Contro il senso comune

15 Giugno 2010 di Stefano Olivari

Il calcio delle nazionali ha una percentuale di quote sbagliate superiore a quella del calcio di club, per due ragioni precise. La prima: non c’è un’attività continuativa, difficile valutare formazioni che giocano poche partite all’anno quando anche i migliori quotisti spesso non vanno al di là di valutazioni sui singoli. La seconda: l’effetto ‘marchio’ è moltiplicato, visto che sul pianeta Terra ci sono molti più scommettitori occasionali che credono a occhi chiusi che nel Brasile di quanti credano nel Barcellona.
Le quote delle grandi tradizionali sono quindi sempre e comunque sbagliate al ribasso, a causa del meccanismo dell’allibraggio. Come sfruttare il tutto a nostro vantaggio? Puntando sistematicamente sugli ‘altri’ risultati, cioè il pareggio o la vittoria della sfavorita: sempre la stessa cifra totale per partita (i libri di money management dicono un duecentesimo del capitale), suddivisa fra i due risultati in modo da generare lo stesso utile in caso di mancata vittoria del Brasile di turno. Esempio concreto: in Brasile-Corea del Nord di oggi le scommesse dei sistemisti del genere ‘value’ con un capitale di 2mila euro sarebbero 8 euro sul pari a 8,50 e 2 sulla vittoria asiatica a 35. Se la squadra di Dunga deluderà l’utile sarà quindi in ogni caso intorno ai 60 euro. Se Kakà e compagni faranno il loro dovere avremo invece perso lo 0,5% del capitale. Siamo sommersi di statistiche di advisor che dimostrano come nel lungo periodo questo gioco sia vincente, proprio perché risulta incomprensibile al giocatore occasionale e poco dannoso per il bookmaker.
Stefano Olivari
(pubblicato sul Giornale di oggi)

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