Il gran premio di Honda

24 Giugno 2010 di Stefano Olivari

Siamo ancora quelli dei pomodori ai giocatori che avevano perso in finale, rischiando più volte di andare in vantaggio due a uno, con il Brasile di Pelé. In metà delle homepage dei siti dei quotidiani campeggia la parola ‘vergogna’, ma chi ha dato quasi tutto quello che aveva non è che si debba vergognare. Che poi la spedizione azzurra sia stata preparata male e portata avanti peggio, in mezzo anche ad arroganza e superficialità, è un fatto. Ma di sicuro gli azzurri non hanno fatto mancare l’impegno fino al novantaseiesimo minuto, tanto che nella storia del Mondiale si sarebbero visto pareggi più immeritati. Se Pepe sul possibile tre a tre non fosse stato…Pepe adesso l’Italia troverebbe magari negli ottavi un’Olanda che ha avuto l’enorme pregio di dominare il suo girone spendendo pochissimo, sotto il profilo fisico e nervoso.
Avendo scelto Giappone-Danimarca, ci siamo sintonizzati solo dopo l’entrata in campo di Robben: le condizioni sembrano più che buone, gli undici preferiti di Van Marwijk più lui ed Elia per mezzora possono stendere chiunque. Adesso l’ottavo di finale con Slovacchia, che rimane una squadra triste e senza possibilità di segnare se l’avversario non commette grossi errori, poi il quarto con il probabile Brasile: viviamo per guardare partite del genere. Questo non toglie che anche Giappone-Danimarca abbia avuto una sua dignità, con il Giappone che ha confermato una fiducia cieca nel suo modulo: come minimo in otto sempre dietro la linea della palla, con Keisuke Honda a fare reparto in attacco sia per atletismo che per doti tecniche già pagate dal CSKA Mosca. Pronto a scambiare con Hasebe, Matsui e Okubo, può lasciare altri segni su questo torneo. Bello il destro di Endo, continua a impressionare la coppia di centrali difensivi Nakazawa-Tanaka: potenti ma anche veloci, sono del livello di Barrios, Valdez e Santa Cruz. La Danimarca ci ha provato, ma è stata massacrata dalle due punizioni. Ha gente ben oltre il capolinea, da Tomasson a Rommedahl passando per Jorgensen, che ha salutato in bellezza ma anche ragazzi da cui ripartire come Eriksen e il sopravvalutato Bendtner che in un anno da punta grezzissima si è trasformato giocatore abbastanza completo (non al punto di tirare le punizioni, come pretende di fare). Strano a dirsi, sono passate le due migliori squadre del girone.
stefanolivari@gmail.com

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