Economia

Case senza cinesi

Stefano Olivari 27/06/2011

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di Anna Laura
Una serie di immagini satellitari mostra l’incredibile realtà della Cina, nazione cara ad alcuni lettori di Indiscreto. Decine di città disabitate. Il ragionamento da giornalisti inviati sul posto (cioé in albergo) ci porta subito a dire: “Sarà per via dell’emigrazione interna, dello svuotamento delle campagne per andare verso i luoghi dove c’è lavoro”. E invece no, dalle immeagini si vede che le città sono nuovissime, costruite di sicuro negli ultimi dieci anni.
Città che possono contenere un milione e mezzo di persone, dove non si vede una macchina che circola. Cosa significa tutto ciò? Forse che la Cina è alle prese con una bolla immobiliare che farà impallidire quella americana e quella delle isole a forma di palma? Ovvio che nessuno possa raccontarci cosa stia veramente accadendo: una dittatura comunista con il web filtrato è, come dire, meno trasparente della più cialtrona delle democrazie. Leggi il Corriere della Sera e il loro esperto ti consiglia azioni di società che operano in Cina, senti il consulente bancario e dice di diversificare perché la Cina è il futuro, anche la vicina di casa dal panettiere apprezza i mercati asiatici. Nessuno ti dice che cosa stia succedendo, meno che mai potremmo farlo noi. Abbiamo solo un’idea, che è la seguente: il sistema dell’economia internazionale non regge più e chi ha goduto del privilegio di decidere le sorti del mondo vuole cambiare tutto senza che cambi niente. Il sistema della globalizzazione è quindi fallito, intenzionalmente. Quando vuoi cambiare tutte le regole, ma non i dettatori delle regole, allora devi creare un diversivo: un botto così grande da impedire alla gente qualsiasi analisi, qualsiasi indagine. Il guaio è che se dovessimo cominciare anche solo a spiegare da dove tutto è partito (Bretton Woods 1971) e dove ci stia portando nel 2012-2013, faremmo fatica a combattere contro quello che ci ha ipnotizzato mediaticamente e ci ha fatto accettare tutto ciò. Dovremmo demolire tutti gli slogans che hanno avuto la parte del grimaldello per la nostra biologia credente, per le difficoltà a cambiare i nostrischemi mentali, una volta che li abbiamo indossati. Ma se vogliamo cominciare, cominciamo…Io partirei dal settore pubblico e dalle privatizzazioni, stranamente esaltate da (quasi) ogni partito. E’ vero che le holding pubbliche rappresentavano un costo per lo stato? Ne riparleremo.


Anna Laura

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