Modello ghanese

16 Gennaio 2008 di Stefano Olivari

1. In quest’ultimo anno in Italia si è molto parlato di “modello inglese” in riferimento alla gestione degli stadi e delle tifoserie così come viene fatta al di là della Manica. Ebbene, quello di cui siamo stati protagonisti domenica sera a San Siro appena prima dell’inizio di Milan-Napoli possiamo chiamarlo “modello ghanese”, chiedendo anticipatamente scusa al Ghana che fra pochi giorni organizzerà la Coppa d’ Africa in maniera sicuramente migliore – ne siamo certi – di come l’Italia abbia gestito il Mondiale del 1990. Ma torniamo a domenica 13. Mentre salivamo le scale per raggiungere il nostro posto al secondo anello verde – abbonamento regolarmente pagato e non frutto di regalìe da parte di chicchessia – gli steward ci hanno fatto presente che non potevamo raggiungere il nostro settore, perché era abusivamente occupato dal “meraviglioso pubblico partenopeo” (così siamo abituati a leggere, ma tutti i pubblici sono per definizione meravigliosi). Alla nostra sorpresa, gli stessi steward hanno detto a noi e ad altri abbonati di cercarci altri posti perché lì non potevamo stare, troppo pericoloso. Abbiamo umilmente fatto notare che il tifo organizzato napoletano occupava l’intero terzo anello verde e non capiamo ancor oggi come parte della curva azzurra si sia riversata in massa in un settore dello stadio solitamente occupato da tifosi del Milan: lo ripetiamo, che hanno pagato profumatamente (nell’ Italia di oggi 150€ sono comunque una spesa importante) il loro abbonamento.
2. A quel punto ogni spettatore sfrattato dal proprio posto cercava sistemazione altrove: chi sedendosi sulle scalinate – a che servono poi gli appelli a lasciare libero il passaggio? – chi cercando “rifugio” al secondo anello arancio e altri ancora andando ad imboscarsi al primo anello verde (come noi, lo ammettiamo). Ovviamente ognuno occupando un posto non suo. Così, mentre in campo il Milan faceva bella mostra dei suoi trofei, parte del pubblico sugli spalti era abbandonato a se stesso, con gli steward che non erano più in grado di gestire la situazione. In campo poi c’è stato Ronaldo, i gol a raffica, lo spettacolo di Pato, ma non possiamo certo dimenticare la disorganizzazione e l’incapacità della gestione di una situazione che poteva diventare molto pericolosa. Concordiamo con chi sostiene che negli stadi italiani sia un miracolo che non succeda una tragedia ogni domenica. Così invece di parlare ancora con troppa sufficienza di modello inglese, steward al posto della polizia ed eliminazione delle barriere, per il momento è forse meglio rivolgere veramente lo sguardo ad Accra, in Ghana, dove fra pochi giorni forse anche loro avranno qualcosa da insegnare a noi in termini di organizzazione.
3. Visto che stavamo parlando di Coppa d’ Africa continuiamo. E’ giusto che questa competizione continentale venga giocata in gennaio e non alla fine della stagione calcistica europea, come il Campionato d’Europa o la Coppa America? In Italia non se ne discute molto, perché i club a parte poche eccezioni non ne sono toccati, ma se per un mese cominciano a mancarti Eto’o, Drogba, o metà squadra – come nel caso del Portsmouth – l’argomento diventa di scottante attualità. Con la decisione di giocare la Coppa in pieno inverno sicuramente la CAF (la Confederazione Africana), vuole dare un segnale forte: ”Anche noi ci siamo e contiamo qualcosa a livello mondiale”. Blatter deve gran parte del suo potere ai Paesi africani e si guarda bene dall’intervenire. I calciatori, che poi saranno i protagonisti della competizione, hanno opinioni discordanti. C’è chi come Ibrahima Sonko, difensore del Senegal e del Reading, giustifica le proteste delle società che si vedono private dei loro giocatori in un momento importante della stagione. Altri, come Mark Bright, ex del Crystal Palace e ora commentatore per la BBC, accusa le società inglesi di avere una visione troppo “eurocentrica” e che la CAF decide facendo anche valutazioni diverse, ad esempio considerando anche il clima, che in alcuni paesi africani è migliore nei mesi invernali che non nei piovosi mesi estivi. Sul piano tecnico ci sarà da divertirsi – come quasi sempre succede in Coppa d’Africa – e di una cosa siamo certi: alla fine della competizione ci sarà sempre qualcuno che dirà:” il calcio africano sarà quello che dominerà nel Terzo Millennio!”. Ci sembra di averla già sentita, per non parlare del fatto che il Terzo Millennio è già incominciato…

Luca Ferrato
ferratoluca@hotmail.com

Share this article