Here and now

27 Ottobre 2009 di Stefano Olivari

di Stefano Olivari

Comincia finalmente la stagione regolare NBA, con arbitri regolari (però la lega oltre a non dovergli aumentare l’ingaggio ha adesso la possibilità di introdurre un maggiore ricambio, facendo fare esperienza ai colleghi di NBDL e WNBA) e pronostici regolari. Per l’anello tre squadre su tutte, con le outsider dipendenti dagli infortuni e dai gusti personali. Le tre da titolo, con due che inevitabilmente il 17 giugno 2010 (o anche prima, nel caso la serie finale si risolva prima di gara7) considereranno deludente la stagione, sono ovviamente Lakers, Celtics e Cavs. I campioni hanno lasciato Ariza, il 3 ideale nella visione di basket di Phil Jackson, per puntare su Artest: forte, fortissimo, in grado di trascinare la squadra da solo, ma…con lui c’è sempre un ma, tanto più in una squadra con una stella assoluta come Kobe. I Celtics sono la squadra su cui metteremo soldi: nei minuti decisivi delle partite senza domani non ci può essere quintetto meglio assortito di Rondo-Allen-Pierce-Garnett-Wallace. A parte Rondo, peraltro nel mirino di Doc Rivers (stando al Boston Globe, non è che abbiamo un filo diretto con Rondo così come non l’abbiamo con Bulleri o Poeta) in stile Mourinho-Balotelli a causa di creatività non richiesta, tutti giocatori oltre i trenta e con un anello già vinto (Sheed con i Pistons 2004): possono asfaltare tutti, ma sono anche fisicamente a rischio. Ben rinforzata la panchina, con Marquis Daniels e Shelden Williams. I Cavs sono la squadra del presente. Non sarà necessariamente l’ultimo anno di LeBron a casa sua, anche se questo diventerà un tormentone vista la scadenza 2010 del contratto, ma di sicuro l’arrivo di Shaq significa ‘here and now’. Sono l’eccellente squadra dell’anno scorso ma con un centro con partenza spalle a canestro invece che da tiro frontale come Ilgauskas (che comunque è rimasto), mentre fra i neoarrivati piacciono soprattutto i comprimari: Jamario Moon, Anthony Parker e l’infortunato Leon Powe. L’incognita è Delonte West, che Brown vede da quintetto base ma che sta venendo travolto da se stesso: dopo la vicenda delle armi, l’ultima (di ieri) è un’accusa di violenza domestica da parte della moglie. Non vediamo come una quarta squadra possa superare queste tre, ma comunque rimaniamo fedeli agli Spurs, capaci di fare sempre la cosa giusta: Richard Jefferson è quanto di più vicino (pur rimanendone lontano) a Doctor J abbia dato l’umanità, DeJuan Blair può fare da zero a infinito e i tre grandi stanno bene. Come sorpresa, relativa, puntiamo sui Grizzlies: squadra giovane che vedrà crescere i vari Mayo, Gay, Marc Gasol, Conley, Thabeet e che venderà qualche biglietto in più grazie ad Allen Iverson. Un campione ma anche un portatore di negatività, più o meno come l’altro acquisto Zach Randolph. Mettiamola così: un portatore di negatività, ma soprattutto un campione. Una squadra così giovane potrebbe però esaltarlo più dei milioni dell’Olympiacos della situazione. Quanto agli italiani, i Raptors sono stati ribaltati e sembrano meglio dell’anno scorso: fra l’arrivo di Hedo Turkoglu, la possibile esplosione di DeMar DeRozan e tutto il resto, questa per Bargnani dovrebbe essere la stagione della conferma ad alto livello: non sarà mai un trascinatore, come lui stesso ha ammesso dopo il recente fallimento (non solo suo) azzurro, ma con quel tiro può stare bene nella NBA per altri dieci anni. Perplessità: visto l’organico, rischia i farsi molti giri da ‘5’. Belinelli trova meno concorrenza che ai Warriors, ma non ha alcuna garanzia ed i segnali della preseason non sono comunque buoni. Previsione: molti più minuti che con Don Nelson, ma da comprimario. Curiosità per i Knicks di Gallinari, che ormai sono stati ripuliti da contratti e personaggi ingombranti: devono solo fare meglio dell’anno scorso, e non sarà difficile, per tenere buoni i tifosi e presentarsi alla prossima estate con lo spazio salariale giusto per agganciare un crack e mezzo. Uno fra LeBron e Wade, più magari Bosh: ma è quello che vorrebbero quasi tutti.
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