L’ultimo voucher (Mihajlovic non è da Inter)

19 Marzo 2017 di Stefano Olivari

Il giorno dopo Torino-Inter è una domenica come tante altre, per lo meno al Champions Pub. Dall’addio ai voucher all’aumento dei casi di morbillo è stata una settimana di notiziole da telegiornale di provincia, di quelli con in coda un servizio sul nuovo film del nuovo cinema italiano con Mastandrea, che comunque non hanno turbato vite senza scopo e quindi senza problemi. Tutto ovviamente scompare di fronte al due a due dei nerazzurri con la squadra di Mihajlovic, che di fatto rappresenta l’addio al già improbabile terzo posto da preliminare di Champions. Un risultato senz’altro più interessante delle vite del Gianni, del Walter, del Franco e di Budrieri, che hanno seguito la partita lì al loro bar di riferimento, rastrellando patatine rancide, pomodori secchi immersi in olio Fiat e olive della durezza del granito. C’era anche il Max, che però si è perso tutto il secondo tempo perché impegnatissimo a chattare con la Fede. L’inviata di punta di Nerazzurrecontaccododici.net ovviamente non stava guardando la partita: era ad un aperitivo con un intrigante e cazzuto velista, che fa gestire l’azienda di famiglia ai manager e va in giro per il mondo a cercare emozioni (in realtà si tratta di un aiuto odontotecnico di Vimercate che soffre il mal di mare e l’ultimo giorno di ferie l’ha fatto nel 2003), conosciuto venerdì su Tinder. Così anche oggi, mentre il mondo brucia e la civiltà occidentale scompare con i suoi membri intenti a confrontare i prezzi dei voli di ritorno a Pasquetta, nella periferia ovest di Milano il parlare di calcio è l’unica cosa che tenga attaccati alla vita insieme agli sconti 30% del Simply, al videopoker, al centro massaggi Tuina (a proposito, in via Rembrandt ne è stato aperto uno nuovo, al primo piano sopra Picard), al Nails Paradise, a miserabili eredità e soprattutto a Gabigol.

Sono le due di pomeriggio e Paolo-Wang ha appena finito di discutere delle ultime manovre della Yellen in un forum per trader, raccogliendo molti consensi per aver scritto, testuale, che ‘Mi aspettavo un tasso più hawkish’. Nel locale, in senso stretto (c’è un solo locale), pochi infelici stanno buttando un occhio a Empoli-Napoli. Di domenica gli impiegati della Tuboplast non possono gustare il caffè del Champions Pub, saranno nelle loro tristi case o in altre tristi case dove avranno portato un vassoio di paste o un Morellino di Scansano pensando di avere un’idea geniale. Di peggio potrebbero aver fatto una gita in giornata, per abbuffarsi in un agriturismo, ma la cosa non è probabile perché ancora gli agriturismi non accettano pagamenti in bitcoin. A proposito, venerdì Tosoni ha dato una ulteriore scossa a quei falliti, visto che il parlamento sta cercando di scongiurare il referendum sui voucher nel modo più banale, cioè abolendoli: “Bisogna resistere a questo Stato liberticida e noi lo faremo fin da subito: da oggi i vostri stipendi saranno erogati totalmente in bitcoin”. Alla Marisa, che aveva espresso qualche dubbio sui voucher usati dall’azienda nel recente passato (del resto erano stati forniti da Ping e stampati a Prato, senz’altro INPS e INAIL non ne sospettavano l’esistenza), il manager dell’anno 2016, secondo un noto magazine economico, ha risposto a muso duro: “Se viene meno il rapporto di fiducia fra azienda e lavoratori allora crolla tutto. Vi dovete rendere conto che siamo tutti sulla stessa barca, in un mondo sempre più dinamico dove il capitale umano e le skills contano più degli stipendi di breve periodo. L’ultimo voucher, in maniera simbolica, lo voglio dare alla nostra impiegata più fedele”. E la mano destra ben piantata fra le gambe di Mariella, ma con intento motivazionale e non sessista, ha rafforzato il concetto, mentre José Luis mostrava alla segretaria personale di Tosoni il bicipite con il tatuaggio ‘Sangre y muerte’. Intanto il cavalier Brambilla sta meditando sulle parole di Carlo Vichi, fra l’altro suo coetaneo (sono del 1923), che aveva proposto gratis lo stabilimento di Abbiategrasso alla Samsung, purché assumesse persone del luogo. Il signor Mivar gli è sempre stato antipatico, con questa sua mania per il lavoro mentre il cavaliere ha sempre prima di tutto pensato all’innovazione e alla creazione di valore. Vichi peraltro è sempre stato un mito di Zhou, sempre più arrabbiato contro un mondo di persone inutili e spesso dannose, che si vergognerebbero di un figlio che fa il fabbro ma non di uno aspirante foodblogger. Stasera dopo la chiusura del Champions Pub cercherà di canalizzare la sua rabbia contro il primo fuoricorso lucano che trova per strada mentre ascolta Brunori Sas, con la sua camicia a quadrettoni da boscaiolo canadese del cazzo.

Max è disperato, al punto di invidiare il finto velista-ereditiero della Fede. Il padre sempre tramite Fratellanza Laica gli avrebbe trovato un posto da stagista magazziniere in un discount di scarpe ortopediche sulla Vigevanese, un contratto a tutele crescenti che prevede anche un percorso di carriera ben preciso, anche se ancorato ai risultati dell’azienda (ma non si vede il motivo per cui gli storpi debbano nei prossimi anni diminuire). Il presidente dell’ordine dei giornalisti si è dimesso dicendo che la battaglia per l’equo compenso (quello datogli da Vincenzo e Pier Luca non può matematicamente esserlo, essendo zero) è persa e che la credibilità della categoria è ormai azzerata, però Max non molla. Al sogno di diventare giornalista ha sacrificato tutto ciò che aveva, cioè niente. Certo è un ambiente competitivo, fra l’altro questo Salvatorino è un leccaculo di prima e riempie Vincenzo e Pier Luca di nduja, provole e butirri. Loro l’hanno ripagato nominandolo editorialista, mentre Max deve scrivere le notizie da miniera. Nell’ultima settimana ha vergato per i vari siti del gruppo duemila post, di cui la metà dedicata al sorteggio di Champions League, ma il problema non è tanto la spazzatura quotidiana quanto i pezzi di Ridge Bettazzi che continuano ad arrivare con cadenza quotidiana. Certo chi sui siti dei grandi giornali la sfanga con titoli come ‘Lapo Elkann, azzurro optical e mocassini (con calzino in vista) a Milano’ e una photogallery su Kate Middleton è mille volte più fortunato di lui che nella notte ha ricevuto da correggere il milione abbondante di battute del Leopardi (ma lui purtroppo ottimista) di Pinarella di Cervia, dall’accattivante titolo ‘Il sogno spezzato di Cristian Brocchi’. Nell’articolo, ispirato dall’esonero di Brocchi a Brescia, non si parla ovviamente di attualità e nemmeno dei club importanti in cui Brocchi ha giocato, ma del Lumezzane 1997-98 che non andò lontano dalla promozione in serie B.

Nel frizzante pezzo, scritto un po’ in stile Ellroy (con tanto di finti rapporti di polizia dattiloscritti) e molto in stile Buffa del periodo di Baton Rouge, vengono al solito resuscitati Happel e Michels, che non vanno però a Lumezzane ma da bravi pensionati si concedono una settimana in Liguria, prenotando in uno di quegli alberghi dove a colazione servono le marmellatine della Zuegg e le fette biscottate nei pacchetti da due. Cresciuti con il mito della focaccia, che entrambi davano ai giocatori di Feyenoord e Ajax poco prima di scendere in campo, hanno deciso per Recco e subito Michels ha avuto da ridire (“Ma come fanno i milanesi a venire in questo posto a farsi inculare? Ci sono solo sassi. Era meglio se ce ne rimanevamo a Zandvoort”), ma il più serio Happel porta subito il discorso su quel memorabile Lumezzane: “I giornalisti parlano per sentito dire, ma noi allenatori quando vediamo una squadra di Gustinetti vediamo la luce. Non penso di esagerare affermando che il Lumezzane 1997/98 sia fra le 23 migliori squadre nella storia della Serie C nella gestione delle situazioni di palla scoperta. Poi è chiaro che contano anche i risultati, ma con una rising star come Brocchi e un portiere come Bianchessi era tutto più facile”. Michels a parlare di tattica si annoia subito, figurarsi che in albergo si è imbattuto in una replica di Mister Condò e ha spaccato il televisore, così continua a versare Pigato nel bicchiere del collega austriaco. Alla quattordicesima bottiglia, zavorrati anche da pansotti e cima, si dimenticano del Lumezzane e intonano i soliti cori osceni contro Jongbloed. Michels ormai fuori controllo tocca il culo alle cameriere e dice di avere votato Rutte perché di faccia assomiglia un po’ a Van Basten, mentre Happel trova la lucidità per chiamare il padrone del ristorante e dirgli che loro non sono milanesi, quindi di non incularli mettendogli in conto antipasti che non hanno preso. Il padrone, dall’aspetto sinistramente simile a Gonella, annuisce.

Chiusura dell’articolo con citazione del solito Senad Gutierrez, dal suo ultimo pezzo sull’antifranchista Explotadores y Explotados, che ha in allegato ha un pamphlet di Concita De Gregorio contro Trump, in cui spiega che è stato votato soltanto da autotrasportatori bianchi di mezza età del Wyoming che si interessano solo di NFL e che il voto dei giovani è stato cancellato dagli hacker russi. Fra l’altro oggi il quotidiano è uscito listato a lutto per la vittoria del Real Madrid a Bilbao. Il poeta cileno-bosniaco, sempre professore all’università di Ibiza (il suo ultimo corso è ‘Il nuovo storytelling calcistico ghanese’) e in predicato di diventarne rettore, ha un ricordo vivissimo di quel Lumezzane: “Quando Maffioletti entrava in campo, tutto il comunale, non ancora diventato Saleri, ribolliva di antifascismo e gridava la sua cultura dell’accoglienza. Nelle entrate di Brevi c’era tutta la classe operaia bresciana,  in Zamuner c’era la rivolta dell’industria metallurgica della zona contro le multinazionali, mentre Taldo era il classico attaccante che i grandi club non vollero soltanto per le sue idee politiche, preferendogli burattini del sistema come Ronaldo, Inzaghi e Vieri”.

Nel bar ha fatto la sua ricomparsa Danny, ma solo per qualche mano di videopoker. È diventato candidato dei Cinque Stelle alla segreteria dell’ONU, con 6 voti di preferenza presi sul blog di Grillo, il cui dominio secondo la Casaleggio & Associati apparterrebbe a Budrieri. Che a questo punto si prenderà le querele in solido con Grillo, pur potendo dimostrare di non avere computer, smartphone e tanto meno una connessione web, ma soltanto un abbonamento in duplex con la famiglia Minghetti. Mentre perdeva soldi con velocità impressionante Danny urlava insulti contro i virologi corrotti che difendono i vaccini e diffondono il terrore per il morbillo, contro Minzolini e Lotti, ma anche contro la sorella Ylenia: la sola ipotesi di una candidatura olimpica di Milano per il 2028 le ha fatto sognare romantiche passeggiate al Parco di Trenno, mano nella mano con un anziano Malagò che chiede ai peruviani intenti a grigliare (l’anziano Malagò li definirebbe “Uomini di sport”) quante medaglie pensano di vincere nel tamburello alle Paralimpiadi.

In casa Budrieri l’armonia regna sovrana, il capofamiglia si aspettava oggi qualcosa di speciale da Marilena per la festa del papà e lei in un certo senso lo ha accontentato, perché in bagno, nel solito bagno gelido con l’asse del cesso ghiacciata anche con la primavera in arrivo, gli ha fatto trovare un bigliettino con poche e sentite parole: “Se hai una moglie che si fa sfondare il culo dai negri e una figlia che si guadagna da vivere facendo seghe, mentre tu guardi partite di calcio, dovresti farti qualche domanda. Comunque ti odio”. Budrieri ha giustamente pensato che quella della ribellione sia soltanto una fase del suo percorso di crescita e che presto avrebbe potuto riabbracciare la sua piccola, dolce Marilena, innamorata della vita e che aveva come eroe il suo papino. L’Erminia era andata con la signora Minghetti a una conferenza dal titolo ‘Ci vuole più Senegal’, dove uno dei relatori era Yannick nella sua veste non di podologo ma di ingegnere, fra l’altro nell’aula magna della Ong ‘Più ponti e meno muri’ c’era una percentuale di ingegneri superiore a quella rilevabile in un bar del MIT. Insomma, la prospettiva di mangiare sofficini scaduti con D.J. John che si lamenta di Linus che nemmeno prende in considerazione il nuovo format che gli ha mandato (in pratica una gara di rutti fra ex cantanti dal successo one shot) per Radio Deejay non lo entusiasmava e così ha preferito le pennette mari e monti di Paolo-Wang servite a mille gradi.

Ieri sera durante Milan-Genoa ha ricevuto una telefonata lì al bar, erano i soliti Frank e Kevin e per un istante ha temuto di dover reperire chissà quale modello particolare di Tepa o di Mecap. “Budrieri, so che stai guardando la partita, la stiamo guardando anche noi qui a Langley con una scheda tarocca di Mediaset Premium. Qui sbavano tutti per la Calcagno. Ma volevamo dirti le novità su quella faccenda che ti riguarda…”. Aver perso il replay del gol di Mati Fernandez ha fatto imbestialire Budrieri: “Va bene, lo confesso. Ho ucciso io Kennedy. Ero un diciottenne in gita, con un mal di pancia della madonna, ma ho voluto fare un favore alla mafia, a Fidel Castro, all’URSS e alla Spectre, così ho ucciso il presidente”. Lo spirito di Budrieri è sempre piaciuto a Frank: “Dai Budrieri, non fare il coglione, nessuno sostiene questo anche se sappiamo che hai risorse infinite. Ma nei file della CIA adesso desecretati, che presto capiteranno in mano a Trump, ci sono anche i tuoi interrogatori dell’epoca. Te li ricordi?”. In pratica Budrieri aveva incontrato Lee Oswald, per puro caso, in una tavola calda di Dallas, il giorno prima che lui (o un altro, chi lo sa) sparasse a Kennedy e Oswald lo aveva preso in giro per la sua sciarpa dell’Inter. Si erano messi a discutere e in breve era venuto fuori che Oswald era un appassionato di armi (parlò con entusiasmo a Budrieri del suo Carcano 91) ma soprattutto che era juventino, così Budrieri perfidamente, mentre versava ketchup sulle sue patatine, gli aveva detto che Sivori era bollito. Oswald, già disturbato di suo, non l’aveva presa bene. “Caro Budrieri, se vuoi ti mando in via del tutto confidenziale il rapporto. Qui c’è roba grossa, Trump potrebbe avere la tentazione di rivelare al mondo chi ha ucciso Kennedy, sai che a lui piace fare un po’ di cinema”. Non è chiaro dove volessero arrivare, ma di certo i due agenti CIA non hanno mai avuto a che fare con uno cazzuto come Budrieri: “Senza offesa, ma siete un po’ ridicoli: è come se noi italiani stessimo ancora a discutere della morte di Pasolini o di Moro. Ma se volete vi firmo la confessione: Sam Giancana era interista e reclutava i suoi killer fra gli studenti del Cattaneo, poi hanno voluto incolpare Oswald che era juventino: così ci fate anche un bel film, non quella cagata che ha vinto l’Oscar. Ragazzi, siete simpatici e l’America è un grande paese, ma adesso voglio godermi la reazione del Genoa”.

Mentre la bellissima e triste Lifen, con il volto al solito tumefatto, spiega ai pochi avventori che gli interessati potranno avere un pre-scontrino, uniformandosi così al ristorante medio che ha inventato il pre-conto (la precedente invenzione del genio italiano risaliva a Marconi), Budrieri cerca di leggere la Gazzetta sul bancone della Sammontana ascoltando in sottofondo il Gianni, il Walter e il Franco analizzare questo pareggio, Ibrahim, Nabil e gli altri spacciatori maghrebini dal passaporto variabile che cercano di tirare sera facendo battute sui rapporti fra Juventus e ndrangheta (loro sono a favore di entrambe, non capiscono il moralismo un tanto al chilo) e sul momento in cui uccideranno i pochi italiani di quel bar gridando Allah Akbar. Italiani che del resto nemmeno se ne accorgerebbero, presi come sono ad analizzare il sottotesto delle conferenza stampa di Spalletti. Il vecchio socialista riformista Budrieri ha sempre avuto il populismo come primo nemico e quando sente frasi copiate pari pari dagli agonizzanti giornali getta per terra la Gazzetta spiegazzata e senza le pagine degli altri sport (quella del volley è stata usata da Zhou per soffiarsi il naso, anche se di solito predilige quelle con Bebe Vio) che titola ‘Eurofrenata Inter’. Di puro carisma affronta quindi le migliori menti del Champions Pub, gente acuta che passa le giornate a discutere dei movimenti senza palla di Lapadula ma riuscirebbe a far vaccinare tutti gli italiani entro domani sera se soltanto la Lorenzin gli desse carta bianca. Anche se lui che in nerazzurro ha visto giocare Bolchi e Orlandoni non dovrebbe scendere sullo stesso piano di chi crede che l’Inter sia stata inventata da Pinamonti o di chi come il Franco rimpiange tutti gli ex, addirittura anche uno come Mihajlovic.

“Occasione buttata, almeno per guardare con un minimo di interesse gli ultimi due mesi di campionato. Partita abbastanza incasinata, con tante occasioni sprecate per tutti: un delitto non avere vinto visto che il Torino non ha giocato per il pareggio. Appena il ritmo si alza Banega arretra e scompare, ma nessuno è andato davvero bene, nemmeno Gagliardini. Perisic ha sbagliato due gol, ma è l’unico nostro giocatore che potrebbe giocare nel Real Madrid o nel Barcellona. Rimango della mia idea: questa squadra non può essere messa in campo in modo diverso ed oltretutto è abbastanza difficile da migliorare nei singoli da centrocampo in su, a meno di entrare nel fantamercato. I soldi vanno messi tutti su due grandi difensori, un centrale e un laterale sinistro, ammesso che esistano e siano sul mercato. Il problema non è certo Pioli, anche se voi popolo bue vi fate incantare dalle conferenza stampa di Mihajlovic, tutte chiacchiere e distintivo: essere grintosi e cattivi non significa essere grandi allenatori, se no Tyson sarebbe meglio di Happel. Lui bravo nel lavorare sui giovani e sui singoli, un bravo assistente ma come capo-allenatore non è da Inter”.

(Continua. La versione riveduta e corretta di questa puntata sarà pubblicata a giugno 2017 con il nuovo libro che conterrà tutti gli episodi della stagione pubblicati su Indiscreto insieme a quelli delle giornate finali, dal derby il sabato di Pasqua in avanti, che invece non saranno messi online).

Avvertenza per i nuovi lettori: Non è da Inter trae ispirazione dalla realtà, ma non è la realtà. Chi lo ritiene volgare o si ritiene offeso può semplicemente non leggerlo.

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