Prince of Persia, l’animazione che cambia

3 Marzo 2021 di Paolo Morati

È incredibile quanti videogiochi decisivi siano stati prodotti tra gli anni Ottanta e Novanta. Alla fine del magico decennio, nel 1989, è stato il turno di Prince of Persia, che rivoluzionò le tecniche di animazione grazie alla sapiente mano degli sviluppatori di Brøderbund, in una storia molto classica: la bella rapita dal cattivo e liberata dal suo innamorato.

Siamo, come si evince dal titolo, in Persia, epoca Medio Evo, dove un crudele visir rapisce una principessa per prendere il posto del sultano temporaneamente lontano. Ma per fortuna arriviamo noi, innamoratissimi, a cercare di liberarla non prima di aver attraversato le segrete del palazzo, le sue lussuose stanze e affrontato addirittura la nostra ombra.

Detta così potrebbe trattarsi del solito gioco di avventura ed esplorazione, ma Prince of Persia aveva quel qualcosa in più da farlo diventare i primo capitolo di una lunga serie negli anni a venire, film compresi. Come detto, grazie alla tecnica del rotoscopio (in sostanza, un ricalco di immagini reali), il protagonista aveva dalla sua una fluidissima e stupefacente animazione (noi lo giocammo su Amiga nel 1990, la prima uscita fu per Apple II) mentre il giovane futuro principe correva, saltava, si chinava e si aggrappava per evitare insidie e trappole.

Bellissimo, tutto di esplorazione e precisione, Prince of Persia risulta ancora oggi enormemente giocabile seppure per certi versi frustrante (ci vuole molta pazienza e tempismo), con la versione originale che resta una pietra miliare, inarrivabile anche rispetto ad alcune conversioni successive che ne arricchivano la grafica. Ma forse è solo nostalgia.

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