Franco libero in libera Svizzera

16 Gennaio 2015 di Stefano Olivari

E così il franco si è liberato dell’euro, beato il franco. Si discuteva proprio di questo al bar dell’economia, analizzando la mossa della Banca Centrale della Svizzera e del suo presidente Thomas Jourdan, che hanno deciso di non difendere più un rapporto di cambio con l’euro che a 1,20 (in parole povere, fino a ieri 5 euro valevano circa 6 franchi svizzeri) era diventato insostenibile, vista la quantità di robaccia (in euro, chiaramente) da acquistare per sostenerlo. Gli effetti immediati dell’operazione sono nei titoli di tutti i media: crollata la Borsa di Zurigo (meno 8,7%, oggi mentre stiamo scrivendo queste righe perso un ulteriore 6%), crollati l’euro senza doping (ormai vicino alla parità con il franco) ma anche il dollaro rispetto al franco, benino le altre borse europee. Ma questa è cronaca, noi facciamo cazzeggio. Con due domande: la prima è ‘Perché?’, le seconda è ‘Chi ci guadagna e chi ci perde, adesso e in prospettiva?’. La risposta ci è arrivata dall’unico del bar a non essere considerabile un fallito, come provato dall’elegante cappottino tre quarti, analista di una grande banca che ama stupire i mortali con i suoi discorsi a colpi di BRIC e PIGS. Grazie, ma forse ci eravamo arrivati da soli. Il perché è abbastanza semplice e lo ha in fondo spiegato lo stesso Jourdan in conferenza stampa: il cambio franco-euro era diventato fintissimo, le buone intenzioni del 2012 non erano più difendibili se non a prezzo di riempire Banca Centrale e a cascata il sistema bancario elvetico di titoli in euro destinati a valere sempre meno con l’ormai certo Quantitative Easing da parte della BCE di Draghi. Evidentemente la banca centrale ha ritenuto che i vantaggi per l’export svizzero (per il 55% verso paesi di area euro) fossero ormai diventati inferiori ai vantaggi per la Svizzera in generale, con tutto il rispetto per il cioccolato e gli orologi. Siccome gli economisti fanno a volte grandi cazzate e senza pagarne le conseguenze, come invece avviene agli imprenditori, non stiamo dicendo che la Svizzera abbia fatto bene ma semplicemente che questo è stato il calcolo. La risposta alla seconda domanda è più complessa del dire ‘Come sono fortunati i frontalieri italiani’ (cosa comunque vera, vivendo a Como o Varese ciò che guadagnano in franchi vale il 15% in più) e ‘Come sono sfortunati gli imprenditori svizzeri’ (per chi ha un dimensione internazionale o un brand di peso cambierà poco, di sicuro invece sarà una mazzata per il turismo a meno che il dollaro non si svaluti, come è possibile), perché riguarda il ruolo che la Svizzera intende giocare in un mondo difficilmente interpretabile, dove il capitalismo è turbo soprattutto in paesi non democratici. Conclusione provvisoria del bar: una moneta libera da qualsiasi vincolo, di una nazione con fama di serietà, rende questa nazione l’approdo privilegiato di qualsiasi tipo di capitale anche molto di più rispetto al passato. A dispetto di trattati bilaterali con chi ormai produce sempre meno (in chiaro e in nero), come l’Italia, e anche della stessa convenienza visto che i tassi sui depositi bancari sono negativi e i gestori svizzeri nella comunità finanziaria non hanno fama di essere geniali o propositivi. Con questa mossa la Svizzera ambisce a tornare il centro finanziario del mondo, al prezzo di vendere meno Swatch (ma non meno Rolex o IWC), l’ufficializzazione avverrà quando un sequestratore mediorientale chiederà un riscatto in franchi. Di certo è una scelta che avrebbe potuto compiere soltanto un paese libero. Non che nella Confederazione manchino i massoni, anzi. Ma sono massoni patriottici.

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