Quando i differenti sono gli altri

7 Dicembre 2011 di Piersandro Guerrera

di Piersandro Guerrera
Il primo grandissimo successo su larga scala per Apple è arrivato all’inizio degli anni Duemila con l’avvento degli iPod. Un risultato tale da spingere l’azienda di Cupertino, ai tempi ancora capitanata da Steve Jobs, a puntare su una campagna di marketing diversa e più aggressiva da quella del passato. Per anni, infatti, il motto dei Mac e dei suoi utenti era Think Different (“pensa in modo diverso”), una via come un’altra per intendere che se la massa segue una moda dettata dalla diffusione su larga scala dei computer con sistema operativo Windows, era possibile utilizzare un Mac per dimostrare il proprio modo di essere diversi.
Culmine della campagna fu il leggendario spot del 1997, doppiato nella versione originale dallo stesso Steve Jobs e in Italia da Dario Fo, che mostrava volti di famosi personaggi della scienza, dell’arte e dello spettacolo che, proprio perché ‘visionari’, andavano controcorrente: Albert Einstein, Bob Dylan, Martin Luther King, Jr., Richard Branson, John Lennon, Buckminster Fuller, Thomas Edison, Muhammad Ali, Ted Turner, Maria Callas, il Mahatma Gandhi, Amelia Earhart, Alfred Hitchcock, Martha Graham, Jim Henson, Frank Lloyd Wright e Pablo Picasso.
Gli utenti Mac, anche se pochi e visti come ‘diversi’ dagli altri, erano in grado di fare cose straordinarie.
Il Mac era il computer da lavoro ideale per il montaggio video, l’impaginazione di periodici di ogni tipo e per l’editing fotografico. Il Mac era la macchina ideale per un creativo, un concetto tanto semplice quanto vitale per rendere omaggio a un computer tanto diverso quanto potente in alcuni campi specifici.
Con l’arrivo del ventunesimo secolo e degli iPod, Apple decise probabilmente di ringiovanire la sua immagine,
grazie anche a computer che diventavano ancora più belli e adatti a un pubblico che voleva distinguersi non soltanto per la creatività ma anche per la disponibilità di un oggetto elegante e bello da vedersi. Non il classico mattone nero o un case beige da PC tradizionale, per intenderci. La nuova campagna marketing prese il nome di Get a Mac e l’obiettivo era quello di ridicolizzare i PC evidenziando i difetti dei computer con Windows e, soprattutto, del sistema operativo Microsoft nei confronti del bello, semplice, pronto all’uso appena acquistato e sicuro Mac. 

Protagonisti di una serie di spot, alcuni dei quali indimenticabili, gli attori John Hodgman (il PC) e Justin Long (il Mac) che riproducevano in un dialogo tra due personaggi situazioni tipiche di lavoro di un utente medio che si scontrava con i problemi ‘più noti’ di un PC: blocchi inaspettati del sistema operativo, riavvii improvvisi, difficoltà nell’installazione dei driver, presenza di migliaia di modelli contro pochi Mac, eccetera. Microsoft, anche se direttamente non ha mai commentato questi ‘sberleffi’ firmati Apple, reagì con una contro-campagna in cui si dimostrava come un computer più potente, comunque elegante e dotato del sistema operativo Windows Vista costava molto meno di un Mac: valeva davvero la pena spendere così tanto per un computer Apple? Secondo Microsoft no, ma anche per la maggior parte degli utenti. In un mercato dominato per oltre il 90% da PC con sistema operativo Windows questo atto di difesa da parte di Microsoft è stato tutto sommato inutile perché non necessario.
Ma la differenza di prezzo tra un Mac e un PC è davvero giustificata?
Questa è la domanda tipica che un utente Mac si sente rivolgere da un utente PC, e che più volte ci si è chiesti da soli specialmente se il vostro primo Mac giunge dopo anni di vita insieme a un computer Windows. La differenza di prestazioni è così evidente? Probabilmente no, ma le risorse occupate dal semplice sistema operativo rendono più snelle le operazioni anche in presenza di un minor quantitativo di memoria RAM o di hardware non carrozzato. Si può fare davvero tutto con un Mac? Dipende sempre se esiste l’applicazione che utilizzavate su Windows anche per Mac o comunque un’alternativa valida, cosa che tipicamente accade.
Cosa fa sentire davvero un utente Mac orgoglioso della sua scelta?
Dal mio punto di vista, la batteria del mio MacBook Alluminio datato dicembre 2008 è uno dei motivi di ‘vanto’ che lasciano sempre senza parole le persone che conosco. Dopo quasi tre anni e 457 cicli di ricarica, avere uno stato di vita dell’85% e oltre 3 ore di autonomia anche utilizzando l’iPhone come modem per navigare in Internet (come nel momento in cui sto scrivendo questo articolo da un aeroporto) è una situazione che la maggior parte degli utenti di PC (gli stessi che puntano il dito contro il prezzo eccessivo di un Mac spendendo la metà per un computer da ‘supermercato’) vivono per pochi mesi, dovendo convivere con notebook che hanno autonomia inferiore e batterie di scarsa qualità che dopo appena un anno a malapena durano 1/3 di quanto dichiarato.
La robustezza e la qualità dei materiali è anche un elemento che ho vissuto sulla mia pelle.
Sempre lo stesso computer mi è caduto accidentalmente per terra da un tavolo, senza alcuna protezione, ammaccandosi nella parte frontale (il vano batteria non si chiude più benissimo). Fosse stato un tradizionale PC di plastica probabilmente l’avrei dovuto buttare seduta stante, eppure dopo un anno e mezzo dalla caduta è ancora operativo. L’ho dovuto aggiornare, questo lo ammetto, aggiungendo un quantitativo di RAM superiore a quello previsto inizialmente (da 2 GB sono passato a 6 GB) ma per il resto mai avuto un problema che mi abbia spinto a pensare di cambiare anzitempo computer o lamentarmi della lentezza dovuta al tempo e al sistema operativo che gradualmente potrebbe appesantirsi.
Adesso, però, il demone Windows è scomparso dal vocabolario Apple.
Anzi, con Mac OS X Lion, è stato introdotto uno strumento che consente di trasferire con pochi clic impostazioni e documenti da un PC a un Mac per una semplice migrazione dei dati. Ai giorni nostri il demone è diventato l’iPhone, oggetto con cui le altre aziende si scontrano abitualmente nei loro spot e nelle loro campagne marketing. Fino a qualche mese fa Samsung in Italia proponeva pubblicità dedicate alla sua serie di smartphone Galaxy S con una frase molto particolare: “C’è chi segue e chi sceglie”. Adesso chi pensa in modo differente e non uniformato alla massa (parliamo degli smartphone di fascia alta naturalmente) non acquista un iPhone. Il telefono di Apple, nelle sue varie evoluzioni, è diventato quel ‘mostro’ che l’azienda di Cupertino dipingeva quando il riferimento era Windows contro i Mac.
Microsoft, pur dominando il mercato, faceva quasi tenerezza negli spot in cui veniva derisa da Apple, anche per la simpatia del ‘personaggio PC’, ma adesso la ‘cattiva Apple’
si scontra contro il suo modo di aggredire il mercato proponendo ‘cose vecchie’ per ‘nuove’ quando gli altri, imitandola, hanno smesso di crederci (si veda la fotocamera frontale su iPhone 4). Rapida a innovare, in alcune occasioni, lenta a proporre funzionalità semplici, in altre. Si fa facilmente ispirare dalle idee di altri per migliorare il suo sistema operativo, prendendo spunto dal panorama degli sviluppatori degli iPhone ‘modificati’ per inserire ‘nuove’ caratteristiche su iOS (lo sfondo nella schermata ‘home’, la possibilità di avviare applicazioni in background, la modifica delle foto, gli MMS, le notifiche nella schermata di blocco… solo per citarne alcune).
Il vendutissimo e ap
prezzatissimo iPhone è adesso il cattivo PC contro un mondo che la pensa in modo differente,
che è aperto e non pone limiti, che costa meno ma è altrettanto elegante e funzionale, che include funzionalità che gli utenti Apple riceveranno in ritardo ma spacciandole per innovazioni incredibili. Prima o poi la ‘cattiva Apple’ potrebbe diventare vittima del suo atteggiamento ostile e del suo voler ridurre le funzionalità dei dispositivi più vecchi solo per ragioni di marketing e non effettivi limiti tecnici. In una campagna marketing Android vs iPhone lo scontro alla pari potrebbe far anche vincere il sistema operativo di Google: più versatile, più aperto, adattabile anche ai dispositivi più vecchi. Riuscirà Apple a tornare a essere buona per i suoi utenti oltre che per i suoi azionisti?
Piersandro Guerrera, 7 dicembre 2011
Per gentile concessione dell’autore, fonte appletime.it

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