Ubuntu

19 Giugno 2008 di Stefano Olivari

Oscar Eleni da Stradella, Oltrepo, per scoprire il pane che si sposa col salame, per bere abbastanza, per vivere nella salute e per brindare alla salute, per leggere la nostra vita attraverso le fotografie di Giuseppe Palmas, quando la dolce vita dei campioni era soltanto dolce e non sguaiata, per vedere, in una bella piazza, trasformata come un teatro sotto la torre illuminata, lo spettacolo “Bambini infiniti e altre storie” tratto dal libro di Emanuela Audisio, per ascoltare Lea Pericoli che parla del suo amico Nicola Pietrangeli sul quale ha scritto un libro che ci porta sulle rive del lago dorato dove il protagonista non è mai riuscito a lavorare sul serio perché gli mancava il tempo. Un sabato nel villaggio fra spettacolo, cinema, arte, letteratura e sport, pensando pure alla salute come provava a spiegarci il sindaco Lombardi mentre invitava il cuoco umbro a non risparmiarsi nella scelta dei cibi che ridanno un senso all’esistenza, come direbbero quelli che escono indenni da una notte con Ugo e i menestrelli della collina bolognese, che da quasi astemio riusciva comunque ad esaltare i vini della zona benedetta tipo lo spumante con metodo Martel… non ricordo più bene, ah il bicchiere mai vuoto, molto più buono dei francesi e con perlage stupendo.
Cosa ci fai a Stradella nella notte in cui il basket sceglie i campioni della NBA? Chiedetelo ad una ex giocatrice di basket, diventata ottima giornalista, ex compagna di squadra della Luisa (chi? Ah, mia moglie!), che ha scelto di organizzare eventi per rompere le catene di una professione dove non si riconosce più. Dovevamo partire da una notte a Stradella, portati dall’autista pavese che del basket conosce quasi tutto, per averlo giocato, per averlo amato, forse lo ama ancora, perché avevamo voglia di staccare la spina dopo la beatificazione del Montepaschi, di Pianigiani e del Minucci assalito dai barbari che vorrebbero portargli via i giocatori senza immaginare che il vero tesoro non è custodito alla Rocca Salimbeni del Monte, non è nella virtù di un singolo, ma viene protetto in una cripta sotto il palazzo dove il Ferdinando legge a distanza le pagine di Ubuntu, un libretto scritto in Sudafrica tanti anni fa, quello dove trovi la filosofia della vita e dell’esistenza di Desmond Tutu e Nelson Mandela, eroi, gente, eroi e poeti, quello che ricorda al giocatore viandante, seppure ingegnoso, il concetto che vale davvero per lo sport di squadra: io sono perché noi siamo.
Lo stesso libretto, gli stessi colori, erano nascosti anche nella cripta bostoniana dove Doc Rivers ha ritrovato l’anello di fumo che usciva dalla tomba di Red Auerbach (citazione Bufa con riconoscenza), ridando felicità alla città più europea degli Stati Uniti, più bella di Elei, della Mela, più bella di tutte, pazienza se poi capita di trovare fra i tifosi spericolati il Massimo Oriani della Gazzetta. Gli va tutto bene con Boston, ci ha studiato, la sente, la vive, peccato che poi gli chiedano di non raccontarcela davvero fermandolo sulla porta dove entri soltanto se dai interpretazioni tecniche. La Gazza degli orgasmi è quasi sempre così, molto contradditorria, perché manda inviati dove altri, persino SKY, rinunciano per problemi di spesa, ma poi si confonde. Da una parte vuole tette e culi e tanto velluto, dall’altra guai a svegliarsi dentro un cortile di Harvard. Misteri nel tempo delle telecronache lecca lecca, quelle italiane, perché sulla NBA si va giù pesanti, si racconta quasi tutto, con lo stile di chi riesce a farti sapere che potrebbe dire molto di più, ma, accidenti, stanno giocando e bisogna pur dire chi butta la palla nel cesto stordendoti, chi fa sputare la palla dal cesto intossicandoti. Non lo fanno sempre, ogni tanto dimenticano, ma una cosa è certa: quei ragazzi con gelato a microfono non riescono proprio a capire il segreto di Ubuntu, si fermano ancora a studiare la faccia di Kobe Bryant che assomiglia tanto a quella che domenicalmente vediamo sui campi di calcio italiani quando c’è una sostituzione non gradita, quando gli individui fingono di far parte della stessa squadra, avendo ben altro in mente. La stessa dei faraoni che hanno dominato il mondo basket uscendone da eroi, predicatori, da santi anche se erano soltanto bevitori come tanti di noi.
Ubuntu è stato il segreto di Siena per questi anni gloriosi e lo sarà ancora. Vediamo se le avversarie avranno capito, vediamo se il concetto entrerà in questa nuova Armani, così strana da apparire ostile alla corretta comunicazione, così legata ad un rapporto provinciale con chi potrebbe rivelarsi amico o, peggio ancora, amico dell’amico, così lontana da sembrare irreale visto che quando pretende la luce dei media scopre che quella si era accesa molto prima o si è spenta poco dopo. Pazienza. Avremo tempo per capire e diciamo questo, senza nessun rimpianto per Corbelli, sia chiaro, ma soltanto per completezza d’informazione, a Lucio Zanca perchè non s’illuda di avere scoperto davvero cosa c’è nella sala trofei di via Caltanisetta dopo averci dato soltanto un’occhiata.
Pagelle e vino dell’Oltrepo pavese, una goduria, brindando a Markovski che torna in Avellino, a Caja che forse andrà in Turchia dopo aver fatto la migliore delle imprese in carriera, a Boniciolli che, probabilmente, resterà a Trieste a far giocare i suoi figli dopo aver fatto la migliore delle stagioni, anche se lui, come Arrigo Sacchi, quando parlava dell’epopea giovanile nel salone d’onore dell’associazione calcio Milan, ricorderà sempre che il capolavoro lo ha fatto alla Snaidero anche se la crudelia demon di turno ha cercato di cancellarne il ricordo. Brindare al mondo come ce lo siamo scelto e come lo avete votato.
10 All’avvocato PORELLI che finge di non essere più interessato al grande basket, ma che scatta come una molla, eterno duro, quando gli toccano la Virtus che lui ha riportato alla gloria, che lui ha costruito come una grande società moderna ed europea. Ci ha provato Cazzola parlando del recupero dai debiti per Bologna calcio e Virtus basket. E’ stato smentito, ma vedrete che non ci farà caso. Da noi le cose vanno così.
9 Ai CELTICS che nel segno del numero 33 di Larry Bird hanno fatto diventare numero unico i tre campioni del gruppo, cioè Pierce l’angelino, Garnett il più implacabile, Allen il più intrigante. Ai verdi di Boston per essersi gemellati con i verdi di Siena e di Avellino, forse anche del Pana. Ai Celtics del Doc Rivers che, per una volta ancora, ha soffiato nell’orecchio ai lavagnisti che sono gli uomini e non gli schemi a vincere o perdere le partite, per cui sarebbe meglio valutare certe battute, guardare gli occhi in determinati minuti di sospensione, piuttosto che farsi belli nella convinzione di poter divulgare meglio il gioco spiegando più la fava della rava.
8 Ad Ettore ZUCCHERI, 64 anni, ex grande del nostro basket, l’uomo dai fondamentali quasi perfetti, campione nella Virtus e per la Virtus, che ancora insegna ai ragazzi di Budrio l’arte del gioco, cosa che non fanno davvero tutti quei fenomeni che vediamo sorridere da manifesti dove s’invitano i ragazzi, a pagamento, si capisce, ad imparare da loro. Una differenza abissale come diceva il professor Nikolic scomunicando chi organizzava corsi soltanto per un dollaro in più e non per insegnare sul serio. Di Zuccheri abbiamo ricordi stupendi, ma non lo capiamo soltanto quando dice che è sbagliato pensare che un allenatore può creare giocatori perché non c’è nulla da insegnare, ma tutto da apprendere. O forse lo capiamo benissimo tutti?
7 A Danilo GALLINARI che non ci ha messo molto a far sapere che le sfide anche difficilissime lo stuzzicano. Milano gli avrebbe costruito intorno un palazzo d’oro, anche se per la verità la scelta di Bucchi al posto di Lardo, scuderia di famiglia, deve avergli messo il dubbio che la voglia di tenerlo non era poi così forte, ma lui ha tirato dritto e speriamo che si fermi a casa D’Antoni, anche se Arsenio non può permettersi scelte di favore o di simpatia nel primo anno dentro l’inferno Knicks.
6 Al carissimo HAWKINS che spon

taneamente potrebbe risolvere certi problemi per la Lottomatica trovando un posto nella NBA. Lui ci prova ancora, è testardo, ma sono testardi anche quelli convinti che sarà una perdita insostituibile come, ad esempio, quella di Lorbek. Non ci siamo fratelli dell’Ubuntu, sorelle del ritornello che nessuno sarebbe nessuno se ognuno fosse qualcuno.
5 Al crudele VALENTI, giornalista eccellente, in continuo progresso, vera luce di SB, per averci svegliato di soprassalto scoprendo le cifre degli ascolti SKY. Poteva lasciarci nell’illusione che tutti fossero patiti al punto da rinunciare, quasi ogni sera, al resto della vita sociale che si sviluppa dopo le ventuno, ma lui ha voluto essere chiaro per una televisione che, purtroppo, non va in chiaro. Ci ha fatto del male. O forse no?
4 All’anonimo che saccheggiando i versi di Yue FEI ha messo al tappeto tutti quelli che pur avendo lavorato alla grande nel basket si vedono messi alla porta, osteggiati persino da quelli che all’inizio si abbeveravano alla fonte pur d’imparare in fretta. Per loro il poeta ha detto una grande verità e lo ricordiamo al commissario Parisini come capostipite dei dimenticati: Correre per centomila chilometri sotto la luna e le nubi, combattere per 30 anni e avere come premio sabbia e polvere. Tocca, cara gente, vi tocca e ci tocca.
3 Al prode MORDENTE che si sta staccando da Treviso per aver sostenuto il concetto di sciopero azzurro con la convinzione che il basket nazionale ne avrà un grande vantaggio. Diciamo che il vantaggio, adesso, ma anche domani, lo avranno quelli che per legge dovranno essere tesserati ed impegnati. Agli spettatori, purtroppo non tantissimi, sembra interessare molto meno e se questo è vero fateci capire perché ogni anno gli stipendi aumentano.
2 A Mason ROCCA la roccia perché sul suo nome è cominciata la strana battaglia di chi non ha ancora compreso che per contrastare Siena bisogna anticiparla, non seguirla, non impegnarsi in battaglie al rialzo come nel caso Diener. Caro Rocca scegli e chiudi la vicenda, siamo stanchi d’immaginarti dove non dovresti essere.
1 Ai TORONTO RAPTORS e a tutte le franchigie dell’NBA che licenziano, bloccano, fermano i giocatori decisi a giocare nelle loro Nazionali. Un cattivo esempio e farsi invidiare dal calcio proprio per questo non ci va bene.
0 Al presidente federale MAIFREDI che non abbiamo visto nelle finali tricolori, che non abbiamo capito in questo braccio di ferro con giocatori e giocatrici visto che al primo ostacolo ha fatto sapere, seguendo esempi molto alti, che non avevano capito certe sue dichiarazioni, che ci si può rimettere al tavolo per una discussione. Cedere con fermezza, forse, è sempre stato il segreto di chi conosce la sottigliezza politica, la sfumatura del voto, ma non ci sembra bello.

Oscar Eleni
Fonte: www.settimanasportiva.it

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