Il montaggio di Villalta

18 Agosto 2022 di Franco Casalini

Estratto di ‘E via… verso una nuova avventura! 1978-1990: la squadra della nostra vita‘, libro scritto da Franco Casalini con Mino Taveri (prefazione di Dino Meneghin, postfazione di Mike D’Antoni) e pubblicato da Indiscreto nel 2011.

Essere dei suoi – Essere dei “suoi” significava tante cose, dalle piccole alle grandi. Primo, se c’è da discutere, io sto dalla tua parte, a prescindere. Una volta, di ritorno da un allenamento, mentre guido, lui legge il giornale, completamente assorto nella lettura. Ad un tratto, come capita ogni tanto, ebbi una discussione con altro automobilista, col quale cominciai a berciare ad alta voce. Senza nemmeno capire cosa fosse successo, alzò gli occhi dal giornale ed iniziò ad insultare il povero pilota, dal quale ci separammo ben presto. Appena finita la litigata, di quelle fortunatamente solo verbali, riprese tranquillamente la lettura, senza ulteriori commenti. Nemmeno a chiedermi  cosa fosse successo. Salvo, al solito, sulle ragazze: memorabile il viaggio del 28 novembre 1978: il miglior viaggio dell’anno. “Avvistate sei fighe! Bravo Franco!”. Bravo??? 

La mossa di Friz –Ma si era dei “suoi” anche nelle grandi occasioni. Terza di campionato, arriva la Virtus, figurarsi la tensione da parte sua. “Dobbiamo pressare come dei pazzi!” –  mi fa durante il viaggio di andata da casa sua al Palalido. Era il leit motiv prima di ogni partita, ma questa è un’altra storia, ci ritorneremo. Fatto sta che durante la gara, per altro difficile, come prevedibile (ci avremmo giocato la finale scudetto, qualche mese dopo) gli dico, quasi per caso: Coach, perché non proviamo Friz? . Nessuna reazione fino a quando, pochi secondi dopo, mi risponde: Digli di entrare”. Paolo, dai, entri”. Pochi minuti, per altro ben giocati, che so, un rimbalzo, un canestro, una buona difesa, niente di trascendentale ma comunque bene. Fatto sta che vinciamo. In conferenza stampa, ecco il biglietto da visita. “Chiave della partita? L’ingresso di Friz, ed il merito è tutto dei miei assistenti, Guglielmo Roggiani e Franco Casalini. Se era per me, oggi avremmo perso. Grazie e complimenti a loro!”. A proposito di imperitura ammirazione e riconoscenza…

Proteste di prova –Devo dire che avrei imparato la lezione, un principio che mi ha sempre guidato, negli anni: se tu stai con me, io son con te, davanti agli altri, senza pensare al motivo. Ne diedi prova qualche anno dopo, ad Haifa, Israele, alla fine della seconda partita in onore di Leibowitz, come racconto in un altro capitolo. Partita di totale non “contanza”, nel senso che non contava nulla, ma perdemmo, credo, e non ricordo né come né perché. Lo scopo dell’intera trasferta, nei nostri disegni strategici, era quella di fare esperienza internazionale, perché avremmo affrontato quell’anno la nostra prima Coppa dei Campioni, ma anche di esercitare pubbliche relazioni con arbitri e dirigenti esotici. La sfortuna, prima nostra e poi loro, è che i due arbitri di quella partita erano due giovani, forse, sconosciuti, probabilmente, non internazionali, certamente, e quindi non incontrabili durante la stagione. A fine partita sento gridare in inglese nell’androne degli spogliatoi e riconosco la voce, mi butto. Ne urliamo di ogni genere: “Ci avete portato via la partita, siamo ospiti, ci avete trattato ingiustamente”. Naturalmente, il tutto è leggermente edulcorato, rispetto a quel che dicevamo, sempre che me ne ricordi una parola. Una volta finito, ci allontaniamo. Ma perché protestavi, coach?”. “Ah, non so, ma avevo voglia di esercitarmi. Non mi capita spesso di protestare in inglese. Però grazie di essere venuto anche tu: è stato divertente, non trovi? 

Il montaggio di Villalta –Difficile trovare nel corso di nove anni fianco a fianco un momento di ilarità nell’esercizio delle sue funzioni. Troppo professionale è il suo approccio per lasciarsi andare a frizzi e lazzi, né gradiva altro comportamento da parte di staff e giocatori. Ma capiva quando, come e dove fare eccezioni. Una sua abitudine, che aveva praticato a Bologna, durante la stagione, nel primo anno, e capirete perché solo al primo anno, era, nel girone di ritorno, quella di appendere in spogliatoio grandi cartelli con i ritagli di giornale relativi ai prossimi avversari, allo scopo di tenere desta la concentrazione, così che i giocatori, nel cambiarsi, avessero sempre in mente chi dovevano incontrare, acquisendo anche (non c’erano altre informazioni, allora) notizie utili alla bisogna. Alla fine dell’andata mi convoca e, secondo la sua solita prassi, mi affida il compito, spiegandomene le finalità. Ed io cominciai, la prima giornata, la seconda… Poi iniziai a mettere una figura un po’ meno seria, tipo Renato Villalta che dichiara, grazie ad un montaggio: “Lasciatemi stare, sono stanco!” O una facezia del genere, niente di particolarmente comico. Immaginate la sua faccia quando entrò in spogliatoio, quella prima volta, e vide lo scempio che ne avevo fatto. Fortuna volle che qualcuno che contava (ovvero uno dei quattro vecchi, Toio, Mike o Sly, poichè Kupec non capiva ancora bene l’italiano) ne parlasse in quel momento, cosa mai successa prima, quando i cartelloni erano rigorosamente “seri”. Sdoganate immediatamente le cazzate: a lui interessava solo che pensassero alla partita, in che modo non importava. Ovviamente la cosa mi incoraggiò, fino a comporre gli ultimi manifesti solo con fotomontaggi e facezie varie. Ne ricordo ancora uno, che riscosse un particolare successo: una foto della famiglia di Cliff Meely, grande americano di Rieti, sulla quale avevo applicato, a tutti, una faccia da cane! Comunque, non credo necessario spiegare perché, dall’anno successivo i cartelloni vennero aboliti.

Estratto di ‘E via… verso una nuova avventura! 1978-1990: la squadra della nostra vita‘, libro scritto da Franco Casalini con Mino Taveri (prefazione di Dino Meneghin, postfazione di Mike D’Antoni) e pubblicato da Indiscreto nel 2011.

    

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