Televisione

La fine di Winning Time

Stefano Olivari 19/09/2023

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Ieri notte dopo Trevisan-Paolini da Guadalajara abbiamo visto con la morte nel cuore su Sky la quarta puntata della seconda stagione di Winning Time, che con il racconto della dinastia dei Lakers arriverà fino al 1984. Con la morte nel cuore perché è ufficiale la notizia che non ci sarà una terza stagione, la HBO ha deciso così per i motivi elencati dal Los Angeles Times: calo del 50% negli ascolti, produzione troppo costosa, polemiche e minacce di cause da parte di personaggi ai quali non è piaciuta la caratterizzazione, primi fra tutti Jerry West e Jabbar.

In realtà West e Jabbar, pur nella drammatizzazione di alcune situazioni, ne escono bene, ed in generale proprio come il libro di Jeff Pearlman da cui tutto è nato, il bellissimo Showtime, si cerca da andare oltre la superficie di ciò che tutti negli anni Ottanta abbiamo visto: Magic non è solo il fenomeno sorridente, ma anche un ragazzo insicuro ed egoista, Bird dietro la maschera del supervincente è il provinciale che ha paura di uscire dal paese, Jeanie Buss non è solo la manager che non sbaglia un colpo ma anche una ragazza che farebbe di tutto per avere le attenzioni del padre, Westhead non solo l’allenatore intellettuale ma anche un miracolato che crede di contare più dei giocatori, eccetera.

Il tono è molto più ironico che nel libro e, cosa non banale nemmeno con i megabudget, le scene di gioco sono buone e gli attori sono molto credibili anche come giocatori: certo a schiacciare sono le controfigure, ma loro hanno comunque una postura da atleti. In definitiva, come diceva Maurizio Mosca, la pallacanestro non fa discutere se non all’interno del circuito degli appassionati. In Winning Time l’aspetto sportivo rimane centrale e non si può avere la pretesa che nostra moglie o nostra figlia si appassionino alle provocazioni di Red Auerbach o al mancato ingaggio di David Thompson.

Se una serie non piace al nerd NBA giovane e vecchio, come avevamo notato recensendo la prima stagione, e al pubblico generalista, è difficile che possa andare avanti. Ma secondo noi Winning Time è ben fatta, una boccata d’aria in mezzo a serial killer, ragazze disturbate, presidenti degli Stati Uniti, avvocati di Manhattan e poliziotti dal passato difficile di cui però non ci frega un cazzo.

stefano@indiscreto.net

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