Anni Novanta
Ragazzi della notte, lo spirito del Garda
Stefano Olivari 30/09/2022
Fra i film italiani capaci di cogliere lo spirito del tempo un posto d’onore lo merita indubbiamente Ragazzi della notte, opera del 1995 in cui Jerry Calà racconta l’Italia profonda dell’epoca, quella che il sabato sera e notte in discoteca annullava ogni differenza culturale, sociale ed economica, per poi risvegliarsi nel modo ben ricordato dagli 883, “Con un mal di testa regolare, tipico del day after“. Film tutt’altro che trash nonostante in alcuni casi la recitazione sotto il livello di guardia, capace di fissare per sempre nella memoria un mondo che proprio negli anni Novanta raggiunse il massimo della sua importanza culturale.
Oltre al lago di Garda ed alle sue megadiscoteche, dal Genux al Sesto Senso, protagonista è Jerry Calà nei panni autoironici di un vip cialtrone che raccatta soldi in nero facendo qualche apparizione nei locali (stupendo quando Sergio Vastano gli fa avere un milione di lire per una foto con gli sposi) e venendo assalito da aspiranti showgirl, qui una credibilissima Maria Monsé, con situazioni al confine della pedofilia. Ma al di là della bravura dell’attore veronese, Ragazzi della notte è un’opera corale ed ogni sottostoria ha un suo perché: i due amici segaioli che vogliono fare serata con la Maserati del padre di uno di loro (Fabio Testi, fra l’altro icona della zona), le promoter abruzzesi di formaggi che sognano qualche ora di svago, la ragazza, Alessia Merz fresca di Non è la Rai, con divieto di uscita del padre che scappa dalla finestra.
Il film, tenuto insieme dalla pseudoinchiesta sul popolo della notte fatta da una giornalista, Samantha De Grenet, non peggiore delle colleghe reali, alterna parti da commedia teen ad altre più drammatiche, come quella del ragazzo tossico che un suo amico e la ex di entrambi (Francesca Rettondini) cercano di salvare da sé stesso e dallo spacciatore, un Walter Nudo oltre il culto. Grandi classici il fratello sgamato, Dario Cassini, che protegge il fratellino di paese, così come quello della ragazza, una Victoria Cabello bravissima, che scopre fuori tempo massimo la gayezza del fidanzato, per non parlare della cubista dell’Est della quale innamorarsi, una memorabile Katiuscia Kopnina. Tutto inquadrato nella mentalità dell’epoca, dove le distanze fisiche non erano abbattute da internet (c’era, ma non era di massa) e cellulari (stesso discorso) ma da ore passate in auto.
Perché Ragazzi della notte ci obbliga a ricordare il motivo per cui noi, già da giovani poco amanti delle discoteche (ora sono vent’anni che non ci mettiamo piede e non soltanto per motivi di età), stavamo ore in macchina con appuntamenti assurdi e quasi mai rispettati con amici e amiche della noche a caselli ed autogrill per divertirci nemmeno poi tanto allo Studio Zeta di Caravaggio, agli stessi Genux di Lonato e Sesto Senso, alla Selva di Vergiate, al Caminaccio di Capolago, al Fellini di Pogliano, eccetera, alternandoli ai posti milanesi nel raggio di un quarto d’ora da casa. Ecco, quale era il motivo? Ragazzi della notte ce lo ricorda: nessuno. Proprio per questo ci commuove, al di là della colonna sonora a base di Fargetta, Molella, Cappella, Corona, Alexia, eccetera, con il top della Dancing with an angel dei Double You.
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