Il posto del berlusconismo eterno

31 Maggio 2011 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari
Nel nostro piccolo, attraverso i commenti apparsi sul Muro del Calcio (!!!), non abbiamo commentato la svolta epocale nella politica italiana in maniera meno interessante di quella dei Grandi Editorialisti (quelli che si entusiasmano per espressioni come ‘abbassare i toni’ o ‘l’Europa ci sta guardando’) in cerca di autore, diciamo di autore perché il padrone l’hanno già trovato.
Abbiamo trovato molto centrate le considerazioni di Massimo Gramellini, di solito una versione ideologizzata del severgninismo ma oggi in forma, sulla Stampa: le linkiamo senza copiarle, visto che del Web 3.0 non riusciamo a cogliere né la grandezza nè la giustizia (per la serie ‘Siamo tutti aggregatori’). Al di là dei piccoli dettagli che si trattava di elezioni amministrative che hanno interessato a malapena un ottavo degli italiani aventi diritto al voto e che essere all’opposizione (locale) può essere conveniente per le elezioni politiche visto che delinquenza e rifiuti non promettono di sparire entro breve, rimandiamo ai nostri Tuttosport di riferimento per le analisi politiche serie e diciamo le due cose due che ci premevano sul berlusconismo applicato al mondo dello sport.
La prima: il calcio è uno strumento di controllo sociale insuperabile, visto che occupa quasi tutto il tempo extralavorativo di milioni di noi (meglio vivere così che da forzati del weekend o del pranzo in famiglia, comunque), in questo senso è alta politica allo stato puro, ma non sposta consensi se non in condizioni particolari. Un elettore romano alle Politiche del 1983 poteva pensare di dare la sua preferenza a Dino Viola fresco di scudetto, ma solo nel caso fosse stato già di suo intenzionato a votare Democrazia Cristiana. Tornando ai giorni nostri nessun effetto Ibrahimovic a Milano, per uno scudetto che mancava da 7 anni, e nessun effetto Hamsik (dopo il ”Non prenderemo Hamsik” pronunciato da Berlusconi sul palco di fianco a Lettieri) a Napoli, con l’aggravante che il premier dai tempi della polisportiva Milan e passando per la sparata anti-Zoff è convinto che la gente dica la verità ai sondaggisti. Noi, per dire, rispondiamo sempre che abbiamo sentito parlare di un prodotto sul web ma in realtà non ci ricordiamo un solo banner di uno dei mille siti che visitiamo (vale anche per gli spot televisivi: l’ultimo che ci è rimasto in testa è quello di Charlize Theron e del Martini). E il primo intention poll su Milano, due settimane fa, dava la Moratti al 46% e Pisapia al 41: come somma algebrica un errore di oltre il 10%, una percentuale da terzo partito nazionale.
La seconda considerazione sulla possibile fine del berlusconismo anche applicata allo sport? E’ semplice: il berlusconismo non è finito, perché certi movimenti prescindono dal nostro orticello. Possiamo anche smettere di pagare i calciatori in nero e di avere i bilanci in rosso (non abbiamo mai smesso, ovviamente, era accademia), ma troveremo sempre l’Al Mansour della situazione che ci batte da un lato e il giornalista che si bagna per ‘Agnelli, 300 milioni di investimenti’ dall’altra. Possiamo anche esaltare lo sport del quarantenne che fa jogging al parco sfidando l’infarto (come del resto lo stesso inventore del jogging, James Fixx) e delle attività non competitive, ma in realtà vogliamo vedere il sangue dei vinti e anche quello dei vincitori. Non c’è gusto a vincere di tiki-taka, se non puoi almeno insultare Mourinho o chi ti accusa di esserti dopato: se no è più divertente guardare i delfini. Come dice Dido Guerrieri, il grande coach di tante squadre di basket (nella Torino di Scott May i suoi momenti di maggior gloria, nella Milano di Jura quelli più romantici), lo sport è praticato e seguito anche da gente di sinistra ma è intrinsecamente di destra. La squadra è un mero strumento per l’affermazione dell’individuo, vittoria e sconfitta sono due mondi diversi, le regole sono solo un male necessario per la convivenza e non il fine ultimo degli esseri umani, l’avversario non è un compagno di viaggio ma un nemico perché il suo male corrisponde al tuo bene (la somma deve essere zero). Per questo il berlusconismo nello sport è ancora adeguato ai tempi. Nella politica pare di no.

stefano@indiscreto.it

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