Le motivazioni di Recalcati

7 Aprile 2014 di Oscar Eleni

Oscar Eleni dalla cascina di Campazzo, nel parco del Ticino strappato agli speculatori edilizi, mentre cerca una stampella per l’anca sbilenca, sperando che sia lo sciatico e non serva un chirurgo. È la scusa buona per farsi dare un visto e partire per il Connecticut, quella magica università pubblica sul fiume delle maree, la terra dello Yankee Doodle per scoprire cosa hanno di magico se anche questa volta hanno portato alle finali NCAA nel marzo pazzo, nell’aprile senza il dolce dormire per colpa delle dirette notturne, sia gli uomini che le donne. In Italia per semplificare hanno detto che Calipari, l’allenatore dell’altra finalista Kentucky, forse è un venditore di fumo. Da noi si liquidano così quelli che non stanno nella stessa parocchia della videodipendenza. Lo vediamo adesso nel testa a testa fra Crespi e Recalcati per il titolo di allenatore dell’anno, gara a cui ha partecipato con onore anche Paolo Moretti. Considerando che i due guidano società a forte rischio, in assoluta crisi economica, ci inventeremmo il premio alla pari, facendo tirar fuori anche qualche euro alla Lega.

Ma torniamo ai viaggi dell’amore e del dolore, per questo lamento invidioso che ti fa odiare tutti quelli che nei palazzi scomodi ci stanno bene, i prigionieri di  Zenda che lavorano al Forum ad esempio, tutti i viaggiatori viaggianti come direbbe la Mannoia che hanno goduto della settimana romana super organizzata così bene da Spinetti per i Maturi Baskettari. Quel perfido del Cappellari che era presente, che ha registrato l’impegno di Guido Borghi ad ospitare nel centro di Comerio il prossimo raduno dei veci, con qualche bocia, ci ha fatto davvero piangere di rabbia e non tanto per chi ci avrebbe incontrato volentieri, ma per aver perduto un momento di grande aggregazione del mondo come lo  abbiamo sempre sognato. Non ci saremmo commossi come il marchese Dal Pozzo quando è stato presentato il libro di Remo Guidi su Fratel Mario, “L’uomo che dette una stella a  Roma e al basket”, ma appoggiati al bastone avremmo cantato l’inno di quel popolo della Stella Azzurra che anche adesso indica una strada meravigliosa per far sembrare questo sport, questo movimento, frequentato da gente che ha passione, qualità, che sa tirare fuori il meglio anche quando non ci sono alle spalle potentati economici  a proteggere quelli che vengono chiamati progetti.

Caro Spinetti, caro Falcomer, scusate il viandante zoppo che  comunque si sarebbe sentito  fuori luogo con tutti quei lamenti. Meglio aspettare il missionario Tony Capp e fingere di credere al suo racconto meravigliao. È una punizione che subiamo da tempo. Quando eravamo davvero viaggianti per il giornalismo capitava di arrivare in luoghi sacri dove, regolarmente, l’edizione che dovevamo descivere noi era sicuramente inferiore a quella vissuta la volta precedente dal collega narratore. È successo per dieci Olimpiadi, per i mondiali di tutti gli sport che abbiamo frequentato e non mettetevi a ridere, ma è così, dal rugby alla scherma, dal baseball alla pallavolo, anche se poi sono stati il calcio, il basket e, soprattutto, l’atletica, a portarci in quella specie di paradiso inferno. Vecchiaia, lamenti, ricordi. Ne avrete piene le scatole. Ma dovevamo l’atto di pentimento nella settimana dove guarderemo ancora da lontano questa partita fra Azzurra Tenera senza il gruppo Armani e le famose stelle più o meno cadenti del nostro campionato per la furia di chi considera giustamente sbagliata la data, giustamente impoverita la festa se al raduno mancano gli uomini della società e della squadra che ha in mano la stagione, il campionato e che, lo speriamo tutti, potrebbe riportare una squadra italiana alla finale di eurolega dopo un paio di lustri, dopo i tentativi finiti sempre sullo scoglio delle semifinali del Pianigiani e della sua Mens Sana lasciata ora in braghe di tela dal Banco bonificato togliendo ogni aiuto alla palla al cesto che pure è stato sua gloria e suo  veicolo per una buona pubblicità (Ricordate il tormento ‘Siamo banca dal…’), abbandonata dal re quattrino, ma non dalla regina dignità e comunque vada  a finire, qualsiasi possa essere il verdetto di chi guarda soltanto ai conti, diciamo subito che questa squadra di Marco Crespi meriterebbe una messa cantata in piazza del Campo, con uscita trionfale per tutti quelli che stanno portando a termine la stagione dopo aver visto disossare la splendida creatura da chi comanda il gioco adesso.

Siena finalista sfavorita contro Milano sarebbe una strana legge del contrappasso, ma non è detto che possa arrivare all’ultimo ballo di questo campionato. Diciamo che Cantù ha dimostrato, anche nella partita perduta davanti ai 12 mila del Forum, di avere molto per dare fastidio, soprattutto se potrà inserire bene questo giovanotto croato che si chiama Ivan Buva e viene dalla scuola Cedevita di Zagabria. Siamo sicuri che a Sassari fra pentimenti finti e soluzioni  dolorose riusciranno comunque a sfruttare meglio il fattore campo, quindi a restare in gioco fino in fondo. Certo che tutti vorrebbero oggi schivare Milano, ma Sassari sta facendo di tutto per mettersi sulla graticola da sola e dovendo confessare di aver sbagliato questa settimana ben 5 previsioni, cosa che ci porta nella sala trofei del Rinco Sur per la perdita dei gradi e, forse dell’orecchio malato, eccovi la proiezione play off a 4 turni dalla fine: Milano 50, Cantù 40, Brindisi, Siena, Sassari 38, Roma 34, Reggio Emilia 32, Caserta 28, Venezia,Pistoia, Varese, Bologna 26, Avellino e Cremona 22, Montegranaro 18, Pesaro 16.

Felicità nel ritrovare dentro la bolgia di quota 26 due squadre gloriose che sembravano andare alla deriva della povertà come Varese e Bologna, ma non è davvero un caso che abbiano ritrovato una rotta, una dignità, appena è stato messo in squadra un giocatore capace di servire sulla tavola dove altri magnaccioni pensavano di prendersi tutto. Insomma il regista o pseudo tale. Facile soluzione seguendo il vecchio adagio che la casa del basket la costruisci sull’asse regista-centro.

Settimana per Azzurra tenera nelle mani del viandante Pianigiani appena tornato dallo splendore americano dove, per fortuna, non ha dovuto parlare soltanto con i ragazzi italiani dell’NBA, ma ha cercato oriundi di talento (al centro, caro cittì, sulle guardie e i registi qualcosa abbiamo anche qui), ha lavorato per organizzare i viaggi di studio per sperimentali  come  fece con grande successo il nostro Spartaco Sandro Gamba che ora deve combattere con Cancellara, lui che amava Coppi e il ciclismo, per tenersi il soprannome che piace anche al fenomeno svizzero trionfatore nelle Fiandre. Servono più quelle esperienze, per uscire dal provincialismo che ci affonda, di tante parole. Certo vanno bene anche i raduni volanti, ma questi ragazzi hanno spesso le orecchie tappate dalle cuffie e anche quando fingono di ascoltare stanno soltanto pensando a come organizzarsi col parrucchiere per diventare popolari in discoteca.

Sui convocati, molti dei prescelti, avremmo qualcosa da dire, ma poi viene fuori che siamo tutti disfattisti e non amiamo cosa passa il convento. Curiosità ad Ancona. Be’, vorremmo la certezza che Stefano Gentile deve essere considerato un peccato veniale del cittì quando non lo ha scelto per l’Europeo. Poi siamo molto interessati a Pini e Cervi di Reggio Emilia, ovviamente ad Amedeo Della Valle e al Simone Fontecchio che avanza con la faccia da grande ostacolista come lo era suo padre in questa foresta dove a chi veste la maglia Virtus si chiede sempre un sacrificio in più. Siamo contenti che nella squadrta di Pianigiani  ci sia un posto fisso per Attilio Caja confinato nelle serie minori da un basket di sapientoni che spesso vanno in corto.

Pagelle dalla cascina dove il latte Milano costa 44 centesimi al litro, ve lo diciamo perché abbiamo chiesto il prezzo non certo per averlo bevuto perché c’è un limite a tutti i pentimenti.

10 A Daniele CINCIARINI in onore della sua famiglia, del fratello Andrea che è capobranco azzurro, in onore di Recalcati e della Sutor Montegranaro che ha steso Brindisi e ha messo un piede in territorio senza mine. Bisognerebbe studiare questo fenomeno del rendimento alto in situazioni di bassa remunerazione, quando questa arriva. Esperti del settore lo stesso Charlie Micione, Lardo, ma ora anche il magico Crespi.

9 A Luca BANCHI che forse meriterebbe davvero il premio come allenatore numero uno perché questa sua vita con i dorati scorpioni dell’Emporio Armani ci dimostra che se credi nel tuo lavoro, se vai in palestra e non fermi mai il gioco, ma obblighi la gente a correre, e pensare sempre, allora qualcosa fiorirà anche dove spesso si sono visti appassire  talenti che nel dolce vizio e nella golosità di perdevano. La sua difesa è una garanzia e se  arriverà alle finali di Milano dell’Eurolega allora meriterà il titolo di “maistore” perché aveva molti mezzi, molti giocatori, ma non è stato mai semplice convincerli a vivere e giocare insieme.

8 Al POPOLO VERO della Mens Sana che ancora sostiene con l’affetto degli anni del dominio assoluto questa squadra destinata a dividersi  dopo l’ultima partita della stagione. Fra i tanti capolavori, fra le tante eredità lasciate, questa sarà fra le più belle.

7 Alle NOTTI SKY per queste finali universitarie con telecronisti che regalano la loro competenza e l’amore per un gioco che sembra meno truccato di quello stopposo della NBA in stagione regolare. Miscelare bene le cose e scegliere le parole giuste, ci si educa e ci si appassiona anche così.

6 Al WANAMAKER di Pistoia che è diventato il pacemaker del Paolino Moretti alla consacrazione come grande rivelazione fra gli allenatori esordienti in serie A. La sua vittoria contro Venezia è fra i capolavori stagionali.

5 A TUTTI i futuri avversari dell’EMPORIO ARMANI se cominceranno a brontolare dicendo che contro una corazzata del  genere non si potrà mai vincere perché oltre ad avere i migliori giocatori, danno anche l’impressione di rendere spesso sudditi gli arbitri. Accadeva con la Siena pluriscudettata, con la Milano  di Rubini prima e poi di Peterson, con la Varese di Nikolic e Gamba, con la Virtus nelle varie versioni, con la Cantù protetta dalla fede, con la Treviso benettoniana. Certo che l’arbitro diventa suddito se la tua difesa aggredisce il nemico già dalla rimessa, poi tutto il resto viene di conseguenza. Milano è la più forte perché ha i boa costrittori nella sua prima linea con Moss e Cerella e dietro con Melli.

4 A VITUCCI per non aver capito bene cosa stava succedendo quando ha cambiato di nuovo la sua Avellino. Sbagliò lasciando il bel progetto di Varese ingolosito da un progetto che sembrava anche più interessante, ma ora deve far di tutto per  chiudere la stagione dando qualcosa per ripartire meglio l’anno prossimo. Certo non capiterà sempre di essere in ballottaggio per guidare Milano e poi scoprire che la sconfitta ai play off ha fatto avanzare la candidatura del Banchi che era impera al Forum e fra le macerie del Lido.

3 Alla PESARO caduta nel baratro della retrocessione sportiva sbagliando la mano decisiva contro Cremona anche se certo il colpo imprevisto di Montegranaro su Brindisi aveva già tagliato le gambe ad una squadra modesta che gioca per un popolo dove il grande basket è sempre stato amato, venerato, criticato, ma vissuto alla grande non da poveri.

2 A SASSARI non tanto per aver sprecato i 6 punti di vantaggio finali come un Emporio qualsiasi, ma per questa idea del reclamo dopo un probabile errore tecnico del tavolo dove si compila il referto e si controlla il tempo. No. Lasciate perdere. Ci sono  altri problemi da risolvere in squadra ancora adesso e certo finire nella bolgia contro Milano potrebbe essere  doloroso anche se dagli scorpioni Armani ha già ricevuto il più grande dei regali: una coppa Italia che si chiama anche credibilità.

1 Alla REYER intesa come staff tecnico, come giocatori, perché avvelenare così la stagione dove un presidente attivo, positivo come Brugnaro, aveva fatto il massimo sforzo per esaltare ogni scelta, rianimando il movimento intorno a Venezia e Mestre nel Veneto, è davvero da condanna definitiva. Ci dispiace per Zare Markovski perché siamo sicuri che fra quelle macerie ha trovato soltanto gente che fingeva di essere dalla parte giusta del fiume, mentre prendeva il sole e si faceva beffe di tutti come giurerebbe pure Mazzon.

0 AI TEORICI del PANE DURO da servire anche in ritardo se prenderanno spunto dai capolavori di Montegranaro e Siena per spiegare che il giocatore affamato rende sempre più di quello super appagato in occhiali scuri. La teoria non regge, anche se siamo tutti convinti che questo professionismo è ormai impraticabile pur in un campionato dove c’è chi incassa più di molte squadre della B calcistica con palazzi che al massimo tengono 12  mila persone e non le 79 mila che ad Arlington hanno fatto lievitare la festa NCAA.

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