di abbracciarlo ballava e cantava spensierato.

“Nel mio futuro che cosa c’è, sarebbe bello se fossi un re, così la bionda americana o si innamora o la trasformo in rana”.

info@indiscreto.net

Share this article