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Pallacanestro quotidiana

The Heat is on

Stefano Olivari 26/09/2012

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La scorsa estate la NBA ci è sembrata lontana più del solito. Forse perché la nazionale americana a Londra ha dominato (tranne il secondo e il terzo quarto della finale con la Spagna) giocando come il Cibona Zagabria dei fratelli Petrovic, di Usic e di Cvjeticanin. O più probabilmente perché le varie operazioni di mercato non hanno cambiato i valori rispetto alla scorsa stagione, al netto della curiosità per il cast dei Lakers. Iniziamo quindi i nostri modestissimi e sintetici preview da insonni fanatici da League Pass, partendo con i campioni in carica. I Miami Heat erano fortissimi e lo sono diventati un po’ di più spendendo relativamente poco per gli ingaggi di Ray Allen e Rashard Lewis (e comunque sforando il cap con la mini midlevel exception). Due All Star piuttosto bolsi che però devono solo metterla da fuori e facilitare il lavoro a LeBron James, Wade e Bosh. La squadra di Riley e Spoelstra non ha colmato le sue lacune, soprattutto di tonnellaggio, sottocanestro dopo che nella finale è stata graziata dai lunghi dei Thunder (e dalla discutibile regia di Westbrook). Gli Heat sono una delle poche squadre della lega a poter essere considerate al top sia in attacco che in difesa, quindi è difficile trovar loro punti deboli. Possono giocare di squadra, grazie anche all’intelligente umiltà di Wade che ha fatto un passo indietro, ma anche cavalcare chi è caldo nelle classiche serate di stagione regolare in cui vengono giocati sul serio solo i primi sei e gli ultimi dodici minuti. Il vero punto debole sono i rimbalzi (anche se per quelli dinamici sono messi bene…), l’anno scorso non sono stati da elìte (noni su trenta). E non sono migliorati. Contro Thunder più consapevoli e Lakers che facessero funzionare Howard nelle partite vere potrebbero essere dolori. Viste le ore di volo di LBJ, Wade e Bosh (decima stagione per tutti), se deve essere ciclo deve essere per forza adesso.

Twitter @StefanoOlivari

 

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