Social mitigation (Dodô non è da Inter)

4 Aprile 2017 di Stefano Olivari

Il giorno dopo Inter-Sampdoria è un martedì come tanti altri, per lo meno al Champions Pub. Dall’ultima partita dei nerazzurri sono passati quindici giorni di notiziole da telegiornale di provincia, di quelli con in coda un servizio sul nuovo Montalbano, ma tutto ovviamente scompare di fronte all’1-2 subìto dalla squadra di Giampaolo, che ha tolto senso al lunedì sera e forse anche alle vite del Gianni, del Walter, del Franco e di Budrieri, che hanno seguito la partita dal loro secondo anello rosso, a poca distanza dalla tribuna stampa dove il Max sbirciava i messaggi che la Fede stava ricevendo da un fashion designer cosmopolita, che ha case un po’ ovunque nel mondo ma avrebbe tanta voglia di mettere radici, conosciuto venerdì su Tinder. In realtà si tratta di un 38enne commesso, in prova, di un negozio di sigarette elettroniche di Vimercate che sta per fallire e non è mai uscito dalla Lombardia (ad arricchire il curriculum anche una denuncia per stupro fatta dalla zia tetraplegica e l’attestato di frequentazione di un corso per pilota di droni). Così anche oggi, mentre il mondo brucia e la civiltà occidentale scompare con i suoi membri che esultano per l’uscita dell’iPhone Red, nella periferia ovest di Milano il parlare di calcio è l’unica cosa che tenga attaccati alla vita insieme agli sconti 30% del Simply, al videopoker, al centro massaggi Tuina, al Nails Paradise, a miserabili eredità, al closing del Milan e soprattutto a Gabigol, i cui gol alla Berretti sono stati vivisezionati dalle menti più acute del luogo, così come i nuovi tatuaggi che gli coprono la schiena.

Sono le due di pomeriggio e Paolo-Wang sta servendo ai superstiti della Tuboplast il peggior caffè della stagione, una miscela che Ping ha detto di avere sperimentato sui suoi figli (pur non avendo figli, ma lui ha il gusto anche per queste piccole menzogne). Tosoni sta criticando Sky perché propone a chi se ne va di sua volontà da 21 a 24 mensilità nette, insieme ad altri incentivi che l’amministratore delegato di Sky Italia ha definito di ‘social mitigation’. Tosoni vede in tutto questo una deriva pericolosa: “Signori, di questi tempi io me ne andrei anche se mi offrissero 6 mensilità. Non posso, perché la Tuboplast ha una grossa responsabilità sociale e il capitano deve essere l’ultimo ad abbandonare la nave. Ma nell’ipotesi vi venisse proposto di andarvene, fareste meglio ad accettare”. Cogodi da qualche giorno, con molta discrezione (Ha mandato una mail collettiva intitolata ‘Mobilità’), ha fatto presente che l’azienda ha un ufficio di rappresentanza a Roncobilaccio e che l’idea sarebbe di potenziarlo. Tosoni sta ribadendo il concetto, con la mano destra adagiata fra le cosce di Mariella, ma in maniera cameratesca e da team building, ben lontana dal paternalismo ed il sessismo che fanno ormai parte di un’altra era dell’imprenditoria italiana. Fra l’altro il dodicesimo manager più pagato d’Italia, secondo Forbes, ha messo nel mirito anche Cogodi perché rispetto a quelli della Ceva Logistics Italia è un dilettante: “Questo sì che è rispondere alle sfide della globalizzazione. Lei, Cogodi, non ci aveva mai pensato a pagare gli stipendi in leu a italiani che lavorano in Italia, come se fossero rumeni in trasferta. Darei poi subito il Nobel per l’economia alla Byway Jpb Consulting srl, sperando che le solite anime belle non si metano a fare del razzismo contro un paese come la Romania, da cui abbiamo soltanto da imparare. L’unica cosa che non mi è piaciuta in tutta la vicenda sono i 307 euro al mese di stipendio: nel pavese si vive benissimo anche con 200”.

Zhou ha preparato panini per tutta la mattinata, pensando alle persone incontrate domenica a Miart, dove è andato insieme al Gianni che da sempre sostiene (con una qualche ragione) che le più grandi fighe lavorino nel mondo dell’arte, tutte con il loro Mac e la loro faccetta smorta. Buona parte dei visitatori del Miart se li ritroverà fra poco al Fuori Salone: fuoricorso lucani di architettura con in mano un Cosmopolitan, aspiranti copywriter di Sondrio che al momento si stanno guardando intorno, arredatori gay di Ovada, stagisti di un ufficio stampa che hanno abbandonato il negozio del padre in Garfagnana e adesso con un margarita ti spiegano che ‘oggi tutto è comunicazione’, bancarie di Jerago con Orago che ascoltano Levante e sognano di vivere in quella Milano così creativa dove finalmente potranno esprimere tutto ciò che hanno dentro (niente, di solito). Zhou apprezza i mobili, che sono una cosa concreta, e anche il design, ma c’è qualcosa dentro di lui che si sta muovendo per canalizzare la rabbia. Intanto si è iscritto a LinkedIn, alla ricerca di persone che dovrebbero morire prima delle altre.

Da settimane non parliamo di Salvatore da Locri e di nonna Agatuzza, non perché siano tornati in Calabria ma semplicemente perché non riuscivano a prenotare la visita ortopedica presso il professor Castellazzi Debord. Ci sono riusciti, facendosi raccomandare dal confessore di nonna Agatuzza che a sua volta aveva qualche conoscenza nella curia milanese, una decina di giorni fa, trovando il luminare stranamente abbattuto. La vicenda del dottor Confalonieri lo ha profondamente turbato: “Mi dica lei, signora Agatuzza, se questo paese può essere governato a colpi di giustizia-spettacolo. Uno non può nemmeno rompere un femore per fare pratica e subito questi magistrati lo mettono alla gogna”. Nonna Agatuzza ha biascicato qualcosa di garantista, sulla scorta di un vecchio articolo letto su Di Più, e poi si è entrati nel merito del suo problema. Analizzando le cento lastre e i duecento fogli pieni di numeri datigli dalla vecchia Castellazzi Debord ha scosso la testa, anche se probabilmente si riferiva a quanto gli stava dicendo la donna con cui era al telefono. Parole criptiche (“Carina, non ci siamo. Ogni giorno mi chiedi soldi, davvero mi costava meno una troia”), che nonna Agatuzza ha pensato riferite alla sua situazione, mentre Salvatore smanettava sull’iPhone per un articolo sull’ultima tripla doppia di Harden che vorrebbe tradurre con Google Translate e poi mandare a Hidegkuti con il titolo ‘Houston confidential’. “Professore, devo operarmi? Intendeva questo parlando di soldi?”. Qui Castellazzi Debord le ha riservato davvero attenzione e l’ha presa alla larga: “La sanità pubblica è allo sfascio e di questo bisogna ringraziare la voracità dei partiti, che impedisce a noi medici di tutelare il paziente”. Nonna Agatuzza è sorda ma non stupida e subito ha consegnato nelle mani del luminare 1.200 euro in contanti. “Signora, lei mi mette in difficoltà”, ha mormorato Castellazzi Debord mentre sul computer stava confrontando i prezzi di alcune Jaguar. “Posso sperare in una migliore qualità della vita, professore?”, ha chiesto la 93enne calabrese ricevendo in cambio un sorriso benevolo e un messaggio di speranza: “Signora, la ricostruzione dello scafoide è forse l’operazione chirurgica più pericolosa e complessa ma lei è fortunata perché in Italia io sono il numero uno. Uso tecniche che ho appreso nei miei anni in America, perché noi medici non finiamo mai di studiare”. Il luminare in realtà è stato in America soltanto una volta a Capodanno. Per il momento nonna Agatuzza dovrà fare altre lastre ed è stata rimandata a un fantomatico ‘controllo del mese prossimo’.

Max è disperato e non certo perché tema la concorrenza del fashion designer della Fede. Il padre gli ha sottoposto un’altra delle possibili raccomandazioni di Fratellanza Laica: social media manager, con un fisso di 150 euro al mese, per una società che fa credito al consumo (la parte variabile scatta al raggiungimento dei 10 milioni di prestiti), con sede legale a Malta e operativa a Caserta. Ma il giornalismo è sempre nei suoi pensieri, anche se c’è da difendere il posto dagli assalti di leccaculo tipo Salvatorino (nessuna parentela con Salvatore, che poi è simpatico mentre Salvatorino lo è soltanto con i superiori), che grazie all’ultimo butirro è stato nominato ‘Senior writer’ da Pier Luca che vede per SuperMegaInter un futuro tipo Espn. Certo chi sui siti dei grandi giornali la sfanga con titoli come ‘Halle Berry, mezzo secolo fra pizzi, trasparenze e sensualità’ e e una photogallery su Charlotte Casiraghi è mille volte più fortunato di lui che nella notte ha ricevuto da correggere mezzo milione di battute della penna più graffiante e anticonformista di Pinarella di Cervia, dall’accattivante titolo ‘Il sogno spezzato di Andrea Barzagli’. Non si riferisce ovviamente all’episodio dell’abbandono della nazionale per motivi familiari, roba per quei falliti del Champions Pub, ma alla bellissima Rondinella che sul finire degli anni Novanta si salvò arrivando diciassettesima nel girone A della C2. Purtroppo nel 2000 Barzagli dovette partire e chissà dove sarebbe potuta arrivare quella squadra senza di lui.

Lo schema di Bettazzi è il solito, mettendo in campo i resuscitati Happel e Michels che in gita a Firenze con altri allenatori si rompono subito il cazzo di vedere Madonne con il bambino e vanno in cerca della Torta Pistocchi di cui Happel è ghiottissimo e Michels un po’ meno (“In Italia si mangia di merda, non ho ancora trovato un kerststol decente: quando andiamo a Milano proviamo nel ristorante di Virdis”), poi ovviamente si mettono a parlare di calcio e di quali squadre nella serie C2 italiana abbiano avuto il maggior numero di expected goal. La risposta è scontata: la Rondinella 1999-2000, ma per ottenere questo record le ci vollero ben quattro maestri di calcio. Al primo bicchiere di Chianti Aiola Michels ammette la sua inferiorità nella gestione dei giocatori, rispetto a Ennio Pellegrini e a Gelain, mentre Michels dice che c’erano più idee tattiche in un allenamento di Fattori o Buglio che in tutta la carriera di Guardiola. Alla tredicesima bottiglia le mani di Happel sul culo della cameriera scattano in automatico (“Scuola danubiana”, scherza lui) e poco dopo i due compagnoni riescono a coinvolgere nei loro cori osceni contro Jongbloed (“Con Ciucci legato avremmo due Mondiali in più”) anche un gruppo di vedove del Minnesota. Il tutto sotto gli occhi cattivi del padrone del locale, che (sarà stato l’alcol) assomiglia sinistramente a Gonella.

Chiusura del pezzo, scritto in stile Buffa ma del periodo di Durham, con la solita citazione di Senad Gutierrez, tratta dal suo discusso pezzo sull’antifranchista Explotadores y Explotados, che la settimana scorsa aveva in allegato un pamphlet di Marco Travaglio dal titolo ‘100 ragioni per chiedere l’impeachment di Trump’, in pratica il testo dattiloscritto di un’intercettazione effettuata da un pm di Ragusa in cui due iscritti alla P3 dicono che al Trump International di Las Vegas vengono ammessi soltanto votanti di Forza Italia. ‘Quando Baroni entrava al Bozzi, Firenze riscopriva la sua anima antifascista, del resto lo stesso Bozzi era un partigiano, anima che un giovane Renzi già aveva in mente di strapparle per consegnarla al berlusconismo deteriore. Direi che soltanto in quei mesi Firenze è riuscita a diventare quasi una piccola Rosario. Barzagli rappresentava la resistenza contro l’arroganza delle multinazionali, Tavano l’apertura nei confronti dei migranti e non soltanto dei turisti da inculare”.

I Budrieri sono la famiglia del Mulino Bianco, niente turba la loro serenità. Sabato dell’altra settimana il capofamiglia ha anche incrociato per puro caso il Papa, che nella sua giornata milanese si è ritagliato cinque minuti fuori dal programma, mentre stava andando a San Siro per incontrare i cresimandi. Appena ha visto un bar squallido come quelli del suo paese ha fatto cenno all’autista di fermare ed è entrato per tastare il polso all’Italia reale. È stato sfortunato perché i pochi lobotomizzati presenti stavano seguendo Cioli Cogianco-Luparense di calcetto in attesa di mettere su Sky per Cittadella-Spezia e nessuno lo ha cagato nemmeno di striscio, pur avendolo riconosciuto, a parte Paolo-Wang che gli ha detto in lacrime che il primo investimento della sua vita era stato in bond argentini. Alla fine il Papa ha avuto un’illuminazione: qui la gente non vuole né ponti né muri, non è né buona né cattiva. Semplicemente a nessuno frega un cazzo di niente. Calcio a parte, ovviamente. L’educato Budrieri gli ha detto due parole di circostanza (“Messi è un perdente, meno male che non convocano Icardi così è più fresco per l’Inter”) e poi il Papa è andato a San Siro con le idee più chiare.

Sabato della settimana scorsa, invece, D.J. John ha dato in escandescenze vedendo le foto di Barzagli che ha lasciato il ritiro della Nazionale per motivi personali e poi si è fatto fotografare in una discoteca di Riccione con D.J. Gippo. “Un sopravvalutato, uno che sintetizza tutti i mali italiani”. Non si riferiva al difensore della Juventus, ma al deejay del Nona, che secondo l’autore e presentatore pugliese propone musica troppo scontata, da sala d’aspetto. Il vero nemico, l’Anticristo, è però sempre Linus, che sempre sabato è stato oggetto di insulti non riportabili quando D.J. John ha letto non si sa dove che a maggio ci sarà Milano Deejay Tri, patrocinata da Radio Deejay e dalla Sea: “Budrieri, ma perché Rizzo e Stella invece di rompere il cazzo a un povero assessore pugliese non indagano su Linus? Questo è direttore di Radio Deejay e consulente del Comune, che è proprietario della Sea. A Milano non c’è un palazzo dello sport però Linus e Sala ci regalano una insulsa gara di triathlon all’Idroscalo. Se a voi va bene questa Italietta…”. D.J. John ha provato a convincere Budrieri a iscriversi ai Cinque Stelle, ma il pensionato ATM ha abbandonato la politica da quando non esiste più il partito socialista. Non può ovviamente dirlo a D.J. John, perché se si incazza quel fallito è capace di prendersela con il suo Synudine, ma si sente in forma e avrebbe una mezza idea di partecipare alla Deejay Tri.

Yannick ha avuto giorni movimentati, ma poi tutto si è risolto per la gioia dell’Erminia e della signora Minghetti. In pratica si è scoperto che l’ingegnere-podologo senegalese non ha alcun titolo per stare in Italia come profugo, non essendoci in Senegal alcuna guerra. Ma Yannick, che al contrario dei frequentatori del Champions Pub legge i giornali, ha subito trovato la soluzione: ha affermato di avere sedici anni e di non avere famiglia, secondo il ddl approvato alla Camera da PD e Cinquestelle potrà quindi rimanere in Italia e completare anche il suo presunto ciclo di studi. All’assistente sociale che si è occupata del suo caso Yannick ha detto che a Dakar frequentava la prima liceo, pur essendo laureato (inutile fare dell’ironia italocentrica sul sistema educativo senegalese), così è stato assegnato ad una prima del Vittorio Veneto. L’unico inconveniente, dovendo frequentare il liceo scientifico, è che lo studio di podologia potrà rimanere aperto soltanto di pomeriggio.

Mentre la bellissima e triste Lifen, con il viso per una volta senza segni (i vecchi Tong sono a Prato per incontrare i sindacati), spiega ai pochi avventori interessati che è allo studio uno scontrino di design e che quindi è inutile fare investimenti su quelli vecchi, Budrieri cerca di leggere la Gazzetta sul bancone della Sammontana ascoltando in sottofondo il Gianni, il Walter e il Franco analizzare una sconfitta che rende incerta anche l’Europa League, altro che la Champions. Intanto Ibrahim, Nabil e gli altri spacciatori maghrebini dal passaporto variabile, tutti juventini, cercano di tirare sera facendo battute sul fondo Elliott e sul momento in cui uccideranno i pochi italiani di quel bar gridando Allah Akbar. Italiani che del resto nemmeno se ne accorgerebbero, presi come sono a tracciare scenari per il futuro di Spalletti alla luce del mercato di Monchi. Budrieri ha sempre detestato populismo e qualunquismo, per questo quando sente concetti copiati dagli agonizzanti giornali come ‘Tutta colpa di Pioli’ getta per terra la Gazzetta spiegazzata che titola ‘Ahi Inter Ciao Ciao Champions’ e di puro carisma affronta quindi le migliori menti del Champions Pub, gente acuta che passa le giornate a discutere dell’ipotetica media gol di Mertens in Premier League ma riuscirebbe a trovare entro sera gli attentatori di San Pietroburgo se soltanto Putin credesse in loro. Anche se lui che in nerazzurro ha visto giocare Bugatti e Khrin non dovrebbe scendere sullo stesso piano di chi crede che l’Inter sia stata inventata da Pinamonti o di chi come il Franco rimpiange tutti gli ex, addirittura anche uno come Dodô: “La peggior Inter di Pioli, ma questo non toglie che in una partita molle avrebbe comunque dovuto vincere la squadra con maggiore qualità. Brozovic mai così male, Icardi ha sulla coscienza quello sbaglio sulla linea di porta. Ma in fondo l’Europa League non frega un cazzo né a noi né a Suning. L’importante adesso è prendere pochi giocatori ma da salto di qualità, non i Dodò della situazione. Non capisco poi cosa ci troviate, al di là del fatto che anche mio genero sembri meglio di Ansaldi: non era e non è da Inter, ma nemmeno da Sampdoria”.

(Continua. La versione riveduta e corretta di questa puntata sarà pubblicata a giugno 2017 con il nuovo libro che conterrà tutti gli episodi della stagione pubblicati su Indiscreto insieme a quelli delle giornate finali, dal derby il sabato di Pasqua in avanti, che invece non saranno messi online).

Avvertenza per i nuovi lettori: Non è da Inter trae ispirazione dalla realtà, ma non è la realtà. Chi lo ritiene volgare o si ritiene offeso può semplicemente non leggerlo.

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