Basket
Il Gentile più utile
di Oscar Eleni
Pubblicato il 2014-02-24
Oscar Eleni dalla casa sulle dune e sul mare a 200 metri dalla spiaggia de Los Canos in Andalusia dove ci siamo nascosti per proteggere i nostri orsi cacciati dalle montagne perché li hanno trovati troppo vicino ai paesi che vivevano nell’illusione di poterli soltanto fotografare e mai sfamare. Ci siamo portati gli orsi perduti nella crisi e nel tempo: dalla grande Fortitudo alla vera Virtus parlando di Bologna, dalla Benetton che era la magnifica idea verde di Gilberto e Buzzavo alla Scavolini dei giorni in cui Valter pedalava in salita come se avesse davanti una discesa che poi portava allo scudetto. Adesso dovrebbe arrivare, portato dal domatore Minucci ovviamente passato dalla parte degli infami contestabili come dicevano i cesariani e i macchiavellici sostenuti dai nipoti di chi rubava la benzina nei garage, anche l’orso di Siena che con questo caldo andaluso farà la fine degli altri: un po’ di felicità nel mare, ma poi la fine, la vera crisi.
Certo, siamo tutti con il marchio di scadenza, ma fa sempre un certo effetto sapere il giorno della chiusura e infatti ci siamo rifiutati di sedere al tavolino con una ex giocatrice romana di valore che sa leggere negli astri e che giura di conoscere il giorno del suo addio a questa vita, pronta a raccontarti del tuo. Niente. Ma per le società sportive lo capisci presto quando le cose vanno male. Tutte hanno avuto il messaggio, poche sono riuscite ad evitare il peggio e ancora adesso non sapremmo fare i conti su quante società vere potranno chiedere l’iscrizione al prossimo campionato e, cosa peggiore, non riusciamo a vedere oltre la dittatura di chi ha speso tanto come Milano, di chi ha investito tanto come Sassari. Dittatura come quella di Siena? Be’, rilevando metà Siena che in ricchezza aveva contro dei pari peso come Armani e Toti e per un pochino anche la Bologna sabatiniana che faceva ottomila veramente paganti. Per gli altri la fine degli orsi, se pensiamo che Roma si è vista chiedere dal Real Madrid, in emergenza per l’infortunio di Jaycee Carroll, il suo tiratore da tre Jimmy Baron, l’uomo che si allena al buio, ma che dava all’Acea anche la speranza di stare comunque al vertice, non in alto come si è visto nella coppa Italia, ma comunque fra le migliori.
Dall’Andalusia canto gitano per Luca Banchi che ha portato l’Emporio fuori dalle fiere di paese e lo propone come squadra di caratura europea. Lo sapevano tutti, persino i ruffiani che sperano sempre di avere le briciole quando sarà l’ora di salire sul carro del vincitore, ma c’era una strada difficile da percorrere per arrivare a vedere le montagne arcobaleno nel deserto di questi gobbi del sistema che sembrano sempre come quel sito che spesso non è possibile e neppure decente connettere come spesso con quello dell’Eurolega rinunciando alla versione italiana. Milano prima in classifica non può essere stupore o soddisfazione esagerata adesso che cinguettano tutti dalla secondaria del Lido fino ai posteggi dove si vede la luna di Assago. Era la logica. Coppa Italia? Errore di percorso, non mancanza di voglia, peccati di gola e di super-io angoloso non fregola da corsa al ritrovo delle ore felici, ci stava, ce ne saranno altri e vedremo quanto dolorosi, ma intanto sarà Milano ad avere il fattore campo per le volate scudetto e nella casa ritrovata, fra mugugni, striscioni che ci dicono della frattura di oggi, ma non dei legami ambigui di ieri. L’Emporio di Armani non ha mai lasciato zucchero alle squadre italiane, salvo appunto la Sassari che sembrava annientata dopo 10 minuti, rimessa in vita con una respirazione bocca a bocca che serviva a tutti perché adesso sembra davvero più impresa questa logica cavalcata verso il titolo che manca da troppo tempo. Con questo spirito e questa difesa, toh, il Peterson che ci aveva sfasciato e ci sfascia i santissimi anche in streaming con l’idea dei successi costruiti in attacco lui che godeva della ferocia difensiva dei suoi bassotti e poi dei gigantoni che ha potuto avere con il portafoglio Gabetti e una società con placcatori che avevano pure buone idee, ammette che con questa passione per non farsi fare canestro non si riuscirà a prendere la rocca di Banchi.
Anche con le artiglierie del Sacchetti che ha mandato in pezzi il fragile rapporto fra Varese e Fabrizio Frates. Lui, il Meo, sosia del grande venezuelano, che sogna la curva del Liverpool per poter cantare al suo sport “non camminerai mai solo”, per adesso aggiunge al centro quel Benjamin Eze che deve avere dei buoni agenti davvero se trova sempre ingaggi dopo lunghi periodi a saltare sui tavoli della disoccupazione dorata, ma non tradirà più il suo gioco dantoniano da impeto e assalto, nella speranza che la chimica zonista possa salvare i suoi finti difensori. Vedremo questo testa a testa anche perché Sassari è lontana dal secondo posto di Brindisi e Cantù e allora avrà caramelle dure da masticare con la dentiera dei playoff.
Tutto finito allora? Lo era già un mese fa quando avevamo visto Milano vincere con la difese orribili partite d’attacco. Ora sulla strada un‘isola con sirene pericolose che si chiama Eurolega. Certo battere giovedì al Forum il Panathinaikos prima della serie in trasferta potrebbe voler dire prendersi lo slancio per la terza parte del salto desiderato nel grande basket continentale che dovrebbe essere la casa per chi è stipendiato da re Giorgio. Andare ai playoff in eurolega rappresenta moltissimo, ricordandosi che dall’altra parte non ci sono squadre fenomenali sotto il Real Madrid e il CSKA. Loro sarebbero da evitare, ma le altre, cominciando dal Maccabi, le avremmo scelte come nemiche ideali per arrivare alle imprese e nell’anno del cavallo gli astri e le statistiche dicono che il primo posto dell’Olimpia di nuova e mai comprensibile impostazione ideale vuol annunciarci che i portatori di oro, incenso e mirra, cresceranno cari Proli e Portaluppi ora nel mirino della vostra curva, arriveranno in primavera nella capanna dove nascerà lo scudetto del 2014 con la coccarda bianca e rossa e mai camuflage.
Siamo nella settimana che ci toglie il cerchio alla testa delle bellissime Olimpiadi bianche trasmesse da SKY con potenti mezzi che potevamo tenerci anche come basket se non avessimo lasciato aperto l’asilo per le litigate fra gruppi separati di presunzione tecnica e dirigenziale. Ci teniamo la Rai perché chi va in onda ha cuore, affetto, ma i mezzi li vedete già nella grafica, nelle scelte. Pentimenti tardivi per chi staccava l’audio come fa adesso quando a Fox si sentono troppo volpe e poco ascoltatore, nuotando nella banalità e nell’elogio esagerato di prestazioni con asticella non certo alta, da superlativo assoluto? Siamo sempre alla stessa catena: chi sa non ci casca, chi non sa tenta, però, di non essere anche minchione e fa un po’ i conti con i risultati del campo quando la palla scotta davvero e ce ne dovremmo essere accorti nei giorni bui in cui l’Europa ha in pratica mandato a casa quasi tutte le nostre, quando all’europeo che ci ha visti protagonisti con l’asticella alta, ma solo per una misura di qualificazione, è diventato incubo a Lubiana dove non avevamo nessun Fassinotti da mandare nell’arena, neppure i bulletti che adesso gonfiano il petto sapendo che sono comunque i grandi leader di una squadra non ammessas al mondiale. Non per colpa loro, gridano gli agentoni e i parentoni, gli amici da Covo, ma per la poca sostanza al centro come avete sempre detto. Vero. Ma allora perché fare le rane gonfie quando si sa benissimo che nel gioco di squadra sono le “ famiglie” allargate a fare il risultato. Mai i solisti, gli avidi, i narcisi.
Prima di andare sulla spiaggia con i nostri orsi ci togliamo finalmente il sassolone dalla scarpa per la scelta di Brooklyn che non ha lasciato a piedi Jason Collins, il trentaquattreenne che aveva dichiarato la sua omosessualità. Sembrava che tutti fossero dalla sua parte quando lo disse, ma poi il telefono restò muto. Adesso non è più così, lo hanno voluto nel gruppo i Brooklyn Nets con uno zar al comando, con un padrone di origini ed educazione europea. E per il suo esordio non poteva mancare un legame con l’Italia perché dall’altra parte c’erano da sculacciare Lakers da fondo classifica del Mike D’Antoni che come allenatore non ha mai più avuto la fortuna avuta da giocatore, anche se da noi qualcosa ha pure vinto in panchina. A proposito, lo diciamo a tutti quelli che non credono nel valore morale della difesa per fare una squadra vera, sapete cosa vedono e di cosa parlano D’Antoni e McAdoo quando si ritrovano per una partita e una cena in famiglia? Della loro gioia per quella squadra petersoniana dove stavano bene perché il desiderio di vincere aveva tolto le piume persino ad un fenomeno dell’attacco come il Bob che salutiamo a nome di Alfio, il suo ristoratore forlivese privilegiato per cappelletti che fanno portano in paradiso anche nei giorni in cui fare il nonno o l’assistente non è così facile.
10 A Marco CRESPI per essere riuscito ad isolare la sua Mens Sana dal venerdì nero dopo l’annuncio della chiusura del grande teatro degli scudetti. Bravo lui, stupendo il suo staff, bravi anche i giocatori, ma tutti sappiamo che il peggio, dopo uno scontro, viene quando cominci a valutare lividi e mal di testa. A Siena si sentono tutti assolti adesso che l’uomo nero è quello di Chiusdino o quello che veniva da fuori e ha fatto saltare la banca?
9 A Stefano GENTILE che ci vuole far vincere la dannata scommessa su chi sarà più utile ad Azzurra Tenera fra lui e l’Alessandro capitano dell’Emporio. Vero che sembrava in crisi, vero che l’aria irpina lo ha sempre ispirato, vero che, come dice lui nella dedica, c’era Nandokan nell’aria, ma intanto ha ritrovato mano e testa nel momento in cui anche Sacripanti si è ricordato che se vuoi peso e difesa ti serve pure il vecchio Marconato che, lo ridiciamo, avremmo obbligato a seguire Azzurra anche in Slovenia. Sì, obbligato.
8 Ai cugini DIENER che hanno ritrovato l’armonia e le motivazioni nella grande isola di Sassari dove il bello sembra ancora da dipingere, pur sapendo che la montagna di Assago sarà dura così come il faccia a faccia con Banchi nell’arena Serradimigni.
7 Al DELL’AGNELLO che vuole portare Pesaro alla salvezza contro tutto e tutti. Contro i vuoti di memoria, i portafogli quasi vuoti, la panchina mai completa, perché lui aveva dato la sua parola e non gli interessa sapere che il rosso nei bilanci aprirà altre porte per questo paradiso artificiale che è il campionato professionistico di basket da dove, se fossimo ricchi, ci sganceremmo per dedicare tutto l’impegno ad una grande lega europea, un po’ come avrebbe voluto fare il rugby prima di scoprire che c’erano pochi campi da coltivare.
6 Alla coppia CINCIARINI-KAUKENAS che aiuterà Reggio Emilia a credere di più in quello che sta facendo, ad aiutare una società ancora confusa sui veri valori dei suoi uomini e condottieri, a fare scelte per progredire in attesa che la giunta scopra che lo sport aiuta a crescere e non puoi cavartela sempre vendendo agli Squinzi di passaggio che il basket lo ama e allora potrebbe pure aiutarlo visto che ha già uno stadio a Reggio e intorno c’è terra per un bel Palasport, anche se la salvezza del pallone sembra più lontana.
5 Ai giocatori con la testa dei bambini imbesuiti da PEPPA PIG. Non fate soltanto finta di ascoltare i buoni consigli, non recitate la parte di chi si sfinisce in allenamento e poi svacca in discoteca. Dalle alpi tecniche alle piramidi del sistema tutti parlano di base, di fondamentali, allora Pianigiani faccia una lunga marcia senza scorta per farlo sapere a tutti. In Italia, ovviamente.
4 A BOLOGNA perché quando la finiranno di litigare, criticare chi prova comunque a fare, scopriranno di avere delle simil Fortitudo e delle simil Virtus improponibili per chi ha memoria dei tempi in cui andavi sul crescentone non soltanto per aspettare l’ora in cui si poteva fare baldoria nel dopo gara attaccando tutto e tutti, ma erano giocatori e gente vera. Della Virtus sbirciata a Milano non salviamo nessuno e quel Gaddefors dovrebbe andare a giocare sul ghiaccio a casa sua aspettando la NBA. Mai visto un tipo così presuntuoso e così povero di rabbia.
3 Alla CRITICA PELOSA che valuta certi risultati come progresso anche se sono arrivati in partite con percentuali d’attacco non usuali. Vero che Sassari è la seconda grande del campionato, la terza è Brindisi alla pari con Cantù, poi Siena e Roma, lasciando a tutte le altre la speranza per un cameo nei play of, ma non puoi sperare di farcela sempre perché sul tiratore incombe la maledizione della giornata storta, della luna di traverso, sulla difesa mai.
2 Al mondo REYER che si è sfasciato quando la squadra asveva più bisogno di aiuto che di mascherine, di polemiche. Se perdi palloni in quantità industriale e non cambi mai tendenza allora vuol dire che tutti stanno sbagliando, dai dirigenti all’allenatore e quando sarà aperta la cassa per pagare lauti stipendi sarebbe anche giusto ricordare ad ogni semi artista i calci che ha dato al secchio della passione che non è mai libertà d’insulto e di puttanata sul campo per il gusto di stupire.
1 Al BARON di Roma che fa un bell’1 su 8 nel momento in cui il Real Madrid ci fa sentire piccole farfalle del sistema venendo a cercare nella capitale, dal signor Toti, dal geniale Alberani, uno dei pochi che hanno aiutato la Roma dalmontiana a reggere su una parete più scivolosa di quella dove hanno fatto precipitare il capolavoro di Calvani.
0 Al MANCINELLI disperso nell’aurea Torino dove si godono i suoi canestri sulla sirena in giornate di triste riflessione sul becerume che sta invadendo il nostro basket: rissa fra tifosi davanti al Pala Ruffini, bombe carta fuori dal palazzo di viale Tiziano a Roma. Uhm, che puzza di calciomercato per avere lo scalmanato da rissa, coltellata, insulto, torso nudo e spalle al campo, oltre alle bastonate morali fra sostenitori veri e presunti con prorpietari veri e presunti. Mentre controllate i conti voi di Roma, date un occhiata anche dove stanno morendo i nostri orsi. Il Mancio era da serie A, così come il Calvani fuori gioco, come il Boniciolli che adesso spera di poter almeno insegnare ai ragazzi. Ci sono strane anomalie nel sistema e sulle preferenze dei presunti tifosi innamorati.