I vecchi amici del golf

11 Maggio 2010 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari 
Il ritorno di Giraudo, l’indice di Capello, il calcione del nonno, la paura versione 2010 e Ancelotti zero titoli.

1. Conosciamo gente di un certo spessore socio-economico, gente che gioca a golf, non i soliti sfigati qui di Baggio che pensano solo al calcetto del giovedì sera e a come montare il box doccia (geniale intuizione del film di Soldini). Alcuni di questi amici si sono recati all’Open d’Italia della scorsa settimana a Torino e si sono stupiti del calore fra Antonio Giraudo (ora residente UK), il neopresidente ‘Agnello’, Romi Gai (ora dirige la Lega degli Emirati Arabi) e Pavel Nedved (residente presso la buca otto dei Roveri): insomma, fra i viventi mancava (?) solo Moggi per far sentire un sapore di Juve 1994-2006. Stupore ingiustificato: il messaggio è che una volta cacciato l’uomo nero si vuole difendere il passato in ottica pro-tifosi senza sconfessare le mosse della famiglia negli ultimi anni (diversamente Blanc sarebbe già stato messo sul primo treno diretto a Ovest). Visto il ruolo di Bettega, significa che anche per la Juventus ci sono pochi cattivi in un ambiente sano. Con tutto il male che pensiamo del moggismo, un incredibile modo di ripulirsi dopo aver fatto fare per anni a Moggi il lavoro sporco. Così come nel giornalismo finanziario, anche per quello sportivo la colpa è sempre di funzionari incapaci o disonesti. Licenziare i padroni, diceva quel geniale titolo.
2. Si può misurare oggettivamente il rendimento di un calciatore? No. Si può guadagnare con un sito web? No. Fabio Capello si cimenta però in entrambe le imprese con il suo www.capelloindex.com, un database di calciatori ai quali si assegna un valore in base ad un algoritmo al momento segreto come la formula della Coca Cola o l’ubicazione del tesoro dei Templari. Insomma, il classico nulla assoluto di internet che però fa notizia presso i ‘vecchi’ media, tipo i gruppi di Facebook pro Riina e cose del genere. E anche noi che ne stiamo scrivendo siamo complici.Ottenuto l’effetto annuncio, dopo qualche polemica il sito è stato chiuso fino a dopo il Mondiale. Questo sì che è marketing, altro che i famosi profumi.
3. Tre giornate di squalifica a Ribery per un fallo nella dinamica del gioco, quattro a Totti per un calcio con l’intenzione di fare male. Interessante la discussione sui punti-provocazione da assegnare a ‘Negro di merda’ (versione Raiola) e ‘Nonno sei finito’ (versione Totti in un’intervista a Diva e Donna). Sarà più offensivo nonno? Facciamo una bella pisciata sopra a tutta la questione, come Totti junior sul prato dell’Olimpico.
4. Stiamo peggiorando? Almeno metà degli scudetti della storia sono stati festeggiati prima in trasferta, come accadrà domenica a Inter o Roma, e poi in serata nel proprio stadio. E visto il dogma della contemporaneità, ora ridotto alle ultime due giornate, tifosi felici hanno sempre incrociato tifosi delusi e livorosi. Ma solo nel 2010 ci si è posti il problema che a un milanista possa non far piacere lo scudetto nerazzurro o a un laziale quello giallorosso: cose davvero nuove, rivalità nate nelle scorse settimane. E così, oplà, Milan-Juve e Lazio-Udinese sono state anticipate a sabato complice il fatto di riguardare squadre senza più motivazioni se non quelle di soddisfare noi fedeli del dio Over. A volte sono le gabbie a creare le belve, a forza di gridare alla guerra non ci si rende conto del miracolo di così pochi morti in 110 anni e passa di calcio. Tasto demagogia on: in totale meno che in un ordinario fine settimana di turismo.  
5. C’è qualcosa che non sia ancora stato detto su Calciopoli? Nonostante la stanchezza dei lettori, secondo noi molto. Oltre alle telefonate penalmente non rilevanti ma moralmente sì (essere morti influisce sulla possibilità di difendersi ma non sulla qualità delle registrazioni), a patto che non vengano trascritte da consulenti analfabeti, mancano testimonianze pesanti di chi quell’epoca l’ha vissuta sul campo. E non da dirigente, da giornalista o da faccendiere. Per questo la reticenza anche di chi è stato vittima (con il Parma di sicuro e con il Milan qualche volta, con il paradosso di avere allenato la Juve nelle due stagioni in cui fu scippata dal braccio violento della legge geronziana), come Carlo Ancelotti, è spiegabile solo con il far parte di un ambiente dove non è previsto il dissenso. Deludente la sua testimonianza di oggi, davvero da zero titoli, deludente l’assenza di Roberto Mancini (appuntamento, forse, per il 25) per motivi di lavoro che a Premier League finita (malino) sfuggono. Eppure sono lontani, sono ricchi, con poche possibilità ma anche poca voglia di tornare in Italia. Qui non si parla del primo pentito del calcio che ancora non si è visto, perchè fino a prova contraria Ancelotti e Mancini non hanno commesso crimini, ma solo di raccontare cose che si sono viste da pochi metri o frasi ascoltate con le proprie orecchie. 
stefanolivari@gmail.com

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