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Esercizi di ciclostile

Perché la Sanremo è la Sanremo

Stefano Olivari 23/03/2007

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1. La Classicissima di primavera è sempre la Classicissima di primavera: perché la Sanremo è la Sanremo. Proprio vero che il ciclismo vive di retorica. E che la sua retorica vive di luoghi comuni. Da via della Chiesa Rossa a via Roma, se ne attraversano per 294 Km. Milano, Pavia, Voghera, Tortona, Novi Ligure, Ovada, Voltri, Varazze, Savona, Finale Ligure, Albenga, Imperia, Arma di Taggia. Dopo il Turchino i Capi, prima del Poggio la Cipressa. A parte queste ultime due varianti, il percorso di gara è lo stesso che Lucien Mazan (dit Petit-Breton, foto) completò in 11h04’15”, cent’anni fa. Anime candide ma insensibili apporterebbero volentieri ulteriori modifiche nel tracciato, tanto per movimentarlo. Niente di più sbagliato. Il fascino della Milano-Sanremo sta tutto nella sua prevedibile imprevedibilità. E la sua grande difficoltà deriva proprio dall’irrisoria facilità della strada. Con quel finale accelerato e frenetico, che alimenta il sogno di troppi. Certo, solo un’illusione: ma pur sempre splendida. Ogni volta, nuova.
2. Strano. Viene da scrivere di ciclismo corso. No, non del movimento che reclama da un secolo il Grand départ del Tour da Ajaccio. Ma giusto di gare in linea, scatti alla risposta, traffico in coda al gruppo. Al richiamo della stagione delle classiche, si sono destati dal torpore invernale: Daniele Bennati, Paolo Bettini, Tom Boonen, Danilo Di Luca, Oscar Freire, Alessandro Petacchi, Yaroslav Popovych, Filippo Pozzato. Un pimpante Riccardo Riccò si è segnalato alla Tirreno-Adriatico. Alberto Contador ha impressionato tutti alla Parigi-Nizza. Tra l’estate australiana e quella europea, ecco che Robbie McEwen conta già tre successi. Davide Rebellin seguita a collezionare frustranti secondi posti (ahilui). Hanno infine la testa ai grandi giri: Ivan Basso, Damiano Cunego, Carlos Sastre, Gilberto Simoni, Alejandro Valverde, Alexandre Vinokourov. Le loro gambe cominciano a girare appena discretamente. Anzi, qualcuno le ha ancora legnose. Del resto, c’è ancora tempo per sgranchirle a dovere. Bene così. In attesa di notizie dalla Spagna: prima che si riapra l’Operación Puerto.
3. Un’occhiata furtiva al calendario Europe Tour, neanche fosse quello di Sara Tommasi (o di Rochelle Gilmore, o di Ernesto Galli della Loggia). E anche a sfogliarlo senza malizia, ci si avvede subito che il mese più caldo è quello di agosto. Giorno 5: si corre il Giro dell’Appennino e si corre a Bochum. A Bilbao. In Svezia. Ah, pure in Normandia. Giorno 22: si disputa l’Agostoni e comincia il Regio Tour in Germania. Ma c’è anche una gara in Belgio, giusto all’abbrivio dell’ENECO in Olanda. Coincidenze? Felici concomitanze? Scherzi del destino? No. Nient’altro che il semplice risultato di una complessa e attenta programmazione dell’attività, ben impostata dall’Unione Ciclistica Internazionale. In sinergia con tutte le federazioni e gli organizzatori locali. Con l’avallo sicuro delle rappresentanze di gruppi, direttori sportivi, corridori. Nel merito, guardando alla singole gare, non si prevede grande ressa agli arrivi: forse per il calcolo di partenze (troppo) intelligenti.
4. Viste le foto mai viste di Marco Pantani, letta la sua lettera mai pubblicata. Su «Novella Duemila», con molta meno enfasi di quella che avrebbero adoperato autorevolissimi quotidiani. L’esclusiva include poi un’intervista a Manuela Ronchi, anche questa tutt’altro che corsara (sia l’intervista, sia Manuela Ronchi). L’ex manager del Pirata si difende da accuse d’ogni genere, anche quelle che nessuno le imputa. In compenso contrattacca. Lancia qualche frecciatina, alla famiglia di quell’assistito che non si faceva assistere: amico e basta, amico caro qual era. Da Cesenatico altre reazioni, più o meno composte e giustificate. Tutte, comunque, maledettamente comprensibili. Forse che non occorra consultare Vittorino Andreoli o Alessandro Meluzzi (alla peggio, Raffaele Morelli)? Succede, chissà, che chi al ragazzo ha voluto un bene dell’anima, non riesca a capacitarsi di come lui stesso, da sé, possa essersi voluto tanto male. Ma allora che c’azzeccano gli azzeccagarbugli, con il solito e inevitabile senso di colpa?

Francesco Vergani
francescovergani@yahoo.it

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