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Vuoti a perdere

Divertimento da Aradori

Oscar Eleni 17/09/2012

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Oscar Eleni dal territorio libero di Amblar dove Franco Grigoletti attende paziente le sentite litanie di chi lo ha amato e ammirato davvero, in ginocchio davanti all’abete rosso che è stato, proprio come lui nel giornalismo senza retroica, re della valle, una pianta che ha vissuto 181 anni, ma che resta come ricordo per le generazioni che verranno, proprio adesso che la terra si ribella, in questi giorni di maledette speculazioni. Anche per noi  viandanti alla ricerca del perdono il brindisi, rigorosamente con vini trentini, rigorosamente rossi in omaggio a chi tirava scarpe di taglia grossa contro televisori che  annunciavano il nuovo vento dell’Est con i risultati che oggi vedono tutti i prigionieri della nuova mafia che ti spiezza, del mondo dove prevale la sbornia per i beni materiali, dove si premiano soprattuto gli ignoranti spingendo troppa gente nella prigionia del rancore. Una giornata particolare con la Menghini (Franca, la moglie che il Grigo chiamava rigorosamente usando il cognome romerese),  scoprendo che il talento dei Reineri sfugge, ancora oggi, ai lumacoidi che  sperano di nascondere ignoranza e presunzione dietro agli urlacci. Parlare del passato cestistico non recente riaccende speranze ad una settimana dall’inizio della stagione agonistica che, non è un caso,  parte con il gran rifiuto dell’arbitro Lamonica, il numero uno, a dirigere con Paternicò e Cicoria la supercoppa del 22 settembre sul campo di Rimini dove gli amministratori spendono per il grande avvenimento, lasciando nel rimpianto chi ha sempre sperato che la tradizione fosse protetta e sostenuta senza cadere sotto la scure e la maledizione del nuovo palazzo. Tornando ad Amblar per farsi spiegare da Luigi Longhi, giornalista giustamente convinto che la professione non dia il diritto a vivere al di sopra delle regole se la sua libertà viene rispettata, capo dello sport all’Adige dove il Grigo ha scritto la sua ultima amarezza per un mondo che non riconosceva e non riconoscerebbe se provasse a sintonizzarsi con questa generazione premium, presidente della neopromossa Trento che cercherà di salvarsi in A2 con un bilancio di poco inferiore ai 2 milioni di euro, per prima squadra e settore giovanile, di avere spazio in territorio consacrato alla grande pallavolo che ha dominato nel mondo e in Italia. Si brinda e si affodano i ricordi sul risotto al Teroldego, pur sapendo che Grigo odiava il riso, ma non i canederli capaci di aprire mondi e la caccia all’aneddoto serio, dove il ricordo più divertente che ha fatto sorridere anche la signora sindaco piacevolmente stupita di scoprire adesso quel gigante che stava vicino ai poveri, alla gente comune e  non si vantava mai di aver “messo al mondo” tanti giornalisti, che di sicuro non avrebbe detto al Gramellini al top del successo con il suo bellissimo libro, arrivato oltre le seicentomila copie, che non è davvero tempo per fermarsi perché la nebbia non si è diradata in questo paese che lascia tanta gente a combattere per un lavoro, per pochi euro, mentre al di sopra della ragione, dell’etica, della dignità, si pasteggia con ostriche, champagne, si fa baldoria dietro il cartello dell’io sono io e voi nun siete un cazzo. Malattia per tanti ambienti. Basket compreso. Dicevamo dell’aneddotto del tipografo filosofo e pescatore Matteo, storia dei tempi in cui il piombo era rovente nelle tipografie vere: il problema con il piombo era che si doveva tagliare l’eccedenza senza misericordia, il primo caporedattore conosciuto sorrideva dicendo che anche Dante è stato tagliato dalla nuova editoria, ma con gli oroscopi era facile, bastava spostare una riga sotto il segno con meno parole per pareggiare tutto, ma la cosa bella è che l’onorevole De Mita quando polemizzava con il Giorno, giornale frantumato da chi poteva vendere carciofi, svenduto dall’Eni, diceva sempre che la cosa più affascinante da leggere era l’oroscopo. Ecco cosa succede ad inginocchiarsi all’abete rosso, si comincia commossi e poi ci si abbraccia ridendo, come se il tempo fosse ancora dalla nostra parte, come se il Grigo fosse lì a dirci “ostia ma chi li ha messi al timone quei cialtroni, chi  si nasconde dietro  al dito della crisi per non far sapere che  nel bugliolo burocratico hanno buttato la gente migliore, lasciando spazio ai creativi d’insuccesso”. Sorride il figlio del sindaco Pellegrini, laureando in ingegneria, che serve  a tavola facendoci venire in mente i viaggi a Cuba dove tutti i barman giuravano di essere ingegneri perseguitati. Fa bene a divertirsi perché la storia di un grande lo affascina ed era proprio lì, vicino a lui, vicino a noi, anche nel giorno della commemorazione,  ma non dire monate, del brindisi autentico iniziato davanti alla foto sulla lapide dove l’hombre vertical controlla che i visitatori non facciano confusione fra rito e puttanate. Lui è sulla sua luna, come pensano i nipoti più piccoli che lo fanno pescare da una stella, pronto ad aiutarci ancora, magari non con puntualità, troppo banale, ma nel momento che servirà davvero per scappare da questo  postaccio per gente rifatta, dove si banalizza lo sport al punto da non farlo più praticare con i risultati che si vedono.Mele trentine per una settimana aspettando il primo verdetto, convinti che Siena non sia  molto più debole della Milano costruita con tante certezze da poter offrire abbonamenti per posti premium a 3900 euro. Vedremo  se la scelta elitaria avrà  successo, in questo caso vorrebbe proprio dire che è venuto il tempo per mandare avanti altre generazioni, per fare ala al passaggio del principe e della sua corte, per rivedere tutto sulla’idea che lo sport, per avere successo, deve essere fonte d’ispirazione esistenziale, non di invidia. Lasciare Amblar domandandosi se davvero dobbiamo goderci l’autunno della Nazionale imbattuta. I primi segnali dicono di no. Il Wertherone Pedrazzi ci ha fatto leggere una interessante intervista al truzzo Aradori sul Corriere della Sera. Abbiamo condiviso quasi tutto, ma ci siamo bloccati quando ha voluto spiegare che la sua “ fuga” da Siena per andarsi a divertire con Cantù, una mania questa da Cassano in giù, è stata  obbligata perché il Pianigiani che lo ha vestito d’azzurro non lo vedeva  vestito sempre bene per  il Monte esacampione. Può essere. Certo quando lui dice che Minucci, invece,  era totalmente dalla sua parte, è sicuro?, ci confonde perché se fosse vero allora, considerando la decisione invernale del  divorzio dall’allenatore degli scudetti, avrebbe potuto benissimo tenerlo e non siamo sicuri che a Cantù, dove hanno dovuto fermarsi quando cercavano di prendere il talento Tessitori, proprio per motivi economici, abbiano rilanciato sulle offerte  senesi anche se l’obiettivo del Ferdinando  era costruire una squadra buona con metà degli investimenti rispetto  agli anni precedenti. Sul caso Aradori, che poi aprirà il caso Belinelli, che non nasconderà il caso Melli, giocatore che Scariolo, davanti a testimoni, considerava a rischio secondo i medici Olimpia in disaccordo con i medici della Nazionale, ragazzo promettente che con Pianigiani non si prende tanto, ci sentiamo di consigliare al Principe dei lupi emigrato ad Istanbul di lasciare a Petrucci, al full time, a tutti loro questo gioiellino di organizzazione per la nazionale perché agli europei  in Slovenia, sembra certo, non si presenteranno quelli che Belinelli non lo vogliono proprio vedere, che il torneo a settembre potrebbe davvero far alzare il ponte levatoio alla NBA che si inizierà non tanto tempo dopo e anche se il Gallo giura fedeltà azzurra per sempre, se in salute, noi, senza di lui non andremmo oltre la prima fase, quindi limbo mondiale ed olimpico.A proposito di NBA, siamo andati a stuzzicare Boscia Tanjevic per le due paghe prese contro l’Italia: ”Io sono rimasto legato al vostro basket e sapevo di doverlo aiutare  perdendo contro di voi ed è stato più facile perché quel Gallinari è stato davvero stupendo e Datome mi ha ricordato che non era sprecato il tempo con lui. Poi quando culo ha stretto pigiama ci siamo qualificati pure noi turchi e vedrete che la semina in questo torneo verrà utile. Non potevo dire di no. Non è paragonabile la mia scelta con quella che ha riportato Dan, anche se, immagino, la spinta emotiva sia stata la stessa perché siamo gente di cuore”. Fermare il traffico sul ponte del Bosforo per chiedergli dell’abiura sulla Gazzetta dopo aver sparato contro l’ignoranza di molti allenatori NBA. Altra ribellione. Non erano accuse generiche, secondo il Boscia, perché effettivamente il problema esiste e la NBA dovrebbe essere felice di dare i suoi giocatori europei alle squadre nazionali perché torneranno tutti da loro con più qualità tecniche, non avendo sprecato estati a pescare, in corsi di specializzazione o, magari, a bere soltanto. Magari ci fosse una solllevazione generale, ma la NBA se ne fotte e fa male, così come fanno male le università ad essere rigide sui rimborsi per ragazzi che arrivano al professionismo senza una preparazione vera, come uomini e, spesso, anche come giocatori. Magari le menti fossero elastiche, ma, come vediamo ogni giorno, soprattutto qui, l’ottusità porta all’avversione e questo avvelena la nostra vita come direbbero a Mumbai.Un ricordo per chi è ancora credente in un basket che parte dalla strada. Sabato prossimo, in via Dezza, sarà finalmente dedicato il campo all’aperto a Mario Borella, padre spirituale per generazioni di giocatori milanesi e italiani. Sono stati i suoi ex allievi, partendo da Attilio Lanzetta, a battersi per ottenere una cosa che sembrava logica, ma che ha richiesto comunque l’impegno dei dirigenti di zona, la spinta che, partendo dalla Canottieri, la sua fucina, arrivando all’Olimpia la casa dei suoi successi, transitando dal Leone XIII, fermandosi a meditare davanti al Beccaria in fiamme dove lui portava giocatori di serie A ad insegnare ai “ligera” del correzionale, ha coinvolto le società che sabato saranno sul campo. La cosa importanate per capire questa storia legata al “signor Mario” è che fra i più attivi per arrivare alla giornata del riconoscimento è stato il Toni Cappellari cresciuto al Lamber  prima di cavalcare la vera tigre dell’ Olimpia bogoncelliana e dei Gabetti, un estraneo, come dice lui, che però ci ricorda come  eravamo davvero: avidi di conoscenza, liberi nella testa e nell’anima, al di là delle etichette, pronti ad imparare da chi ne sapeva di più e Mario Borella era poroprio questo. Ora il Capp emarginato dall’invidia lavorerà per un’altra operazione che merita un seguito: la Forti e Liberi del Ribolini, del Pedrazzi deve rinascere. Monza ne ha bisogno e allora in marcia.

Oscar Eleni, 17 settembre 2012

(Credit foto: http://sport.sky.it)

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