I diritti venduti da Chiellini

2 Dicembre 2010 di Stefano Olivari

Quello annunciato per l’11 e 12 dicembre sarà, se tutto va bene (o male), il secondo vero sciopero nella storia della serie A. Intendiamo sciopero senza giocatori in campo, non proteste attraverso ritardi nel fischio di inizio o altre forme di manifestazione del dissenso. Insomma, quelli che al bar della politica sono i ‘miliardari viziati’ hanno sempre dimostrato più senso di responsabilità di chi li paga o li avrebbe dovuti pagare. Per questo solo il 16 e il 17 marzo del 1996 le minacce non sono rimaste tali.

Può essere utile ricordare i punti in discussione all’epoca: 1) Il fondo di garanzia per 160 giocatori, le cui società erano state escluse dai campionati; 2) Il mancato pagamento degli stipendi arretrati da parte di alcune società di C; 3) La sentenza Bosman, con la richiesta di immediato azzeramento dei parametri e di non equiparare i comunitari agli extracomunitari; 4) il diritto di voto ai giocatori, con l’ insediamento di una commissione giuridica da parte del Coni; 5) Il nuovo statuto che prevedeva la cancellazione della C2.

Sorvoliamo sui primi due punti, visto che raramente i calciatori riescono ad ottenere gli arretrati dalle società morose e meno che mai da quelle fallite. Chi osa mettere in mezzo avvocati viene più o meno velatamente minacciato: di quanti presunti ‘traditori’ della bandiera abbiamo letto? La Bosman ha stravolto lo sport mondiale, ma la linea del Piave del limite agli extracomunitari sta tenendo: almeno formalmente, perchè poi passaporti tarocchi o quantomeno facili hanno avuto l’effetto di una Bosman bis. Sul diritto di voto la battaglia è stata parzialmente vinta ed oggi Demetrio Albertini è una delle persone più influenti in Figc al di là di una carica (vicepresidente in quota AIC) comunque di prestigio. L’assurda C2 (ma per rapporto ricavi-costi la categoria più assistita è la B) è rinata sotto altro nome, ma non ha risolto i suoi problemi: primo fra tutti che interessa a poche persone e che mercati troppo piccoli non consentono il professionismo.

E oggi? La differenza fra le due proteste è fondamentalmente una: nel 1996 si discuteva di organizzazione generale del calcio, nel 2010 si sta discutendo di diritti dei singoli calciatori. E’ un po’ un ritorno alle origini dell’AIC, nata nel 1968 proprio per difendere i suoi iscritti dai soprusi di dirigenti che trattavano le persone come oggetti. E’ un ulteriore segnale del fatto che siamo tornati indietro di oltre 40 anni, quanto a tutela del lavoro. Anche nel senso della libertà di opinione. Il contratto firmato da Giorgio Chiellini, dal laureato e intelligente Chiellini che ha tante possibilità di scelta (non è il trentenne di Lega Pro al quale si dice ‘O è così o è così lo stesso’), con la Juventus, di fatto stabilisce che il calciatore può mettere in vendita non solo la sua immagine ma anche le sue opinioni. Nel contratto, che in questo periodo di vuoto normativo Chiellini e la Juve hanno firmato legittimamente, si stabilisce fra le altre cose che il giocatore accetta la possibilità di allenarsi separatamente dal gruppo e si impegna a vestire in un certo modo (!), a non fare dichiarazioni contrarie allo spirito della società (!!) e a riconoscere ai suoi dirigenti la possibilità di sospendergli ferie e permessi (!!!). Una caserma, con soldati però superpagati.

Quelli che vorrebbero copiare l’unico 1% di NBA che a loro conviene (la trasferibilità secondo i voleri del club, mantenendo lo stesso contratto), cioè quasi tutti quelli che mandano in avanscoperta Lotito, sognano di firmare tanti contratti singoli con un potere contrattuale ‘leggermente’ sbilanciato. E i loro giornalisti si guardano bene dal ricordare che dei 3.500 calciatori dalla A alla Lega Pro circa 2.500 guadagnano (in teoria, perchè nei bassifondi l’anno ha 10 mesi: maggio e giugno sono mesi cancellati grazie al trucco della liberatoria ad aprile) cifre paragonabili a quelle degli operai che demagogicamente vengono usati in questi giorni.

Stefano Olivari

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