La carriera di Grabbi

5 Marzo 2008 di Stefano Olivari

Hanno riesumato Padre Pio e forse stanno riesumando uno dei suoi devoti più famosi, Luciano Moggi. Merito di una politica senza più senso di appartenenza, dove i puttanieri si autonominano difensori della famiglia, gli uomini nuovi candidano i parenti di quelli vecchi e dove i controllori di pacchetti di voti contano più delle idee: al di là delle battute i nove milioni di juventini evocati dall’ex direttore generale della Juventus fanno paura a tanti, anche se gli ottusi disposti a credere nel ‘progetto politico’ (Quale? Forse più accompagnatrici per gli arbitri) di Moggi non dovrebbero superare qualche migliaio. L’analisi di Calciopoli mediaticamente si è sempre risolta in attacchi e difese a priori alla Juventus, dimenticando un aspetto fondamentale: cioé che il moggismo, inteso come sistema di potere, più che assegnare scudetti (materia opinabile, da tifosi genere pro o contro) in concreto ha rovinato persone e carriere che non potranno nemmeno avere come risarcimenti scudetti di cartone. Un pensiero che ci è venuto leggendo la deposizione ai magistrati romani di Corrado ‘Ciccio’ Grabbi, attualmente al Bellinzona ma a metà anni Novanta uno dei giovani più promettenti del calcio italiano: ”Nel 2000, dopo aver avuto garanzie che sarei rimasto alla Juventus come quarta punta, fui improvvisamente ceduto alla Ternana per un niente. Suppongo che ciò avvenne perchè non diedi la mia procura ad Alessandro Moggi ed a Franco Zavaglia. I miei rapporti con Luciano Moggi non sono mai stati buoni proprio per questo motivo”. Grabbi ha poi fatto un salto indietro di cinque anni, quando Moggi decise che il suo procuratore, Giuseppe Galli, era il procuratore sbagliato: ”Mi pressarono per tutto il periodo del ritiro della Juve in Svizzera, ma non accettai. Poi non ci furono più richieste”. Fra l’altro è più o meno di quell’epoca il famoso episodio di una presunta rissa in discoteca al Sestriere, secondo alcuni giornalisti di area moggiana con Grabbi coinvolto. Tutto inventato ad arte, secondo le migliori tradizioni. Poi in due anni il salto carpiato da grande promessa a prestito in C1 (Modena) e pacco da spedire al Prato, con tutto il rispetto per il Prato. Al rifiuto del trasferimento, Moggi fu chiaro: ”Dovresti giocare nel giardino di casa tua”. Non è andata proprio così, perché Grabbi una discreta carriera se l’è costruita (fra l’altro la migliore stagione della sua vita fu proprio quella 2000-2001 nella squadra in cui Moggi l’aveva spedito per dispetto), ma di occasioni ad un livello adeguato in Italia (all’estero ha giocato poco e male anche nel Blackburn) ne ha avute davvero poche.

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