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Vuoti a perdere

I dolori del giovane senza Ivkovic

Oscar Eleni 27/10/2014

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Oscar Eleni dall’isola bretone di Molène dove ha organizzato la specialissima presentazione dell’ultimo libro di Lorenzo Sani, il tanto annunciato “Vale tutto. Le storie segrete della pallacanestro italiana”, una meraviglia da 15 euro proposta da Italica edizioni. Facile dire meraviglia, siete  complici di tante zingarate. Vero. Per questo vi vorrei tutti, artritici , prostatici, all’isola delle sardine perché soltanto in quell’aria tersa si potrebbe davvero capire dove ha voluto portarci Lori delle spelonche reggiane. A Molène, sotto il faro di Kereon, un geniale regista francese si è inventato la storia di una squadra di calcio dove vagavano fantasmi, gente che aveva conosciuto la gloria e la rovina come l’alcolizzato Patrick Orberà che  si era giocato anche il lavoro in televisione dopo aver picchiato in trasmissione l’arbitro che  gli aveva negato un rigore nella partita del disastro e dell’addio. Ecco, Lorenzo dovrebbe portare su quel molo i tanti Marandella della sua storia. I tanti che, nati portieri, pivot, assi della NBA o del campetto, sono poi finiti nel mucchio, nel degrado, hanno  accettato di tornare, ma soltanto come centroavanti o prima bocca da fuoco sul campo.

Avevamo bisogno di un libro come questo, ironico, drammatico, vero, a parte il capitolo dei ringraziamenti finali dove si decantano presunte vittime, mai conosciute davvero, fingendo di non essere davanti allo stesso specchio dei tradimenti, delle finte visioni da derby. Da leggere, rileggere, ma soltanto su quell’isola aspettandoli tutti, i santi bevitori protagonisti delle storie segrete di questo basket che non deve aver fatto molto per tenersi un Lorenzo Sani se la dedica del libro è per Cesare Covino da Ischia, uno che, ce lo assicura l’autore, predica basket ai Lillipuziani. Già, direbbe, l’argentina Claudia Pineiro nel suo magnifico giallo Betibù dove capisci bene la deriva di un giornalismo infingardo che alla qualità  preferisce la penosità commerciale capace di far dimenticare in questa repibblica senza idee anche gente che un tempo era “fraternamente amica”.

Sani più maltrattato del “povero“ Daniel Hackett che, sicuramente, entrerà nella seconda edizione di questo libro perché la sua storia merita una riflessione, quasi più di quella del povero Datome che a Detroit è rimasto sulla graticola fino all’ultimo taglio prima dell’inizio di un campionato NBA che già elettrizza il giardino della supercompetenza a SKY. Strani mondi, quelli televisivi. Dunque: SKY ha l’Eurolega e ne parla, la NBA e ne parla. Il campionato? Be’, dipende da come ha fatto i gargarismi chi comanda, succedeva anche ai tempi del Sani cestista per il poco che ancora restava del Carlino prima di essere macerato quasi peggio del Giorno, altro capolavoro nella rivoluzione grafica e dei contenuti. Tutto è legato al sentimento dell’ultima digestione dove spesso viene inacidito persino quel pan di zucchero che è Colnago.

Sulle altre reti generaliste? Niente o quasi. Si lascia campo libero alla RAI che il basket lo tiene per la coda, facendolo soffrire nei palinsesti, tenendolo in sospeso ancora un po’ per la famosa partita del lunedì che ancora non ha uno spazio e, forse, un contratto firmato perché, dicono, ci vogliono 40 giorni per sistemare tutto. A partire da quando? Certo ci vorrebbe anche un’assistenza tecnica adeguata per evitare di fare scopa tutte le volte con le scelte delle partite e degli orari. In Spagna, tanto per capirsi, nella giornata che  andava a sbattere sul classico Real-Barca di calcio, hanno pensato bene di spostare tutto a domenica, 4 partite fra le 12 e le 13. Da noi? Be’, nella serata di Milan-Fiorentina perché non abbinare un bell’Emporio Armani-Venezia?

Capiti li avete? Questi sono i maestri cantori del nuovo secolo per la visibilità, che si sveneranno con l’utopia di televisioni costosissime di tutto basket, per togliere ragnatele alle sale dove un tempo si faceva davvero fatica a vedere giocatorini come quelli che oggi fanno diventare grama la vita di tanti eccellenti allenatori, cominciando dal carissimo Pino Sacripanti rimasto prigioniero, anche più del micione Recalcati, di questi “fenomeni frustrati” che la NBA ha spedito altrove e che qui vorrebbero farci credere di essere atterrati soltanto per riflettere, predicare nuovo verbo, prima di essere riportati a casa.

La confessione di Pozzecco che si è preso tutte le colpe per la partita perduta contro Reggio Emilia dopo 3 supplementari, anche quelle dei falli incauti, esiziali, di Rautins e Diawara, sulla settimana senza giusta tensione in allenamento, sarà un tema ricorrente per tantissimi suoi colleghi. Come fai a tenere sulla corda gente che è qui per svernare, che ha il filo diretto con agenti senza ritegno che preparano letti altrove? La cosa buffa è che per stare dietro a certi brocconi con problemi notturni, bocche larghe, bicchieri mai vuoti, si rischia poi di perdere il contatto con certe realtà: a Reggio Emilia hanno riscoperto il Federico Mussini che già aveva incantato in Coppa Italia l’anno scorso e poi con le giovanili arrivate al successo in Europa. Riscoperto sul campo per i guai del vecchio Diener, ma con un contratto da precario per il solo rimborso spese. Siamo nel vortice delle parole al vento, dei finti impegni per rilanciare un  blocco di giocatori con marchio scuola italiana. Per rischiare, gli allenatori fanno gargarismi con l’aceto. Ne bevono anche un po’. Eppure si rifiutano di ammettere che sono sempre i figli della grande scuola slava ad aprire il mare rosso delle vergogne locali.

Pensate voi se uno dei nostri geniali maestri da pizzarra elettronica, queli che insistono a chiedere minuto nei secondi finali e, regolarmente, vedono perdere la palla dai “campioni” che ascoltano tutti, moglie, agente, parenti, amici, mai l’allenadur, avrebbe accettato, chiamandosi Dusan Ivkovic, di imbarcarsi sul naviglio dell’Efes dove ci sono da lanciare i figli prediletti di quello che è stato il grande progetto Tanjevic per il basket turco con i risultati che sapete, che dovrebbero sapere persino in via Vitorchiano nell’ufficio del Pianigiani. A Sassari l’Efes ha presentato ben cinque  nati fra il ’94 e il ’97. Gente che sa giocare come Ulubay, Korkmaz, di prospetti come il 2.16 Kosut. Insomma fateci divertire con la vostra prosospea gente dell’italbasket minchione che per cacciare Bonamico è riuscito anche a rendere quasi invisibile la LNP anche se in soccorso ci sono sempre i samaritani di Sportitalia che non sono stati ritenuti abbastanza “ visibili” dai soloni che vendono i pacchetti televisivi per la serie A. Capiamo il problema, crediamo che Coldebella e Valenti stiano facendo il massimo, ma la realtà è da vedere, meglio, da non vedere, con la sola scusa che il solito paciugo sul cambio formule, che confonde persino chi nel basket ci è nato e ci vive, tiene distanti quelli che, magari hanno capito che esistono piazze dove  c’è entusiasmo, grande pubblico, dalla meravigliosa Agrigento del Potter Ciani a Biella, Casale, Verona, Torino, persino la Forlì dove Bucci cerca l’ultimo urrà. Un mondo ricco, ma ancora invisibile o poco appetibile. Liberare le catene, farsi  cambiare le maglie come succede a Liverpool con chi vuole sostituire la casacca del Balotelli “non mi capite” con altre dei Reds.

Spiccioli per chi è in apnea sui periodi troppo lunghi, per chi, giustamente, scopre che ci manca quasi tutto per essere considerati alla moda, per stare nel rango di chi scrive per farsi leggere e non per farsi maledire.

Bella idea quella del Pianigiani di farsi difendere dalla famosissima Giulia Bongiorno? Per noi perfetta, considerando che ha scelto una ex cestista.

Doloroso l’addio di Terrieri dopo 44 anni di vera Virtus Bologna. In certe cose bisognerebbe riflettere, magari risparmiare su altre,  mai dare l’impressione di poter sacrificare  bandiere storiche per il realismo in pieno regime  di povertà. Non lasciamoci stregare dalle frasi dei Moggi imperanti quando ride sui rinnovi romanisti per Totti, quando svela i motivi della separazione da Ale Del Piero in casa Juventus. No. Crovetti non sarà mai un Moggi. Ha sempre sofferto proprio perché credeva e crede nei sentimenti, nell’amicizia, nelle libertà dove tutto profuma di battaglia, di scoperta come nei suoi viaggi africani e Terrieri lo voleva al fianco per progetti anche importanti. Ci dispiace che sia andata finire così in una stagione dove a Villalta farà sicuramente piacere avere seduto al fianco un tifoso come Romano Prodi, ma dove sembra urgente trovare finanziatori che rendano meno angoscioso il cammino in questo campionato iniziato a meno due.

Ci scusiamo per avervi ingannato sulle partite di Pancotto. Avevamo scritto 2.000, senza fare i conti, pappagalli da strada dopo aver sentito i solini televisivi. Siamo alla metà, ma sempre grande storia, come del resto quella delle oltre 800 del micione Charlie che ha scelto la riva degli Schiavoni per l’ultima tortura difficile da sopportare anche avendo fra gli gli assistenti la temibile Giovanna.

Date la parola ai protagonisti  con una storia se volete verità al posto di banalità. Bulleri  non ha cercato vie traverse per chiedersi: “Se volete più italiani cosa vuol dire la formula che avete scelto con sette più tre, con i coccoricò?”. Già. Non c’è neppure la scusa del  fronte europeo dove si fanno brutte figure anche con tanti lanzichenecchi a servizio.

Giusto che Banchi non si preoccupi per il solito autunno primo inverno dei suoi macarones all’Emporio. Ci sono tante cose da chiarire in allenamento, con il vissuto. Certo il campionato dovrebbe offrire più libertà sperimentale dell’anno  scorso, ma attenzione ad eurolandia. Il Barcellona incatador del Forum è andato a San Sebastiano in campionato e ha segnato 57 punti: abbastanza per vincere, ma le macchine da guerra viste a Milano dov’erano? Intanto, restando in Spagna, un bell’abbraccio al Marco Crespi che con il  Vitoria ha vinto dopo 3 sconfitte, un successo importante nel derby basco contro Bilbao.

Non siamo spaventati dall’idea che vorrebbero in Libano allenatori italiani. Forse ci andrà Frates, non Caja che preferisce le notti fra Muciaccia e Sceriffo. Certo esistono mondi diversi. Se li ha esplorati un Velasco, gigante numero uno, perché non rischiare?

Pagelle per togliere il latte alle ginocchia a chi  si è annoiato, per lasciare liberi quelli che devono correre in libreria a comperare il libro di Sani senza farlo sapere a quelli che lo vorrebbero sdraito sulle fascine all’angolo del Pavaglione o anche al crescentone.

10 Alla strana coppia Antonello RIVA-Vittorio GALLINARI che nel prodigioso salotto di Gandini a Sportitalia hanno perorato la causa di Hackett molto meglio degli avvocati d’ufficio, degli amici dalla carità pelosa che non hanno mai aiutato un campione a fare un passo avanti. La loro ironia dovrebbe risvegliare Petrucci e spingerlo al perdono anche prima di Natale per evitare la comica dell’italiano di coppa.

9 Al TERRIERI che abbandonando la Virtus ci ha portato via anche l’ultima speranza di poter organizzare una nostra Alamo davanti agli arroganti Santa Ana del neobasket. Lui meritava di restare, lui sarà il primo a complimentarsi con la nuova voce che ha esordito bene contro Caserta, lui, speriamo davvero,  quando svanirà la rabbia sarà il primo a riconoscere che Crovetti doveva  intervenire per rendere tutto compatibile con il poco che c’è in cassa, lui dovrebbe girare l’Italia e mandare fuori dai  palazzi fatiscenti i molti urlatori che adesso fanno i bulli dell’etere. Cari arbitri, sono più da punire e multare certi personaggi che le società con apparecchiature scadenti servite, spesso, dal comune.

8 Alla bella coppia MUSSINI-DELLA VALLE che si è presentata con quella faccia un po’ così che hanno i giocatori italiani quando si sentono prendere in giro dai tanti imitatori di quell’allenatore di calcio che in panchina mostrava al pubblico la mano visibile dalle tribune per incitare “i suoi prodi” all’attacco, mentre con quella armata nascosta dalla protezione imponeva, ordinava, esigeva, un tutti allineati e coperti, dietro.

7 A LONGHI, presidente di Trento, e BUSCAGLIA allenatore dell’Aquila per la prima vittora in serie A ottenuta senza farsi prendere dal panico, costruendo anche nei giorni del praticantato quella che diventerà una società modello per i tantissimi che ancora fingono di aver capito come deve essere il basket novo, quello che non dovrà mai dimenticare i personaggi presentati da Sani, ma che ha il dovere di mostrarsi almeno coraggioso nella micragna delle idee.

6 Al PANCOTTO corsaro che potrebbe anche portare Cremona nel cuore della citadella dei ricchi. È il più navigato, ha scelto bene, lui soltanto poteva dare a Vitali la dimensione completa che il narcisismo gli aveva negato quando poteva diventare almeno principe.

5 Al POZZECCO che mourinianamente si è preso tutte le colpe per la prima caduta di Varese. Si accorgerà che dare questo sollievo a certi giocatori li porterà a sbagliare sempre di più, sentendosi comunque leggeri. Vero che in spogliatoio si possono dire verità che fuori è meglio nascondere, ma è giusto anche condividere tutto come dice saggiamente Diawara che deve staccarsi un orecchio per quel quinto fallo che ha aperto la grande breccia. Usi il sistema Lombardi quando urlava 52 al giocatore appena sostituito. Sulla richiesta di chiarimento per lo schema ignoto Dadone era lapidario:”52 settimane senza mai mettere piede in campo”.

4 Al balbettante STONE di Venezia rientrato dopo permesso paternità (?! A Bologna ridono: ne hanno avuti tantissimi, di viaggiatori obbligati dagli affetti) di una settimana negli Stati Uniti. Tutti, partendo dal suo ex compagno Danilo Gallinari, dicono che è un ragazzo di qualità e di buon carattere, ma qui non può raccontarci la storiella di sentirsi spaesato fra gente che non lo capisce.

3 Al Pino SACRIPANTI finito nella grande buca del cantiere mai nato del palazzo di Cantù che, come  hanno confessato gli amministratori della città, non verrà mai costruito. Che sia capitato a lui di dover incrociare tanti lavativi, tanti finti campioni dopo il fumo del precampionato, ci addolora, perché sa benissimo che saremo dalla sua parte sempre come  ai tempi in cui i nuovi maestri cantori federali minimizzavano i suoi successi europei, ma è venuta l’ora di mandare qualcuno al Pianella per allenarsi e poi lavorare con Corrado per la nuova struttura che costringerà all’esilio nel prossimo torneo.

2 A Lele MOLIN  se non andrà di corsa dal nostro amatissimo Atripaldi per alzare le paratie davanti alla  probabile alluvione di critiche che sicuramente potrebbe  travolgere una squadra come Caserta nata senza oro e mirra, con il solo incenso della passione.

1 A Ferdinando MARINO il sofferente presidente di Lega che sembra gà sfinito per qualche scherzuccio di dozzina, qualche critica, che appare stanchissimo al punto da riuscire a salutare, nelle visite pastorali come quella del Forum per la partita fra l’Armani protettrice e il Barcellona, soltanto quelli che considera funzionali alla visibilità del prodotto. Certo: colpa del torcicollo, di una innata timidezza, della voglia di sfoggiare abiti eleganti con una passerella veloce, ma gli sarebbe più utile chiacchierare con chi ha ancora qualche buona idea. Esistono e non tutti sono così invidiosi da negare un buon consiglio come diceva Cino Marchese il giorno in cui scoprì che certi progetti venivano copiati, sbagliati e poi abortiti. Stiamo ancora aspettando di vedere apparecchiata una tavola di Lega dove ci si prendano responsabilità che vadano anche oltre l’inciucio federale.

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0 All’idea di organizzare la coppa ITALIA sul campo di Desio. Bellissimo, in una terra dove chiedono asilo, a turno, Cantù e Milano, dove c’è storia di basket sostanziosa, ma non al centro di questo massimo sistema per un torneo che chiarisce già molte cose e divide i peccatori in arena. Deciderà RCS? Non lasciateglielo fare. Deciderà la Lega? Non lo fa pù da tanto tempo. Dove andare? Intanto ci sarebbe piazza Azzarita a  Bologna da restituire al grande mondo basket e qualsiasi agente di viaggio vi dirà che sta al centro del sistema. Quello è il nostro centro permanente di gravità. Non volendo andare da Villalta, dai brontoloni balanzoni, scoprire mondi nuovi, cambiando persino la formula, le prime sette e la squadra della città che organizza, evitando l’esosità che ha reso un servizio così povero al basket con la supercoppa.

P.S. Copincolliamo un comunicato di Siena: “Il presidente Piero Ricci, a nome della Mens Sana 1871, vuole ringraziare la Pallacanestro Monsummano per la grande ospitalità dimostrata nei confronti della Gecom e della sua tifoseria. È doveroso porgere i più sinceri ringraziamenti alla Pallacanestro Monsummano ed al suo presidente Giampiero Cardelli per la disponibilità, l’accoglienza e l’ottima organizzazione che hanno consentito la riuscita di una grandissima giornata all’insegna dei valori di entusiasmo e sana competizione che contraddistinguono lo sport”. Per una partita vinta in trasferta di uno non tutti (e sicuramente nessuno per una persa) farebbero così. Vale come lezione a chi è rimasto ricco, ma non ha memoria.

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