Gli sponsor della pallavolo

12 Ottobre 2021 di Stefano Olivari

Un uomo italiano che guarda la Bundesliga, ma lo pensiamo anche in riferimento all’80% delle partite della Serie A, meriterebbe di essere cornificato con il proverbiale idraulico: su questo siamo tutti d’accordo, soprattutto l’idraulico. Noi siamo andati oltre, seguendo l’altra sera buona parte di Conegliano-Vallefoglia, volley femminile, con facile successo delle campionesse d’Europa.

Guardando la partita abbiamo pensato che in nessun caso i quattro gatti in tribuna possano fare la differenza per il bilancio, anche con il 100% di capienza. Fra megapubblicità sul campo di gioco (sei) ed immediatamente intorno (ne abbiamo contate ventiquattro), senza sommare la cartellonistica normale, più o meno a rotazione, è evidente che nell’attività media di molti sport quasi tutto stia in piedi grazie alle aziende, non è una grande scoperta. E dove non ci sono le aziende ci sono Stato ed enti locali.

I palazzetti pieni servono a dare una bella cornice, ma in nessun caso sono la differenza fra la vita e la morte. Certo nemmeno un malato di mente direbbe che ha visto Prosecco DOC Imoco-Megabox Ondulati Del Savio. Vale ovviamente anche per altri sport, a meno di non citare sponsor storici: è evidente che Pesaro sarà sempre Scavolini e non Carpegna Prosciutto o che Varese sarà sempre Ignis, Treviso Benetton, Siena Montepaschi, eccetera.

Ma volevamo dire un’altra cosa e cioè che l’effetto di tutte queste pubblicità è respingente, e nemmeno iniziamo ad analizzare le maglie delle atlete e degli atleti. Nella pallavolo si è davvero superato il limite: non si capisce dove rimbalza il pallone e crediamo che un po’ si confondano anche i giocatori, che perdono anche qualche punto di riferimento. È chiaro che più che pubblicità in cerca di un ritorno di vendite, cosa che magari può valere per il main sponsor, sono forme di sostegno ad un simbolo della propria terra. Magari per qualcuno la convenienza c’è, ma non si vede.

Certo agli occhi del pubblico neutrale tutto sembra una specie di televisione locale di serie C, con patacche improbabili e grande confusione: di quei trenta sponsor non ce n’è rimasto in testa mezzo. Un po’ come accadeva con la storica Bustarella di Ettore Andenna… Se i conti tornano ha ovviamente ragione la pallavolo: più facile chiedere 20.000 euro a 50 aziende locali che un milione al megasponsor che magari ti abbandona alla viglia del campionato. E le città, per non dire i paesi, che popolano i massimi campionati diversi da quello di calcio lo dimostrano. Tutto è insomma un po’ finto, con le dovute eccezioni.

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