Calcio

Il patriarcato di Beckham

Stefano Olivari 06/12/2023

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Beckham è l’ennesima brutta docuserie di Netflix su un ex campione o un ex qualcosa che abbiamo seguito spinti da una curiosità iniziale ma poi rivelatasi tempo perso. Salveremmo soltanto la parte sul suo rapporto con Ferguson, nato con un Beckham quasi bambino (frequentava la scuola calcio di Bobby Charlton, poi dopo un lungo giro a 16 anni, da tifosissimo del Manchester United, avrebbe firmato per la squadra del cuore) e diventato pessimo con il campione in modalità icona pop. Un legame con il club, suo e dei vari Giggs, Neville, Scholes e Butt, che spiega bene i disastri degli ultimi dieci anni.

In realtà anche nelle autobiografie peggiori c’è sempre qualche lampo di verità e Beckham non fa eccezione, visto che è evidente l’ammissione dell’errore galattico, è proprio il caso di dirlo, di andare a 28 anni in un Real Madrid dove è stato soltanto un fenomeno commerciale, detestato da quasi tutti i tecnici nonostante la grande serietà negli allenamenti, tutt’altro che scontata (gliene dà atto addirittura Capello). Allo United, ricucendo il rapporto con Ferguson, avrebbe con l’indotto commerciale incassato gli stessi soldi di Madrid, trasferimento oltretutto mai digerito dalla moglie Victoria. Astesrisco sull’aspetto commerciale, legato alla sua bellezza, che gli ha dato tanti soldi ma lo ha anche zavorrato facendolo giudicare con il metro con cui si giudicano i fuoriclasse (cosa che non era) ed anche giocare fuori ruolo, da crossatore-kicker (se Franco Rossi fosse ancora vivo direbbe “Un Candreva che si presenta bene”) invece che da cazzutissimo mediano inglese di qualità.

E veniamo al punto, cioè a una cosa che ci siamo sempre chiesti. Perché quando nel 2000 le Spice Girls si separarono per la sua carriera solista Victoria scelse il cognome di Beckham invece che il suo, Adams? Non c’è dubbio che fosse all’epoca una delle popstar più famose del pianeta, la Posh Spice, mentre da allora è soltanto la moglie di Beckham, al di là del fatto che tutte le sue canzoni post Spice Girls siano state dimenticabili. Inoltre trasferendosi a Madrid non poté seguire bene nemmeno questa sua carriera da solista, in altre parole rinunciò a parte della sua vita pur non avendo finanziariamente bisogno di Beckham (fra l’altro lei veniva da una famiglia benestante, cosa che i Beckham certo non erano) ed avendo comunque altre opportunità, soprattutto nella moda, oltre alla musica che poi sarebbe tornata con le varie reunion.

Secondo noi il vero patriarcato è questo, non prendere a botte una donna (quello è un gesto criminale in sé), ma costringerla a continue sottili rinunce. O, peggio ancora, insegnarle che, in maniera più o meno dichiarata, è la donna che al momento delle decisioni difficili deve fare un passo indietro. In Beckham lo si vede chiaramente, visto che per tutte le decisioni importanti che riguardino la famiglia l’ex campione oggi imprenditore dà per scontato che la moglie lo segua. Poi ci sono tante eccezioni, per fortuna, soprattutto in Occidente, ma i Beckham non ne fanno parte.

stefano@indiscreto.net

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