Probabilità soggettiva

12 Novembre 2008 di Stefano Olivari

Finora abbiamo parlato di scommesse in una prospettiva empirica, dal punto di vista del possibile tarocco o della differente valutazione delle probabilità di un evento fra giocatore e banco. Insomma, sempre tenendo conto dei convocati di Ranieri, degli infortunati dell’Empoli e delle varianti tattiche di Gasperini. In realtà l’aspetto più affascinante del gioco d’azzardo, del quale le scommesse sportive sono una variante imperfetta, è il suo legame con la matematica ed il calcolo delle probabilità. Senza pretese scientifiche proveremo ad approfondire il discorso, ponendoci come obbiettivo quello di creare il miglior scommettitore (o al limite il miglior banco, rivolgendoci alla confraternita dell’exchange) possibile. Partiamo quindi dal calcolo delle probabilità, che la maggioranza dei libri fa partire storicamente con Pascal ma che si può anche associare a Cardano (quindi prima metà del Sedicesimo secolo). Comunque il passato freguntubo, per citare malamente Aldo Giordani, veniamo alla sostanza. La definizione classica di probabilità, come qualcuno ha studiato per esami ormai dimenticati, è la seguente: si definisce probabilità di un evento il rapporto fra il numero dei casi favorevoli all’evento ed il numero dei casi possibili. Per usare il solito dado, la probabilità che lanciandolo esca il numero 3 è di un sesto: elementare, Watson (che non era il CJ della Benetton). La definizione di tipo frequentista invece dice che la probabilità altro non è che la frequenza relativa dei casi favorevoli in una successione di prove, a parità di condizioni. Sembrano parole oscure, ma appena si esce dalle singole giocate tutto diventa più chiaro: basti pensare a cosa significhino mille lanci di dado piuttosto che uno solo. C’è poi una terza definizione, non presente sui libri scolastici (almeno quelli dei nostri tempi) ma che abbiamo letto in un saggio di Giorgio Dall’Aglio, riguardante la cosiddetta probabilità soggettiva. Che in pratica corrisponde al grado di fiducia nel verificarsi dell’evento stesso: arrivando subito al piano del gioco, si può quindi dire che la probabilità sia il prezzo equo da pagare per ottenere una unità di vincita (dando ovviamente all’unità un valore a a piacere: mezzo euro piuttosto che 800 rupie) nel caso l’evento si verifichi. Avendo in testa questi pochi concetti possiamo affrontare qualsiasi discorso probabilistico, senza annoiare troppo. Speriamo…

stefano@indiscreto.it

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