Monolocali a Milano? L’equo canone di Andreotti

28 Marzo 2023 di Stefano Olivari

Volete affittare un monolocale a Milano? O addirittura comprarlo? Ecco, come minimo dovete essere il figlio fuoricorso criptogay di un avvocato di Lecce. Non è una figura mitica, ma un ragazzo vestito di nero che 8 anni fa ci soffiò un appartamento da 490.000 euro, per cui stavamo chiudendo a 470, rilanciando di 50.000 euro tipo il PSG, con l’aria di chi avrebbe potuto andare oltre senza problemi. Questa premessa personale per dire che il genere giornalistico ‘Signora mia, come costano care le case a Milano’ ha rotto il cazzo.

Non passa giorno senza il racconto disperato di un trentenne che guadagna in termini reali la metà di suo padre alla stessa età, con il giornalista a suggerire che la colpa è dei padroni di casa esosi e non del lavoro che nei decenni è stato sistematicamente svalutato per mille motivi che potremmo elencare se non fossimo troppo impegnati a capire le prospettive dell’Inter di De Zerbi. E via di foto e racconti, che uniscono i tre grandi partiti: chi non vuole uscire da Milano, chi vuole entrarci a tutti i costi, chi non ci verrebbe mai e adora parlarne male mentre alle 19.30 si spegne l’ultima luce del paese.

In tutti i servizi del genere manca però non diciamo la soluzione, ma una proposta, anche fantasiosa o demagogica. Espropriare tutte le seconde case? Tanto noi ne abbiamo una, anzi mezza, anzi nemmeno mezza perché non l’abbiamo finita di pagare. Il social housing? Con il patrimonio immobiliare del Comune si potrebbe sognare, qualsiasi cosa voglia dire social housing, ma amministrazioni di ogni colore non hanno saputo nemmeno cacciare i criminali dalle case popolari. Poi in ogni caso la copy di Rovigo vorrebbe vivere a NoLo, e il jazzista di Frosinone a Brera, non è che accetterebbero Baggio.

La nostra proposta è tutt’altro che provocatoria, visto che è già stata messa in pratica: si chiama equo canone. Introdotto nel 1978 dal governo Andreotti IV, semplicemente legava gli affitti massimi a parametri catastali e di zona: un sistema che in concreto favoriva il nero, che però c’era anche prima e ci sarebbe stato anche dopo, e che nella sua forma pura durò fino al 1992, prima di essere abolito nel 1998. Si può dire che nella vituperata Prima Repubblica c’era qualcuno che almeno si ponesse il problema di affitti impossibili da lasciare al solo mercato, essendo la casa un bisogno come l’acqua o l’elettricità.

Pensiamo che un equo canone 2.0 potrebbe essere un’arma letale, o magari l’inizio della fine, sia per la Meloni sia per la Schlein. Magari se la potrebbe giocare Conte. In ogni caso senza un cambio delle regole a livello italiano queste lamentele valgono zero, anche perché abitare a Milano non è un diritto. Certo noi che non facciamo gli albergatori o i ristoratori, che non abbiamo case su Airbnb e che non organizziamo eventi, derubati dai ricchi e dai poveri mentre ascoltiamo i Ricchi & Poveri, sentiamo che qualcosa non va.

stefano@indiscreto.net

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