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Pallacanestro quotidiana

La scelta di vita di Kirilenko

Stefano Olivari 07/08/2013

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Tutti lo pensano, molti lo insinuano: con Andrei Kirilenko ai Brooklyn Nets i pagamenti in nero sono entrati ufficialmente (si fa per dire) anche nella NBA? I fatti sono noti. Nel 2012 il campione russo aveva lasciato il CSKA Mosca dopo l’incredibile finale di Eurolega persa con l’Olympiacos (e non solo per il gancetto finale di Printetzis) e aveva scelto di tornare nella NBA, nei Minnesota T-Wolves: contratto biennale da 10 milioni a stagione, la seconda con player option (cioé con la possibilità del giocatore di andarsene). Option sfruttata, ma in una maniera che ha sorpreso tutti: Kirilenko da 10 milioni è sceso ai 3 dei Nets del connazionale Prokhorov, già artefice come azionista e finanziatore della rinascita del CSKA nel terzo millennio. Se fosse un americano sul viale del tramonto, come il Karl Malone della ‘Last season’ ai Lakers 2003-04 (passando dai 19 milioni di dollari dei Jazz agli 1,5 dei Buss), diremmo che alla sua dodicesima annata NBA si è trattato di una scelta di vita per inseguire l’anello finora mai neppure sfiorato. Invece pur avendo 32 anni è russo e quindi proveniente da un basket come quello europeo, in cui  non tutto viene dichiarato: da qui certi ‘miracoli’, anche italiani, in un ambiente in cui qualcuno gioca a fare il poveraccio e qualcun altro lo è davvero. Certo è che i Nets, con Kirilenko e il trio di grandi anziani ex Celtics, hanno lavorato per il presente e che sono pieni di stelle (Deron Williams) e quasi stelle (Joe Johnson) che nel clima dei playoff non hanno quasi mai brillato. E Jason Kidd, pur genialissimo da giocatore, come coach è tutto da vedersi. Non proprio una squadra da titolo sicuro, a dirla tutta sulla carta nemmeno una squadra superiore ai nuovi Knicks con Bargnani e World Peace di complemento. Un giornalista europeo scriverebbe che il patron Prokhorov i suoi soldi li spende come vuole, ma in altre zone del mondo l’evasione fiscale (magari non è questo il caso, come il giudice Esposito parliamo in generale) e l’equità competitiva di partenza sono cose serie.

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